La magia nell’antico Egitto
Gaia Bafaro
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Gli Egizi credevano che la magia si trovasse in ogni elemento intorno a loro e non conoscevano alcuna distinzione tra quotidianità e intervento magico. Questo popolo, tra i più misteriosi, metteva in pratica due tipologie di magia: naturale ed esoterica. La prima era molto più semplice, si otteneva un risultato desiderato utilizzando solo gli elementi presenti in natura,l’uomo comune, nella propria dimora, praticava riti di protezione e pregare affinché potesse affrontare tranquillamente la giornata o sconfiggere i nemici. Si raffiguravano, ad esempio, delle scene che potevano essere quelle inerenti ad una battuta di caccia per propiziarsi il successo dell’azione venatoria e l’incolumità dall’attacco delle fiere, quindi, l’uomo comune compiva un atto magico rappresentando bestie ferite o in trappola. La magia esoterica, invece, era praticata solo dai più esperti che sapevano utilizzare l’energia tantrica, quella cerimoniale, teurgica e così via. L’intento dei sacerdoti, gli unici a manipolare queste forze più profonde, era quello di far si che attraverso l’operato magico, l’anima umana potesse ricongiungersi con quella divina. Questa connessione con una dimensione magica è visibile soprattutto nella figura del Sacerdote/Faraone capace di far coesistere il potere pratico e politico con quello spirituale. Durante gli equinozi ed i solstizi, il faraone veniva investito da particolari energie cosmiche che gli permettevano di identificarsi con il dio falco Horus e di divenire suo tramite con l’umanità, per questo il popolo lo considerava espressione terrena della forza divina. La magia, nell’antico Egitto, si praticava anche nei progetti urbani, tanto che tutti gli edifici di culto venivano costruiti in luoghi carichi di potere. Oltre alle rinomate Piramidi, spiccavano per importanza la casa della vita e quella della morte. Nella casa della vita venivano “creati gli dei”, le statue erano, tramite riti, caricate di energie in modo da attivarne le funzioni divine . Nel caso della dea Sekmet dalla testa di leonessa,ad esempio, mediante la chiave Ankh stretta in pugno, la statua acquisiva il potere della guarigione. Sempre nella casa della vita, i giovani dotati o quelli nobili erano istruiti alla scrittura ed al corretto vocalizzo o vibrazione nel recitare le formule, da attuare per “dare vita” alle entità raffigurate nei geroglifici. Questa operazione veniva accompagnata da strumenti musicali come: i sistri, legati alle energie femminili di Iside, e dai tamburi con toni bassi, delle particolari nacchere dette crotali e decorate con elementi del cielo e della terra in modo da poter ulteriormente riconnettersi agli dei. Importanti erano anche i colori, infatti, venivano utilizzati per strumenti o amuleti capaci di far raggiungere determinati piani dimensionali. Qualche esempio: Il nero era collegato ad Osiride, quindi utile nel favorire la resurrezione; il rosso era legato al malvagio Seth per questo motivo utilizzato solo per pratiche di magia contro i nemici. Infine, nelle pratiche magiche venivano impiegate anche le essenze profumate, affinché purificassero l’ambiente ed i sensi. In Egitto, gli amuleti erano sacri, proteggevano i vivi ma erano utilizzati anche per i morti per permettergli di rinascere a nuova vita. Ad ogni parte della mummia ne veniva applicato uno : quello “del cuore” a forma di scarabeo su cui erano iscritte diverse formule per lo più con lo stesso messaggio: “ Oh mia madre non testimoniare contro di me, non accusarmi nel sacro tribunale quando sarò al cospetto degli Dei addetti della bilancia”, poiché al cospetto di Osiride l’anima veniva giudicata riponendola su di una sacra bilancia. L’ “amuleto della fibbia” che rappresentava la chiusura della cintura di Iside ed era immagine di congiunzione tra i mondi, il defunto doveva possederlo per accedere ad ogni piano dell’Aldilà sotto la protezione della Dea. L’ “amuleto del serpente” che invece serviva a proteggere il defunto dai serpenti delle tombe. Oltre alla casa della vita, vi era quella della morte. Questa nacque per garantire l’immortalità dell’anima e la protezione divina. Inizialmente le formule che in essa si scrivevano erano destinate solo al faraone, successivamente vennero adottate anche per i privati e trascritte nel Libro dei Morti. Questo testo narra del percorso iniziatico che avrebbe dovuto compiere l’anima “morta alla vita terrena” e delle sue quattro tappe fondamentali: La trasformazione del pensiero comune che annullava spazio e tempo e catapultava l’anima in uno spazio etereo e luminoso, l’iniziato era rappresentato come un grosso pesce, considerato un contenitore sacro per compiere la prima tappa del suo viaggio. Lo stato di silenzio interiore, dove l’anima provava la morte iniziatica ed era rappresentata con un deserto che lo metteva in relazione con la parte più profonda di se stesso e incontrava “il tentatore” che avrebbe dovuto annientare, controllando le forze negative. La metamorfosi dell’iniziato, rappresentata dal pesce e della barca solare e l’anima risvegliata veniva così accolta dallo spirito. Era la fase dell’autocoscienza divina e l’adepto aveva conquistato la giustizia e la verità passando per molte esperienze di vita. La trasformazione integrale dell’iniziato, dove entrava nella piena luce dell’Empireo ed attuava la fusione tra spirito e materia, diventando il Vittorioso: “ Il suo nome è l’esaltazione di Ra, come anima a lui riunita. Io sono l’eterna fenice, colei che conosce tutto l’esistente”. Questo sono solo una parte dell’argomento inerente all’importanza della Magia nell’antico Egitto, quello che resta certo è che questa civiltà rimarrà per sempre tra le più misteriose della storia dell’umanità.
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PUBBLICATO 24/01/2022 | © Riproduzione Riservata

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