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Pace

Foto © Acri In Rete
Padre Leonardo Petrone
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Dopo il gesto omicida di Caino, la storia umana è un susseguirsi di “pace assente – guerra presente”. Nazioni, paesi e famiglie hanno a che fare con guerre e violenze. La pioggia non rallenta la produzione di armi micidiali, uccidono sempre di più. La prima pace legale, relegata in secoli lontani e quella di Cesare Ottaviano Augusto: decretò tregua universale…non goduta in pieno. Tutti conosciamo la bella parola “PACE”. Nel pronunziarla la bocca si riempie, il cuore si dilata, occupa bene lo spazio che gli compete e non accetta aggiunte. Accendo solo un zolfanello per meglio leggerla. Partiamo dalla definizione, è Sant’Agostino che la formula, è definizione breve e luminosa: due parole ”TRANQUILLITAS ORDINIS” = tranquillità dell’ordine (quello stabilito dal Creatore): persone e cose armonicamente disposte. Da questa disposizione nasce tranquillità. La pace è condizione normale della vita e del benessere: forte e debole devono potersi realizzare con l’aiuto del benessere. La tranquillità è il sorriso continuo della vita alla vita. Pianto e fuga segnalano guerra, la guerra è pessima scopa, ammucchia detriti umani. Apriamo il libro di Giobbe: “Vita hominis militia super terram” (la vita dell’uomo è guerra sulla terra). Se consultiamo il Salmo 27,3:”parlano di pace ma nel cuore hanno guerra”. Geremia taglia corto: “essi dicono, pace, pace, ma pace non c’è”. Nell’antica Roma era faciliesentir ripetere “bellum omnium contra omnes = guerra di tutti contro tutti”. Sorge una domanda: la vera condizione umana è la pace o la guerra? È la guerra, lotta della vita per la vita. Schierarsi o restare in attesa? Schierarsi può significare prolungamento, restare in attesa mancanza di coraggio. Prudenza consiglia “essere con chi ama la pace”. La pace è pioggia benefica: permette il raccolto, genera progresso, sollecita giustizia, fa tacere prepotenza. La pace è sempre bilaterale, si fa insieme. Ciò è possibile se la pace abita il cuore. Un’antica leggenda legenda racconta: “Abele tarda a tornare con le pecore, il buio è prossimo ad ammantare le cose, Eva è preoccupata. Infila le ciabatte e corre al campo chiamando “Abele, Abele”. Inciampa e avverte i piedi bagnati, si piega e vede Abele con la testa fracassata, guarda il campo e scorge Caino che guardingo corre nel tra gli arbusti, ha sentito la voce di mamma e accelera i passi. Eva chiude gli occhi ed ha una visione “cimiteri in ogni direzione e i suoi futuri figli armati di mazze che minacciosi si fronteggiano”. Eva piange: “ Abele, figlio mio, ti ho partorito nel dolore e ora mi lasci in duplice dolore: tuo fratello ti ha tolto a me, e tu sei il primo di una moltitudine sempre in crescita. Dio è già nella tenda di Caino . Caino ascolta ma non risponde a nessun perché, non sembra convinto di averti ucciso”. Quando un Abele muore, la bellezza si allontana e il cimitero cresce.

PUBBLICATO 26/09/2022 | © Riproduzione Riservata





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