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Rendiamoci parte attiva delle questioni che riguardano il nostro paese: diciamo la nostra il 17 aprile!

Foto © Acri In Rete
Francesco Roselli - Lucantonio Zanfino
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Si è giunti, sebbene in ritardo, alcentro della campagna referendaria relativa alle attuali piattaforme(petrolifere e non) presenti nei nostri mari. Si tratta di un tema delicato nonché complesso, pertanto è necessario si espongano i dovuti chiarimenti.
In cosa consiste il referendum? Il referendum prevede il termine delle concessioni nei riguardi delle attuali trivellazioni attive nei nostri mari. Riguarda tutte le piattaforme attive e presenti? No, il quesito riguarda solo le piattaforme attive situate entro 12 miglia dalla costa. L’attività di queste piattaforme, in caso di approvazione del referendum, verrà protratta fino alla scadenza dei contratti precedentemente stipulati (è inesatto affermare –come sta accadendo in questi ultimi giorni- che gente perderà il posto di lavoro); nel caso opposto ( vittoria del No o mancato raggiungimento del quorum)le trivellazioni proseguiranno fino all’esaurimento naturale del giacimento.
Questa è solo la traccia di un quesito che si estende e si ramifica, abbracciando innumerevoli e svariate sfere; è impensabile approfondire l’argomento circoscrivendolo in questo articolo, ma è possibile offrire  –per facilitare il tutto- alcuni spunti. Anzitutto è da chiarire che tali operazioni mettono a repentaglio la salubrità dei nostri mari, difatti –come ci dimostrano alcuni dati (raccolti da ISPRA, la quale ha realizzato monitoraggi nelle nostre acque) resi pubblici da Greenpeace- il livello di contaminazione va ben oltre i limiti di legge: “I sedimenti nei pressi delle piattaforme sono spesso molto contaminati. A seconda degli anni considerati, il 76% (2012), il 73,5% (2013) e il 79% (2014) delle piattaforme presenta sedimenti con contaminazione oltre i limiti fissati dalle norme comunitarie per almeno una sostanza pericolosa. Questi parametri sono oltre i limiti per almeno due sostanze nel 67% degli impianti nei campioni analizzati nel 2012, nel 71% nel 2013 e nel 67% nel 2014. Non sempre le piattaforme che presentano dati oltre le soglie confermano i livelli di contaminazione negli anni successivi, ma la percentuale di piattaforme con problemi di contaminazione ambientale è sempre costantemente elevata”. Va da sé come in quest’ottica il è uno strumento attraverso il quale è possibile ridurre parzialmente dei rischi ambientali in maniera diretta, ma potrebbe anche fungere indirettamente come “suggerimento” in prospettiva politica, in grado di accelerare  gli investimenti nell’ambito delle energie rinnovabili. E’ inoltre doveroso aggiungere che le piattaforme italiane rendono un apporto energetico proporzionalmente molto ridotto, in quanto le fonti che costituiscono più del 90% del nostro fabbisogno energetico provengono dall’estero. Detto ciò, un’ulteriore e rilevante considerazione deve accompagnare tale tematica: il riferimento è alle strategie di governo relative al piano energetico nazionale, effettivamente discutibili dato che ci sono anche stati dei notevoli passi indietro nell’ambito di politiche ambientali.  Espressi questi primi punti di discussione, la questione fondamentale resta un’altra: il raggiungimento del quorum (<la quota minima, calcolata numericamente oppure in percentuale, dei voti espressi o dei votanti, richiesta perché una delibera, una elezione, una consultazione referendaria, sia considerata valida>). E’ dunque evidente quanto sia necessario il contributo dell’ elettorato, chiamato in causa da ben 9 consigli regionali, tra i quali la Calabria. E’ importante precisare che la tematica non deve essere sterilmente ascritta a ragioni “di destra” o “di sinistra”, la dimostrazione di ciò la si evince semplicemente verificando come il suddetto quesito referendario sia stato promosso da regioni rappresentate da compagini politiche differenti tra loro. Ora, nonostante sussista chi caldeggi proseliti in favore di un insensato astensionismo, è indispensabile rendersi partecipi esercitando il nostro diritto al voto, la forma di libertà che ci permette di dire la nostra su una vicenda di assoluto rilievo. L’invito conseguente è di informarsi ed analizzare il tema, già definito complesso, e mettere in atto le proprie responsabilità civiche. E’ imprescindibilmente opportuno intervenire in circostanze che ci riguardano, concretizzando un dovere al quale erroneamente si attribuisce un’accezione di implicita inutilità. E’ dunque essenziale appellarsi alla propria coscienza e -Domenica 17 Aprile- rendersi partecipi, adeguarsi all’autentico ruolo di cittadini, perché si può adempiere ad una legittima funzione, perché ci si può sentire liberi: “Libertà è partecipazione”. 

PUBBLICATO 21/03/2016 | © Riproduzione Riservata





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