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Il TAR della Calabria annulla il DCA 81/2016

Foto © Acri In Rete
Cgil - Acri
Vittoria su tutti i fronti. Avevamo visto giusto ed ora il Tar Calabria rende giustizia alle nostre osservazioni che per mesi sono state considerate come delle mere chimere, nel procedimento che come FP CGIL e CISL FP Calabria, assistiti dall’Avv. Danilo Colabraro del Foro di Catanzaro, abbiamo instaurato contro l’Ufficio del Commissario per L'Attuazione del Vigente Piano di Rientro Dai Disavanzi del Ssr Calabrese.
I giudici amministrativi, con la sentenza n. 466 del 20/03/2017, danno ragione alle nostre tesi le quali hanno confermato che in questo caso, come anche in altri nei quali chi doveva intervenire ha preferito rimanere fermo, ci saremmo aspettati un sostegno dalla Regione Calabria ma non c’e stato, l’Ufficio del Commissario ha travalicato i compiti che la legge istitutiva del commissariamento gli assegnava assumendo, illegittimamente, anche i poteri del Consiglio Regionale, nello specifico quello della Calabria.
Nel dettaglio il Tribunale ha sancito che la struttura commissariale nell’approvazione del DCA impugnato non ha osservato la procedura prevista dall’art. 120 della Costituzione nel combinato disposto con l’art. 2, commi 80 e 88 della legge 191 del 2009. La struttura commissariale avrebbe dovuto chiedere al Consiglio Regionale le modifiche che riteneva di dover apportare al regolamento allegato alla legge regionale 24/2009, e solo decorso inutilmente il termine di 60 giorni intervenire. Ovviamente tale atteggiamento, ove ce ne fosse ancora il dubbio, dimostra che l’Ufficio del Commissario considera il Consiglio Regionale, la massima istituzione di rappresentanza democratica dei calabresi, un inutile orpello.
Infine, la sentenza dimostra come, ancora una volta, avevano visto giusto e di come il provvedimento impugnato abbia volutamente interferito sulla contrattazione collettiva nazionale operando di fatto una deroga ai contratti collettivi, inserendo, ope legis, nella parte in cui disciplina le modalità di autorizzazione e accreditamento delle strutture sanitarie e socio sanitarie, possono prevedere per il reclutamento del personale preposto, la possibilità di poter utilizzare “qualsiasi forma contrattuale consentita dall’ordinamento civile”, mentre l’art. 4 della legge regionale n. 24 del 2009, ha sempre fatto riferimento al solo lavoro subordinato o libero professionista nel rispetto dei contratti collettivi di categoria. La diversa dizione incide in maniera innovativa sull’ordinamento giuridico e sulla stabilizzazione dei lavoratori, così come il comma 4 del medesimo art. 4 del Regolamento nella parte in cui prevede che in parziale deroga a quanto stabilito nella medesima disposizione, consente l’utilizzo di altre forme contrattuali consentite dall’ordinamento civile per la parte residua.
Un vero ed inaccettabile attacco alla contrattazione collettiva, una vera e propria deregolamentazione del diritto del lavoro ossia un’applicazione ancora più radicale del Jobs Act nella sanità privata convenzionata.

PUBBLICATO 24/03/2017





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