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Il centro storico importante per lo sviluppo del territorio

Foto © Acri In Rete
Francesco Foggia
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Il dilemma di qualche cittadino (ed io sono uno di questi) è per quale motivo alcuni amministratori ritardano a valorizzare il centro storico del proprio paese? Andando in giro per la Calabria se ne visitano tanti e tranne quelli delle località rivierasche che vivono una lunga estate per la presenza dei turisti (Tropea, Scilla, Diamante, Belvedere Marittimo, Cirella, Roseto C. Spulico, Amendolara, Trebisacce, etc.) gli altri dell’entroterra tardano a valorizzare tutte le loro peculiarità storiche (Acri, S. Demetrio C., Longobucco, Bocchigliero, Bisignano, Luzzi, etc.) per basarsi solo su quelle naturale-paesaggistiche, agricole, boschive, zootecniche e manifatturiere.
Il recente scritto di Michele Ferraro (Essere o non essere: qual è il problema?) testimonia quanto interesse ed amore suscitano i centri storici, anche delle realtà periferiche ed impervie, ad osservatori attenti e sensibili. Quello di Acri, per esempio, non avrebbe niente da invidiare ad altri che vanno per la maggiore; anzi, per le sue caratteristiche morfologiche, orografiche, urbanistiche, storiche, non sono tanto da meno di Rende, Altomonte, Rocca Imperiale, Morano, Oriolo (fra i Borghi più belli d’Italia nel 2018) i cui nuclei antichi rimangono residenziali e vivi per tutto l’anno.
Gli acresi che più percepiscono la sua importanza non possono che soffrirne per il suo abbandono o per il degrado di interi rioni (Picitti, Cappuccini, etc.), ma sono soprattutto le tante persone estranee, sempre desiderosi di conoscere inimmaginabili beni storico-culturali, che si mobiliterebbero se esso venisse tutelato e pubblicizzato.
La vivibilità del centro storico di Acri dovrebbe veder impegnati tutti i suoi abitanti e di conseguenza la classe politica che li rappresenta e che dovrebbe farsi la loro convinta portavoce nelle sedi istituzionali (sull’esempio di come si adoperarono quelle di decenni addietro). Intanto ben vengano le iniziative dei privavi o i suggerimenti delle associazioni di cittadini per riflettere sulle sue straordinarie qualità e per come intervenire (condivisibile la proposta di Michele Ferraroa procede nel reclutamento di più progetti differenziati, tali da poter offrire agli amministratori stessi delle indicazioni utili alla città”), non fosse altro che per sostenere gli amministratori a considerare, fra i prioritari campi d’interesse collettivo, il totale recupero del centro storico. Ne va, infatti, dell’esistenza futura della stessa Acri, paese interno e di montagna, mal servito daarterie stradali e fuori dal circuito produttivo per aspirare ad una indipendenza economica.
Ben consci che le più grosse risorse del territorio acrese sono il paesaggio (variabile fra la media collina e l’altopiano silano), gli acquiferi della sua parte silana e la potenziale straordinaria storia che si stenta ancora aconsiderare, investire sulla tutela e la promozione delle proprie radici diventa lascelta valida più rapida e meno impegnativa da proporre ad un flusso turistico colto e rispettoso delle altrui civiltà. Il problema allora è uno: percepire come cittadini e come amministratori di Acri il valore della nostra storia per andarne fieri, e convincersi che la sua tutela garantirebbe anche il futuro della cittadina.

PUBBLICATO 05/05/2019 | © Riproduzione Riservata





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