Fra le personalità letterarie in tour a San Demetrio anche Kazimiera Alberti
Gennaro De Cicco
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Si chiama Kazimiera Alberti, nata a Bolechow, nell’odierna Ucraina, nel 1898, in una famiglia della piccola nobiltà polacca, la viaggiatrice che visitò San Demetrio tantissimi anni fa. Poetessa, scrittrice, traduttrice dal ceco e dal bulgaro, era legata al movimento neoromantico della “Giovane Polonia”. È “L' anima della Calabria” (A. Cocola, traduttore, Rubbettino editore, 2007, progetto grafico: Mauro Bubbico), il primo scritto della Alberti, nel 1950, dopo più di 10 anni di silenzio. Nel 1945 emigra in Italia dove sposa il letterato Alfo Cocola, che divenne il suo traduttore. I soggiorni a San Demetrio, con le escursioni nei suoi dintorni, le hanno ricordato i suoi frequenti viaggi attraverso la Bulgaria che ha tanto amato.
“Non so neanche io perché mi ricordi questo”, scrive la poetessa - scrittrice Alberti. “Forse perché – aggiunge - ho ritrovato veramente qui qualcosa di balcanico... Con ciò non voglio affatto dire qualcosa di primitivo. Solo gli ignoranti che non hanno mai conosciuto la cultura dei Balcani, la loro storia, arte, architettura e soprattutto la mentalità del popolo, hanno il coraggio di parlare di basso livello balcanico” .E qualcosa di balcanico Kazimiera Alberti l’ha avvertita non solo nel rito greco che si è conservato a San Demetrio, né dal fatto che i tanti preti le abbiano ricordato i centinaia di papàs, conosciuti nelle suoi luoghi d’origine. “L’elemento balcanico - afferma - l’ho sentito nella viva ospitalità che non ha nulla di stereotipato ed è spontanea e sincera. L’essenza dell’ospitalità, importata secoli fa è rimasta qui intaccata ed i paesi albanesi formano questa oasi in Calabria”. Nel citare i tanti caffè bevuti a San Demetrio – afferma - che questa ospitalità l’ha avvertita in Calabria in generale e a San Demetrio in particolare “L’ospitalità – precisa - certo non dipende dall’offrire a qualcuno caffè o pranzo o gelato. È qualcosa di più profondo. È l’attenzione molto amichevole verso l’invitato ”. Per la scrittrice, San Demetrio è celebre non solo per il suo Collegio, non solo per i suoi intellettuali, ma anche per l’Abbazia di Sant’Adriano, che è monumento nazionale addirittura “intoccabile”. E cita l’Emiro di Palermo che dette ordine speciale di rispettare Sant’Adriano, quando la Calabria era vessata dai Saraceni …”Questo monumento – scrive - ha una sua storia sentimentale e artistica. Sentimentale perché lo costruì uno dei santi più venerati di Calabria, San Nilo”. Descritti i particolari della Chiesa, l’Alberti si sofferma sui costumi tradizionali. Precisa che ci sono quelli per ogni giorno e quelli di grande gala … e aggiunge che anche sui costumi è enorme l’influenza balcanica, perché nei “Balcani ci sono i costumi più splendidi dell’Europa …”. I più tipici sono quelli di Lungro, di Spezzano, di San Demetrio, che “ha veramente qualcosa di “signorile”. Pieno di ori, di ricami pesanti a mano, di broccato della migliore qualità”. La scrittrice in paese si è anche trovata in qualche “brillante conversazione” e con piacere ha ascoltato, perché le “ricordava molto i Balcani …”. “Gli Albanesi, scrive, sebbene tanto bene acclimatati, han conservato la mentalità originale, l’intatta freschezza che, inquadrata nella cornice italiana, ha dato frutti individuali”. Tante informazioni anche sul Collegio, dove “è passato l’intero mondo intellettuale di una nazione” e dirà in seguito come ciò è avvenuto …, ma soprattutto tante riflessioni, perché, ogni qualvolta ha la possibilità di trovarsi tra le vecchie mura di un Collegio, avverte tanta emozione, “simile alla visione di qualche concerto o qualche esposizione di un maestro del pennello …”. Una emozione che sente anche quando da lontano scorge le linee della Chiesa di Sant’Adriano e le antiche mura del Collegio, nel tratto di strada dalle mille serpentine tra Cosenza e San Demetrio, che si arrampica in alto per arrivare a destinazione. "Un percorso pieno di villaggi primitivamente ma poeticamente disseminati sulle pendici, ricche di acque correnti e di soprattutto di acacie in fiore". E poi ci informa che davanti all’edificio, un albero eccezionale offre riparo al sole. È l’olmo di San Nilo, che la tradizione vuole piantato dal Santo La poetessa seduta al riparo del grande olmo, la sera, sotto le stelle, riflette sulle migliaia di studenti che attraverso i secoli sono usciti da qui. E riferito ai fiori che germogliano a primavera – scrive che “ogni anno ne vengono altri, così l’olmo della cultura rimane sempre verde e ricco di foglie …”. Fra i suoi ricordi anche “i pochi giorni trascorsi nell’ospitalità del Collegio Italo – Albanese di San Demetrio Corone, le serate a mensa con l’attraente conversazione con i professori, la vista dalla finestra sulle stelle occhieggianti tra le nuvole ed il lontano Appennino, gli allievi esercitantisi al calcio sul campo sportivo, tutto questo paesaggio scolastico sullo sfondo di alberi in fiore e di gioventù in fiore”. L’ultima parte del racconto della Alberti è dedicata – alla “gente dalla doppia patria”, con tutte le informazioni necessarie sulla storia, già nota, del condottiero albanese: Giorgio Castriota, detto Skanderbeg. |
PUBBLICATO 03/04/2024 | © Riproduzione Riservata

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