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Lo sfogo di una mamma

Grazia Luzzi
Foto © Acri In Rete
È passato un anno dalla nascita della mia secondogenita, ma ancora la rabbia è viva e soprattutto tanta... Rabbia legata al fatto di aver vissuto un'esperienza particolare e, purtroppo, diversa rispetto alla mia prima gravidanza, il tutto dovuto alla chiusura del punto nascita del nostro ospedale.
L'inizio della mia seconda gravidanza ha coinciso con il circolare delle prime voci circa la chiusura del punto nascita, ma nonostante ciò ho deciso di farmi seguire dall'équipe medica di questo ospedale, in quanto pienamente soddisfatta della prima esperienza, che ha visto tutto il suo iter naturale ad Acri (il mio primogenito è l'unico, in famiglia, ad avere sui documenti come luogo di nascita Acri).
Durante i nove mesi siamo stati sempre rassicurati dal fatto che la chiusura non si sarebbe verificata; mentre, invece, all'interno dell'ospedale si sentiva e si avvertiva l'amara verità nelle parole e negli atteggiamenti di tutto lo staff medico e paramedico. Settimana dopo settimana ho assistito all'annientamento di un reparto che rappresentava per me, sin da quando ero piccola, un angolo di speranza e di serenità; chi di noi, fruitore dei servizi dell'ospedale, quando vi si recava per qualsiasi motivo, non si è fermato al primo piano a vedere i bimbi appena nati dietro quel vetro che li proteggeva dal mondo esterno? Il solo fatto di osservarli riempiva gli animi di gioia, di armonia e, soprattutto, di speranza... quella speranza che solo un evento quale la nascita sa dare!
Ecco questo ora non è più possibile, per tanti motivi e responsabilità non imputabili solo agli "altri", come di solito noi acresi abbiamo la consuetudine di pensare: la responsabilità è di tutti i cittadini di Acri che nulla fanno per proteggere i propri diritti e le proprie ricchezze.
Ritornando alla mia vicenda, io e la mia bambina siamo state protagoniste di un parto molto veloce che, tuttavia, col favore del cielo e del periodo estivo (la combinazione del bel tempo e della totale assenza di traffico è stata provvidenziale), ci ha permesso di giungere in ospedale giusto in tempo...
Partenza da Acri ore 9.30, arrivo a Cosenza ore 10.00, nascita ore 11.00! Il tutto rigorosamente in abiti normali senza il tempo di poter indossare nulla di idoneo al parto! Si è svolto tutto in modo molto rapido, anche nei giorni successivi, tutti avevano fretta ed erano impegnati... Non è stato come ad Acri, dove tutti gli operatori del reparto seguivano con attenzione ogni momento; le infermiere si assicuravano che tutto andasse bene; le puericultrici si dedicavano, oltre alla cura del nascituro, anche all'insegnamento delle pratiche da fare una volta a casa: il bagnetto, l'attaccamento al seno, la pulizia del naso ecc; gli stessi medici ad ogni cambio turno si accertavano che tutto il post partum proseguisse nel modo corretto fino alle dimissioni...
Ebbene, tutto ciò io a Cosenza non l'ho vissuto, e mi ritengo fortunata che si trattasse del secondo parto e di avere buona memoria, avendo tenuto a mente tutti gli insegnamenti ricevuti solo quattro anni prima...
Quando penso e assisto a tutto quello che sta accadendo nel nostro territorio, mi arrabbio e, allo stesso tempo, mi rattristo molto, perché sono costretta a constatare, mio malgrado, che non stiamo lasciando nulla di buono alle nuove generazioni, nulla stiamo costruendo e nulla ci stiamo sforzando di mantenere, quindi deduco che il "nulla" sarà ciò che rimarrà in questo bel territorio ricco di tradizioni, di cultura e di luoghi incantevoli.

PUBBLICATO 02/09/2012

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