Un viaggio in bicicletta lontano “un mondo”. Dall’Australia alla Sila
Manuel Francesco Arena
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Arricchisco il mio album di incontri on the road con questa bella storia che voglio raccontarvi. E’ un venerdì di settembre dal sole luminoso. Noi siamo in due e raggiungiamo questo ciclista in zona Pinitello. Dà di spalle, sembra faticare molto.
Avvicinandomi vedo che è uno dei cicloturisti in viaggio sulla ciclovia. Lo saluto e gli chiedo dov’è diretto. Mi guarda strano e mi fa segno di non capire. “I from Australia” si spiega muovendo l’indice in aria. Australia? Che ci fa un australiano a pedalare in Calabria è la prima domanda che mi pongo? Per quello che mi è possibile, con il mio inglese ai limiti del ridicolo provo a parlottarci. Mi dice che si chiama Giovanni (pur non avendo legami con l’Italia) e racconta di avere affrontato un viaggio di ventiquattro ore d’aereo da Sidney a Roma prima di venire in Calabria. Quando gli chiedo come ha conosciuto la Calabria, mi dice che è stato girando su internet per curiosità. Facciamo volentieri un pezzo di strada insieme. Parla di canguri, di paesaggi che anche con l’immaginario sembrano lontanissimi, di deserti, di città luminose ed ancora dell’interno poco conosciuto di quel paese oceaniano agli antipodi del nostro: non per usare un eufemismo, letteralmente dall’altra parte del mondo. A volte non lo nascondo, io vado in tilt e perdo il filo: con l’inglese sono come Alberto Sordi in fondo. E’ da tempo che penso di approfondire questa lingua assieme allo spagnolo, ma per pigrizia poi accantono sempre l’idea e mi ritrovo al punto di partenza. Comunque riusciamo un minimo a conversare. Mi dice di essere affascinato dalla Sila “is most beautiful” e della mia Acri, anche se spiega che la salita che ha affrontato per arrivarci da Bisignano, è stata qualcosa di veramente “strong”. Al bar degli amici di Cupone dov’eravamo diretti inizialmente, lo invito con noi a prendere un caffè o qualcos’altro. Accetta volentieri. Per me l’ospitalità è tutto e come il ragazzo incontrato qualche anno fa proveniente dal Cile assieme a tanti altri, quando incontro una persona che viene in visita nei nostri luoghi da così lontano, omaggiarla con un caffè o una colazione penso sia un atto di benvenuto. Non penso sia solo generosità, ma credo che questa debba essere la normalità. La mia missione nel mio piccolo alla fine è sempre mostrare la parte ospitale della mia Calabria: una terra possibile, fatta di gente dal cuore grande e con le porte sempre aperte. Non come quei politici che parlano e parlano chiusi nei loro lussuosi palazzi. La vera politica così come la promozione di un luogo, si fa per le strade, per le piazze, per le città con semplici gesti di accoglienza e cordialità. Purtroppo sebbene fra poco qui inizi la campagna elettorale, è difficile trovare uno di questi famosi candidati in bici, nei boschi in escursione e su vecchie macchine che attraversano piccole campagne. Loro preferiscono stare nella propria zona confort con la visibilità che solo certi luoghi alla moda sanno regalare. Ci sediamo ad un tavolino sul terrazzo del bar. Il caffè come sempre è ottimo. Discutiamo ancora un altro po' delle meraviglie dell’Australia e della Sila. Lui deve raggiungere Lorica per poi continuare progressivamente fino a Reggio. Alla fine ci stringiamo la mano e gli auguro good lucky. Noi riprendiamo il viaggio di ritorno verso Acri. La strada, il lago, gli alberi e qualche mucca al pascolo. Tutto sembra in un continuo mutamento ed anche il vento sembra si stia pian piano preparando all’autunno. A proposito di strade ed Australia, mi viene in mente un libro di Bruce Chatwin lì ambientato, ovvero “Le vie dei canti”. In questo saggio lo scrittore e viaggiatore britannico, scrisse in parole povere che gli aborigeni contraddistinguevano i loro viaggi ed i loro percorsi tramite determinati canti. Mi domando chissà quale canto ha portato Giovanni e la sua bicicletta dall’Australia alla Calabria e chissà qual è il canto delle mie meravigliose strade silane che ogni volta mi portano su per poi guidarmi di nuovo a casa. Quello che so è che nella cuffia dalla mia playlist, tra il volo sospeso di una poiana e lo sfrigolio delle nostre ruote sull’asfalto, è uscita da poco la voce confortante di un Guccini d’annata che canta live “Piccola città”. Ancora vie. Ancora musiche. Ancora canti. Ancora immensità. Ancora campi di fieno ingiallito dal sole dell’estate. Ancora salite. Che non abbia mai fine la poesia. |
PUBBLICATO 06/09/2025 | © Riproduzione Riservata
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