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Disturbo di personalità borderline e crimine: da Nerone a Verzeni

Foto © Acri In Rete
Giovanni Cicchitelli
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Instabilità dell'umore e dello stesso senso di identità personale; caos nella vita affettiva e nella progettualità lavorativa o sociale; sentimento disperante di vuoto esistenziale coperto dalla collera o dal brivido procurato con azioni pericolose per se stessi o per gli altri; dipendenza infantile dall'affetto dalla gratificazione economica, ecc. Il borderline è un disturbo di personalità, in cui si includono la paura del rifiuto, ma anche l’instabilità delle relazioni interpersonali. Borderline è colui che sta in una posizione di mezzo tra due condizioni differenti, al limite. Si tratta di una malattia riconosciuta nel Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (DSM). Nato nel 1952, ma diffusosi a partire dalla terza edizione nel 1980 (DSM-III), il Manuale Diagnostico Statistico dei Disturbi Mentali (è attualmente in uso la versione V) è un progetto ambizioso con il difficile obiettivo di applicare alla psichiatria una metodologia di classificazione il più possibile condivisa per esigenze epidemiologiche, statistiche e cliniche, integrando e uniformando a livello globale quelle conoscenze che prima erano in balia di frammentarie e multiformi scuole di pensiero. Il DSM V fa parte dello strumentario condiviso da psichiatri, psicologi, psicoterapeuti e criminologi. Quando i pazienti con disturbo borderline di personalità si sentono abbandonati o trascurati, provano intensa paura o rabbia. Per esempio, possono essere terrorizzati o furiosi quando qualcuno importante per loro ha pochi minuti di ritardo o annulla un impegno. Pensano che questo abbandono significa che essi sono cattivi. Essi temono l'abbandono in parte perché non vogliono essere soli. Questi pazienti tendono a cambiare la loro visione degli altri bruscamente e drammaticamente. Possono idealizzare un potenziale caregiver o amante nelle prime fasi del rapporto, chiedere di spendere un sacco di tempo insieme, e condividere tutto. Improvvisamente, possono sentire che la persona non si preoccupa abbastanza, e diventare disillusi; poi possono sminuire o arrabbiarsi con la persona. Questo passaggio dall'idealizzazione alla svalutazione riflette il modo di pensare in bianco e nero (splitting, la polarizzazione del bene e del male). I pazienti con disturbo borderline di personalità possono entrare in empatia con e prendersi cura di una persona, ma solo se ritengono che un'altra persona sarà lì per loro in caso di necessità. I pazienti con questo disturbo hanno difficoltà a controllare la loro rabbia e spesso diventano inadeguati e intensamente arrabbiati. Essi possono esprimere la loro rabbia con pungente sarcasmo, amarezza o sfuriate, spesso rivolta ai loro caregiver o amanti per negligenza o abbandono. Dopo lo sfogo, spesso provano vergogna e si sentono in colpa, rafforzando la loro sensazione di essere cattivi. I pazienti con disturbo borderline di personalità possono anche bruscamente e drammaticamente cambiare la loro immagine di sé, come dimostrato da improvvisi cambiamenti nei loro obiettivi, valori, opinioni, carriere, o amici. Essi possono essere bisognosi e il momento dopo arrabbiarsi legittimamente per essere stati maltrattati. Benché spesso si vedano cattivi, a volte provano la sensazione che non esistono affatto, p. es., quando non hanno qualcuno che si preoccupa per loro. Essi spesso provano un vuoto interiore. I cambiamenti di umore (p. es., intensa disforia, irritabilità, ansia) di solito durano solo poche ore e raramente durano più di un paio di giorni; essi possono riflettere l'estrema sensibilità alle sollecitazioni interpersonali nei pazienti con disturbo borderline di personalità. I pazienti con disturbo borderline di personalità spesso sabotano se stessi quando sono in procinto di raggiungere un obiettivo. Per esempio, possono lasciare gli studi poco prima della laurea, o possono rovinare una relazione promettente. I soggetti borderline possono diventare anche dei criminali. La paura dell’abbandono in queste persone può essere così forte da giustificare un omicidio, come nel caso di Noemi Durini, uccisa a 16 anni dal fidanzato Lucio Marzo: sottoposto a perizia psichiatrica, il Marzo è risultato sofferente di disturbo borderline, nonostante fosse lucido e capace di intendere e volere. Considerato un assassino freddo e implacabile, i neuropsichiatri dell’Asl lo hanno definito come borderline, con capacità intellettive al limite. Soffrivano di disturbo borderline anche persone non criminali e di rilievo, del calibro di Diana Spencer, Angelina Jolie, il leader dei Nirvana Kurt Kobain e Jim Morrison. Alcuni studiosi hanno messo in rilievo come anche gli imperatori romani del passato, ad esempio Caligola, Giulio Cesare o Nerone, soffrissero di tale disturbo. Tutto ciò sfociava nella cosiddetta “pazzia dei Cesari”, data da un desiderio di potere incontrollato. Come dimenticare, infine, il borderline Vincenzo Verzeni: Cesare Lombroso ne studiò le caratteristiche cerebrali rilevando la conformazione nel cranio dell’omicida e la sua perizia portò a definire Verzeni come: “Un sadico sessuale, un vampiro divoratore di carne umana”. Chissà se lo scrittore americano Thomas Harris si è ispirato proprio a Verzeni quando creò Hannibal Lecter, il dotto psichiatra manipolatore magistralmente interpretato da Antony Hopkins. Nato a Bottanuco (BG) l’11 aprile 1849, serial killer già a 21 anni, il contadino dabbene Vincenzo Verzeni si era conquistato il soprannome di “strangolatore di donne” e “vampiro della bergamasca”. Le ricerche del Lombroso ebbero seguito negli anni ispirando molte scuole criminologiche e le polizie scientifiche internazionali. Per tali ragioni alle teorie lombrosiane si deve la nascita della criminologia. Giovanni Cicchitelli, avvocato, criminologo.

PUBBLICATO 21/04/2022 | © Riproduzione Riservata





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