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La politica ondivaga della crisi

Foto © Acri In Rete
Vincenzo Rizzuto
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Si rimane esterrefatti di fronte allo spettacolo indecente offerto dalla politica ondivaga della profonda crisi che pervade oggi tutta la società italiana.
Un esempio eclatante di questa crisi è stato offerto in questi giorni dal Consiglio comunale della città di Verona, sì quella conosciuta in tutto il mondo per la tragedia di Romeo e Giulietta, dove è stata data contemporanea-mente la cittadinanza onoraria a Liliana Segre ultranovan-tenne, sopravvissuta ai campi di sterminio nazisti, e l’intitolazione di una strada a Giorgio Almirante.
Sì, il repubblichino di Salò, che nel ’42 scriveva queste belle parole: “Il razzismo ha da essere cibo di tutti”, parole che furono alla base dei decreti fascisti antirazziali, che riconobbero ai nazisti di avviare anche gli ebrei italiani ai forni crematori allestiti in Germania.
E giustamente, la Signora Segre, pure vittima di queste pazzie, con pazienza certosina non dovuta, ha consigliato democraticamente all’Amministrazione veronese, così tanto ondivaga, di scegliere tra la cittadinanza a Lei e l’intitolazione della strada ad Almirante, corresponsabile di una delle vergogne più grandi dell’intera umanità, quali furono i forni crematori in cui fu incenerito il resto della famiglia della medesima Signora Segre insieme ad altri milioni di persone.
Fatta questa premessa, mi chiedo come faccia un’Ammi-nistrazione di Verona, sia pure di destra, ad essere così ondivaga, svagata , immemore nel riconoscere pari meriti sia alla vittima che al carnefice!
C’è qualcosa che non va in molti, troppi strati della società italiana di questi ultimi decenni, qualcosa che ha avvelenato e sta avvelenando le coscienze, togliendo loro lucidità, capacità di analisi, discernimento morale tra bene e male; che il fenomeno non sia dovuto ad uno sdoppiamento patologico bipolare?
Speriamo di no! Ma in Italia circola da troppo tempo ormai una specie di mostro, che ragiona solo con la pancia, che vive in una dimensione di individualismo sfrenato, la cui felicità sta solo nel coltivare il proprio orticello maleodorante, chiuso ad ogni afflato di solidarietà verso l’esterno lontano o dello stesso vicino di casa. Un mostro, insomma, che si aggira in lungo e in largo, distruggendo la sacralità della parola data, la solidarietà, l’onestà intellettuale, la coerenza, ma anche il rispetto verso chi fa il proprio dovere.
Quest’ultimo viene scambiato come ‘fesso’, incapace di farsi largo e di rubare interi patrimoni dello Stato; da troppo tempo, ahimè, si discrimina solo il ladro di galline.
Questo costume ha trovato spazio nel terreno fertilizzato soprattutto dal ventennio fascinoso del Cavaliere, ma anche nella incapacità della sinistra storica, che è andata sempre più collassandosi sia sul piano propositivo che sulla perdita di ogni egemonia culturale.
Su questa egemonia a lungo, nel clima dell’immediato post-fascismo, la Sinistra aveva coltivato la speranza di rinnovamento della nostra società con scelte fondamen-tali come quella del Testo costituzionale, per lo più progettato nell’ambito del canovaccio della cultura laica.
Quelle scelte fondamentali per una ‘democrazia solida’ oggi vengono messi spesso in discussione da un diffuso desiderio di revisionismo, che ha contagiato non solo l’uomo della strada, ma interi settori della cultura dominante, sia essa laica o confessionale.
E allora si è arrivato a negare l’esistenza degli stessi forni crematori sia nelle aule universitarie che nelle alte cariche ecclesiastiche.
Di fronte a tali degenerazioni da ogni parte si sta alla finestra senza muovere ciglio, e si affidano le piazze alle ‘sardine’ o alla confusa protesta dei ‘Vaffa’ petastellati di Grillo, destinati purtroppo a squagliarsi come neve al sole di marzo per la mancanza di una solida visione del mondo, la cosiddetta ‘Weltanschauung’.
Si assiste così alla ‘filosofia della miseria’ dei vari renziani, i quali, dopo essere stati portati sugli altari da quel popolo dolente e smarrito di ciò che resta della prateria della Sinistra, si assicurano prima il desco con le cariche di ‘onorevoli’, e subito dopo buttano il cappello in aria e abbandonano i compagni di viaggio, rinnegandoli come fece Pietro con Gesù duemila anni fa; solo che Pietro poi si riscatterà rimettendoci la vita, cosa che non faranno certamente i renziani,governati dalla sola ragione volpina.
E’ la medesima fenomenologia si riscontra nel fenotipo calendiano, anche lui beneficiato come altro ragazzo prodigio in quella stessa prateria, e poi perso subito dopo per strada a causa della medesima ragione volpina.
Questi nostri tempi sono davvero tristi, in essi è difficile orientarsi, fermarsi per riflettere prima che l’onda lunga del sonno della ragione e del pensiero debole ci sommerga, come pensava lo stesso compianto ‘Maître à penser’ Emanuele Severino, che in questi giorni ci ha lasciato ancora più soli e orfani per ritornare al ‘gran tutto’; lì forse il Maestro non assisterà ai fenomeni di sdoppiamento bipolare, cui siamo costretti ad asssistere noi con ex ministri che vanno a bussare in pieno giorno ai citofoni per chiedere ai cittadini se spacciano e si drogano. Queste monellerie di notte le facevamo noi adolescenti, una settantina di anni fa, quando ancora non eravamo nell’età del senno, e suonavamo ai campanelli dei vicini di casa per divertirci a svegliarli.
Allora quasi sempre venivamo, però, identificati e puniti dai nostri genitori con sonore bacchettate e privazioni d’ogni genere.
Ma gli ex ministri, che dovrebbero essere già nell’età della piena ragione e non dovrebbero fare monellerie di tal genere, li si dovrebbe punire con altrettante bacchettate?
Crediamo di no, perché in loro forse agisce appunto quello sdoppiamento bipolare che, per essere patologia, andrebbe curata e non punita!

PUBBLICATO 24/01/2020 | © Riproduzione Riservata





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