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Lettera aperta alle /ai calabresi. Dentro e dopo la pandemia

Foto © Acri In Rete
Walter Nocito ed altri
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Non è più – non sarà più – il mondo in cui siamo cresciuti. L’Italia, l’Europa, il mondo stanno vivendo una sospensione della vita politica, sociale, economica.
Come in tutte le altre regioni italiane, ma per fortuna in condizioni molto meno drammatiche di quelle più colpite dall’epidemia di Covid-19, nella regione Calabria viviamo con il lockdown una situazione anormale e atipica, che nei mesi a venire potrà divenire, purtroppo, una situazione normale e tipica se nessuno ne valuterà appieno la extra-ordinarietà, la rilevanza e i rischi.
Nessuno di noi sa ancora quanto durerà e come se ne uscirà.
Se vi è la convinzione diffusa che comunque la nostra esistenza cambierà, nessuno è in grado di dire come cambierà, quale sarà l’uscita dalla pandemia: un mondo più ingiusto, autoritario e securitario, dove crescono muri, disuguaglianze e uomini soli al comando, o, al contrario, un mondo che riscopre l’uguaglianza, l’universalismo, il rispetto della natura, la partecipazione politica.
La fase attuale è quella della emergenza sanitaria e sociale (fase 1 “la cura e il contenimento del virus”).
Seguirà, a breve, una fase di emergenza socio-sanitaria, economica e politica (fase 2, “la convivenza con il virus”).
Infine, e non sarà affatto breve, una fase di emergenza fiscale-strutturale (fase 3, “gestione e superamento della recessione nazionale ed internazionale”).
Ne va e ne andrà della vita - individuale e collettiva, biologica e politica - dei cittadini e cittadine, dei giovani e degli anziani, dei lavoratori, dei disoccupati, dei ceti poveri o impoveriti che vivono nel territorio regionale calabrese.
Come e più che per tutto il Paese, per la Calabria sarà una prova dura e cruciale, che può condannarla a un’ulteriore marginalità o, viceversa, darle la spinta per uscirne: l’andamento dell’emergenza, dominata anche dal terrore che il contagio si estendesse con la stessa intensità del Nord nelle regioni con sistemi sanitari più deboli, ha dimostrato che il sistema-Italia non può più reggere il dualismo territoriale che lo caratterizza da sempre e negli ultimi decenni più di sempre.
Al di là di un certo attivismo della Presidente Santelli, la crisi in atto è stata affrontata dall’amministrazione regionale con confusione, lentezza e approssimazione.
Ad oggi non è chiara la catena di comando, né sono chiari i passaggi, i tempi, e le risorse che la giunta concretamente vuole e può mettere in campo per superare la fase 1, e per contenere i gravi rischi sanitari e sociali della fase 2.
Davanti a noi non c’è un’ora x in cui il virus e il contagio spariranno.
C’è una difficile e delicata fase di convivenza con il rischio, in cui ripetere gli errori fatti nella prima fase – a livello regionale e nazionale – sarebbe esiziale.
Ancor più esiziale sarebbe alimentare l’illusione isolazionista per cui la Calabria sarebbe stata e resterà tutto sommato “risparmiata” dalla virulenza del contagio: in una pandemia nessun angolo del mondo può dirsi al sicuro.
Se c’è stato nella fase 1 un vantaggio della Calabria rispetto alle zone più martoriate, tale vantaggio va sfruttato per pianificare meglio la fase 2, dotando la sanità regionale di tutto ciò di cui si è trovata sprovvista allo scoppio dell’epidemia e che attiene sia alla medicina ospedaliera sia alla medicina di territorio: posti di terapia intensiva, misure e dispositivi di sicurezza sanitaria per gli ospedali, i medici, i comuni cittadini (siamo tuttora in carestia di mascherine); tamponi e test per mappare l’andamento del contagio su vasta scala fra sintomatici, asintomatici e immuni; infrastrutture telematiche per l’uso – se verrà autorizzato – dei dispositivi digitali di autoprotezione e mappatura dell’epidemia.
Chiediamo con altrettanta determinazione alla delegazione parlamentare calabrese che fa parte della maggioranza di governo di esplicitare al più presto che cosa il governo nazionale sta facendo e che cosa farà in concreto (passaggi, tempi, risorse) per garantire standard universalistici di cura e di “vita degna” a chi vive in Calabria.
E’ il momento, invece, di porre termine agli 11 anni di commissariamento della sanità calabrese e di sostenerne il rilancio in base a criteri ugualitari validi per tutto il paese.
E’ il momento, di conseguenza, di archiviare per sempre i progetti di autonomia regionale differenziata.
E’ il momento di inquadrare la questione sanitaria nell’ambito di un piano di rilancio del Sud che garantisca i diritti fondamentali (salute, istruzione, lavoro, mobilità), valorizzi le risorse ambientali, paesaggistiche e culturali, rafforzi il sistema di istruzione e ricerca.
E’ il momento, infine, di ragionare anche nella prospettiva del sud d’Italia quando ci si batte come stato del sud d’Europa per una visione solidale e politica dell’Unione europea.
Che questa immagine della regione cambi dipende da noi.
E’ necessario che noi calabresi contribuiamo a definire i caratteri della terza fase che si aprirà nell’emergenza del coronavirus, fase nella quale l’intero Paese dovrà raccogliere le energie migliori per gestire un’economia debilitata e affrontare la recessione nazionale e internazionale operando scelte chiare, radicali e orientate alla sicurezza sanitaria, alla solidarietà sociale, alla sostenibilità ambientale, a un rapporto sano fra vita e lavoro, produzione e riproduzione.
Se non “qui e ora” … allora quando?
Promotori: Angelo Broccolo, Giovanni Caporale, Peppe Carrozza, Massimo Covello, Jasmine Cristallo, Antonio Curcio, Ida Dominjanni, Nicola Fiorita, Danilo Gatto, Walter Nocito, Fernando Pignataro, Silvio Primerano, Francesco Saccomanno, Emilio Siranni, Nancy Valente, Marco Vercillo, Rossana Vulcano.
Ulteriori adesioni possono pervenire al seguente indirizzo di posta elettronica: letteraaicalabresi.covid@gmail.com.
Per interloquire: https://www.facebook.com

PUBBLICATO 16/04/2020 | © Riproduzione Riservata





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