L’Eremita: la carta dei nostri tempi


Gaia Bafaro

Una delle lame dei tarocchi più affascinanti di sempre è l’Eremita, una carta che simbolicamente potrebbe risultarci utile per affrontare i tempi che stiamo vivendo. Procediamo con ordine. L’eremita rappresenta l’uomo alla ricerca della verità e soprattutto della sua stessa identità e per fare questo procede lentamente, in maniera regolare e silenziosa avanzando più psicologicamente che fisicamente. Il fatto che le sue sembianze siano quelle di un anziano non è casuale poiché per intraprendere un percorso all’interno del proprio inconscio e per comprendere la realtà è necessaria una certa maturità psicologica, in più, essere vecchi predispone in modo più semplice all’essere pronti alla fine di un ciclo e ad una imminente rinascita. La figura è rappresentata mentre procede verso sinistra ma a guardare bene, non si tratta di un movimento in avanti bensì di un ritorno su se stesso, di un’analisi del passato per poter avanzare nel presente e questo ci viene suggerito chiaramente dal fatto che l’Eremita sia leggermente ricurvo, piegato in avanti quasi come un richiamo alla posizione fetale o comunque ad un cerchio che può intendersi come quello inerente alla ciclicità della vita. L’immagine dell’Eremita è caratterizzata da lunghe vesti e da un mantello che non ci permettono di osservare le forme corporee poiché il Vecchio è solo pensiero e spirito privo di materia ed è grazie alla presenza dei capelli e della barba volutamente color carne che possiamo ritenere questa figura come reale e terrena, lontana dalle divinità o dai santi ma più che altro manifestazione di un tentativo di avvicinamento a Dio. Invece il mantello che lo avvolge è una protezione sia per se stesso che per il mondo circostante. Serve a preservare le sue energie per non disperderle e anche a riparare la flebile luce che reca nella mano destra, quel lume della ragione e della conoscenza individuale che non può illuminare i percorsi altrui ma solo il proprio ( caratteristica messa in maggiore evidenza dal fatto che l’ambientazione della carta sia diurna). Inoltre il mantello, non solo permette alla lanterna di non spegnersi ma nello stesso tempo ripara gli occhi di chi non avvezzo alla verità ed al sapere potrebbe risultarne ferito o abbagliato. In tutto ciò il Saggio non appare come un maestro bensì come un allievo che si relaziona con il mondo circostante solo per mezzo del suo bastone nodoso e per via del capo scoperto. Infatti, il suo volto è visibile e questo elemento serve a testimoniare come l’uomo sia propenso all’ascolto e all’apprendimento più che alla parola, rapportandosi faccia a faccia con l’esterno. Il suo bastone è il mezzo per assicurarsi uno scambio energetico tra la dimensione spirituale e quella terrena oltre che uno strumento per dominare le difficoltà attraverso la rettitudine morale, veicolo di connessione tra l’alto e il basso ed attributo inscindibile del pellegrino, capace di garantirgli il contatto rigenerante con la madre terra. Per quanto riguarda il colore delle vesti dell’Eremita si è scelto il blu non casualmente. Questa tinta incarna lo spirito, la riflessione e l’immaterialità, infatti si tratta del colore degli elementi illimitati come il cielo ed il mare ed è anche per questo che proprio il blu è da considerarsi colore della psiche e dell’inconscio che non possono essere trattenuti o limitati. Importantissime anche le sue sfumature chiare o scure che lasciano trapelare o meno quello che si trova nel fondo. Tutto ciò si può notare anche nella coscienza: a volte chiara altre volte scura, spesso sveglia oppure addormentata. Nel blu l’essere può elevarsi o perdersi, chiarirsi o confondersi. A tal proposito, solo le divinità induiste sono rappresentate con la pelle blu per sottolinearne il rango superiore (come del resto accadeva anche per i nobili detti: “dal sangue blu”). Quindi anche l’eremita è in qualche modo superiore alla massa poiché si isola nel blu e cerca di elevarsi fino alla sfera della divina verità. In questa carta necessaria è la consapevolezza di non poter arrestare o dominare alcuni eventi ma semplicemente di accettarli e metabolizzarli. Spesso gli scontri sono vani e inseguire certe mete il più delle volte porterebbe solo ad una dispersione di energie da preservare in prospettiva di una crescita interiore e spirituale. Il fine ultimo da tener presente è la consapevolezza che questo mondo è solo una delle infinite esperienze che servono all’evoluzione dell’animo. Alla luce dei fatti che stanno affliggendo i nostri tempi è necessario comportarsi come l’eremita: Dobbiamo proteggere il nostro pensiero e il nostro spirito; avanzare con prudenza nel nostro inconscio e nella sfera del reale; tenere presente gli insegnamenti del passato ricordandoci della ciclicità della vita e degli eventuali corsi e ricorsi storici; Inoltre, è indispensabile essere parte di questa realtà pur tenendo presente che potrebbe essere scorretto esserne assorbiti totalmente. Ricordiamoci che in un mondo di bagliori fittizi, come quello della carta dell’Eremita (una luce diurna inutile se comunque c’è bisogno di camminare con un lanterna in mano) , dobbiamo imparare a servirci tutti del lume della nostra ragione e della spiritualità per poter avanzare verso la verità e soprattutto per non perdere l’anima ed il corpo in quello che invece potrebbe imprigionarci verso la non evoluzione.
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PUBBLICATO 19/10/2021 | © Riproduzione Riservata

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