Acri: tra dinamiche e mutamenti
Michele Ferraro
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La Calabria, secondo le ultime stime, entro il 2033 perderà altri 100.000 residenti. Quando si affrontano temi delicati come lo spopolamento bisogna farlo prendendo in considerazione il processo in modo uniforme considerando tutte le aree montane ed interne. Va da sé che la perdita di popolazione altera gran parte dell’economia e mette a rischio, altresì, la sopravvivenza di tradizioni, memoria ed identità locali.
Acri, come altre comunità locali, si vede investita da una crisi crescente che ha originato una disorganizzazione di governo e, di conseguenza, un depauperamento delle risorse. Se consideriamo che la Calabria è la regione più povera dell’Unione Europea, con quasi la metà della popolazione a rischio di povertà o di esclusione sociale, ma, allo stesso tempo, ha l’aria più pulita e la biodiversità più alta in Europa, si converge paradossalmente ad una conclusione: Acri risulta essere luogo ideale per una buona qualità di vita alla condizione di campare di solo aria. La carenza di servizi e di lavoro in un territorio vasto e disparato come Acri, dove la distanza dai poli urbani varia dai 40 ai 60 minuti, consegna al nostro paese un futuro prevedibile. Lo scivolamento a valle, lo spopolamento e l’abbandono sono fenomeni di lunga storia. Il fenomeno dell’abbandono che si registra in continuo divenire, ma con un picco avvenuto risalente agli anni Settanta, altro non era che l’avvio di un processo molto più grande. Erano anni in cui ad Acri si credeva in uno sviluppo dell’economia locale; i nostri padri investivano il proprio lavoro, i propri risparmi, per disegnare un futuro migliore ai figli nel mentre che, intorno, tutto iniziava a cambiare. Il risultato si vide nel 2012, quando fummo inseriti nell’elenco delle aree disagiate. Più di un decennio fa la SNAI ha elaborato una classificazione dei comuni italiani in difficoltà per spopolamento e mancanza di alcuni servizi essenziali, denominandoli aree interne. Di fatto, ha elaborato una gerarchia dei comuni italiani definendo periferici e ultraperiferici quelli più in sofferenza, perché distanti dai centri erogatori dei servizi. Va da sé che questa condizione di perifericità è associata anche a livelli di disoccupazione elevati, scarsa capacità attrattiva, impiego inefficace delle risorse naturali, culturali e umane. Acri è un paese che vive trecentosessantacinque giorni l’anno e bisognoso di servizi, lavoro e innovazione, un luogo in cui si dovrebbero sviluppare servizi per l’abitabilità adatti alle nostre peculiarità, e su cui investire facendone emergere anche le potenzialità di innovazione. Evidenti meccanismi, che hanno inciso continuativamente nel corso degli anni, si sono ripetuti ricorsivamente accumulandone gli effetti nefasti. Ne è scaturita un’ordinarietà che pone Acri sempre più ai margini. Il nostro agglomerato urbano ha subìto una separazione riconducibile sia alle politiche di accentramento, sia alle caratteristiche prettamente territoriali: l’accentuata distanza, i pessimi collegamenti, le caratteristiche morfologiche hanno creato una percezione comune di intrappolamento. Anche il distacco dei cittadini dalle istituzioni, che spesso si ascrive solo a qualunquismo, disinteresse o protesta più o meno consapevole, è, invece, indice di qualcosa di più grave: la radicale perdita di fiducia nella democrazia come veicolo di cambiamento e di emancipazione sociale è ormai dilagante. Il cittadino, distante, scollato dalla comunità in cui vive, lascia campo libero a un potere non vigilato, che predilige scelte a favore di interessi esterni. Dimentiche del mandato primo di cui è investito chiunque governi la “cosa pubblica”, le azioni governative locali mirano, piuttosto che al miglioramento costruttivo, al consenso facile di quella popolazione in sofferenza, e generano addirittura conflitti d’interesse, mettendo in pericolo con danni irreversibili la comunità intera, quella comunità che dovrebbero invece tutelare e migliorare. Un fare, questo, che cancella ogni possibilità di sviluppo. Appaiono chiare le intenzioni politiche, senza distinzione di partiti, che continuano a sostenere progetti disparati e che si manifestano propense agli eco-distretti, ai parchi eolici, ad un certo tipo di utilizzo dei fondi PNRR, appalti e subappalti; mentre noi, figli di un’eredità complessa e delicata, continuiamo ad assistere ad una marginalizzazione sempre più vistosa della nostra comunità, impotente nel suggellare quei diritti sociali, economici e culturali che il progresso civile dovrebbe garantire sempre. La crisi sociale generata dalla diminuzione demografica e da processi, in forte espansione, come l’invecchiamento della popolazione, mina il futuro dei giovani. Ancora non si è colto che i giovani non vogliono tutto, ma sono storditi dal troppo. Oggi, i nostri giovani intravedono troppe possibilità, illusorie, fumose, senza vedere, però, un futuro reale e concreto nella loro terra. Negli anni Settanta, i giovani potevano sognare e, inseguiti con tenacia e perseveranza, i loro sogni si avveravano: il loro presente si offriva carico di possibilità; per realizzare il proprio futuro bastava solo credere in se stessi e impegnarsi. Oggi domina il vuoto, insensato, pieno del peggior nulla. E la cronaca degli ultimi giorni ce lo ricorda, mettendoci davanti ai comportamenti di quella frangia di giovanissimi che ha dato seguito a baby-gang come quelle di “KB”, di San Giacomo e di Albanesi del centro cittadino. Di fronte a quanto di grave sta accadendo, la politica non può esimersi dal rispondere. E un post sui social, caro sindaco, non è certamente la risposta di cui ha bisogno oggi la comunità di Acri. Purtroppo, fallimenti, come l’attuale, scaturiscono sempre da sottovalutazioni e da disinteresse verso la realtà oggettiva. L’interesse volto a fornire alchimistiche quanto personali ricette salvifiche, oppure volto a riesumare mondi ormai scomparsi sull’onda di una malcelata nostalgia fine a se stessa, purtroppo, e, insistiamo, purtroppo, distrae dai fenomeni emergenti preoccupanti e ignora ogni possibile azione di sviluppo. |
PUBBLICATO 19/11/2024 | © Riproduzione Riservata

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