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Intanto, Sindaco, almeno mille piccole piante all'anno...

Giuseppe Palermo
Foto © Acri In Rete
Per cercare di rendere più evidenti i motivi delle diffuse preoccupazioni per le devastazioni del territorio e del centro urbano di Acri (città che potrebbe diventare in breve tempo un giardino botanico di piante locali), propongo solo due casi macroscopici, e soluzioni perseguibili fin da ora.
Il primo riguarda la frana della strada per Cosenza all'uscita da Acri. Come si vede nella prima foto (Google Earth, 2012 GeoEye), lì, a valle, la strada di quel costone di Serravuda non presenta vegetazione; a monte ne aveva di rada e minuta, poi c‚è stato il recente incendio. Sempre a monte, si vedono delle aree biancastre dovute a disboscamenti, sbancamenti e costruzioni. In particolare gli sbancamenti sulla sommità, e sul pendio rivolto verso Acri, quando piove si comportano da "serbatoi d'acqua che perdono dal fondo"; il terreno si gonfia, "spinge" sugli strati sottostanti e verso l'esterno, e poiché le piante non stabilizzano il ruscellamento e non bloccano il movimento del terreno, l'acqua si infiltra in profondo e tende a causare piccoli e grandi smottamenti.
In basso l'acqua filtra sotto la strada, sulla quale le vibrazioni degli autoveicoli in transito agiscono come martelli pneumatici ammortizzati e, mancando vegetazione anche a valle, la strada cede (a ben poco sono serviti e servono i muraglioni di contenimento interrati lì sotto). Finora è andata fin troppo bene. E‚ una "legge" di natura: i monti, i colli, e le strade, cedono e franano dove manca vegetazione atta a evitarlo (un tempo lo si sapeva). Se si fosse rimboschito con piante idonee quell‚intero costone, e anche in alto su Serravuda (sta succedendo il contrario), quei cedimenti non si sarebbero verificati (speriamo mai altri), e non si sprecherebbe denaro pubblico per costruire la galleria.
Il secondo caso è quello di Padìa. Un incendio, anche lì, sul versante sud, ultimamente ha aumentato i rischi di frane. Per comprendere la gravità della situazione si può osservare la seconda foto, dove la casa in basso è lievemente inclinata (purtroppo i cittadini del luogo, a causa della consuetudine, non ci fanno più caso), e più ampiamente si può osservare quel medesimo costone da Serricella (terza foto; sulla destra si vede l‚enorme frana della quale scrisse R. Capalbo circa 90 anni or sono, nelle Memorie storiche di Acri). Per contro si possono osservare la montagna di Serricella, che è molto più irta di Serravuda, e l‚area a ponente del Cúozz‚e Tarallu di Serra San Cataldo, dotate entrambe di vegetazione idonea e molto densa (quarta e quinta foto). Alla base della prima si producono solo piccoli smottamenti e cadute di pietre; nell‚area a ponente del Cuozz‚ e Tarallu non se ne producono affatto, al contrario del costone a sud di Serra San Cataldo e a ponente delle ultime case di Padìa. La soluzione quasi piena di questi problemi, concittadini, per quanto semplicistico possa apparire, è poco costosa e efficace: essa non richiede supertecnici, ma botanici e periti agrari di esperienza, che cioè conoscano bene i tipi di terreni da rimboschire e le caratteristiche delle piante da utilizzare. Ai politici è richiesta volontà di mutare approccio mentale nella gestione del territorio: quasi mai muraglioni, ma alberi a più non posso su costoni e sommità (acace, bossi, eriche, cipressi, castagni, dove possibile anche eucaliptus, ecc. "pini e abeti sono pesanti e con radici poco profondeˆ), e i proprietari di case costruite su pendii farebbero bene a piantarne sia a valle che a monte. Per questo (e per la sistemazione e il rimboschimento delle sponde del ruscello Valloncello della Conca di Acri) sì che occorre elaborare progetti a breve e lungo termine e chiedere finanziamenti alla Regione e all‚Unione Europea, che certo li concederebbero (per la monitorizzazione del suolo si possono utilizzare le foto satellitari del 2012 di Google Earth).
Ciò non si può fare in un giorno, ma si può cominciare dai costoni di Padia (assumendo i provvedimenti del caso e rimboschendo con scrupolo dal Mucone in su, e dal Calamo in su dove la vegetazione manca, per quanto ripidi quei luoghi siano), da Serravuda (dal Calamo e dalla Conca di Acri in su) e da altre urgenze.
Occorre, allora, vedere l‚albero non solo come elemento idilliaco del paesaggio, ma anche, e ormai soprattutto, come il "cemento armato" più utile contro il dissesto territoriale (conosco luoghi dei dintorni di Acri dove gli eucaliptus „reggono‰ montagne), anche se questa visione si scontra un po‚ ovunque con gli interessi dei progettisti, e dei politici che tengono loro il sacco, a tutto danno delle collettività.
Come intendono regolarsi il Comune, la Comunità Montana e l'ARSSA? Vorranno coordinare le loro azioni o lasciar correre?
Intanto, Sindaco, che si acquistino al più presto, con umiltà e modestia, almeno mille piccole piante all'anno.












PUBBLICATO 02/09/2012

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