Acri, meridione e puzzette di identitarismo


Angelo Sposato

Nella cornice del Siluna Fest di Acri, ho assistito alla presentazione del libro di poesie “Resteranno i canti” di Franco Arminio.
A parte il bizzarro escludere il ruolo della intervistatrice, in causa solo all’inizio, non mi sono piaciute alcune considerazioni espresse dall’autore, in merito all’idea e visione del Meridione. Usare la denigrazione per far risaltare i propri pregi non è una prassi che occorre al sud. Per questo ho trovato letteralmente stronzate, ad esempio, parlar male della Toscana, in termini molto semplicistici, o delle genti del nord Italia e dei loro paesaggi. Descrivere, inoltre, Firenze come una città brutta e come derelitti i turisti e fruitori dell’arte presente nella città, mi ha fatto non poco sorridere. Magari ci fosse gente sempre più numerosa che stia in fila per ammirare un’opera d’arte e non per comprare un iphone. Gli inganni ed il business della Toscana sono altri e certi modelli descritti come tali, forse, sono gli stessi a cui vorrebbe assurgere molto sud. Poi, citare la massoneria del luogo scordando che insieme a quella calabra, con cui si interseca, sono le più potenti o lo erano, comunque, della penisola. Per quanto riguarda il nord, mi spiace che un poeta non vada oltre una cognizione estetica e trascuri la narrazione di un luogo anche attraverso la sua bruttezza e di bruttezza se ne ha da vendere anche al sud. Nelle città, specie quelle industriali, esiste una archeologia del presente che si lega alla dismissione di molti locali di produzione dai quali si può estrapolare il racconto e le radici più superficiali, ma non meno importanti, della popolazione intorno. Infine, descrivere i viaggi a Berlino di molti giovani solo attraverso una cifra modaiola mi è parsa ignoranza su cosa abbia rappresentato e rappresenti questo posto in chiave esistenziale e generazionale e, anche se meno ricercata, in chiave storica e politica dell’età contemporanea. I giovani del sud devono viaggiare ed oltrepassare i limiti dell’Irpinia e che quest’ultima non sia muro per le “fredde” popolazioni nordiche così schematiche certo, ma sempre da accogliere e con cui confrontarsi. Mi dispiace che il tutto abbia spinto verso un identitarismo di tendenza quasi come un fascistizzante “prima gli italiani”. L’identità è un’altra cosa e muta nel tempo attraverso le inevitabili e naturali mescolanze. Esser poeti oggi è molto difficile e va di pari passo con la complessità della realtà e personalmente non amo i professori ed i poeti che descrivono tutto con facilità. |
PUBBLICATO 07/08/2018 | © Riproduzione Riservata

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