Opinione Letto 2503  |    Stampa articolo

"Riders on the storm".

Angelo Sposato
Foto © Acri In Rete
Sono il selvaggio nelle strade deserte/ e sto cercando un paese innocente/, ma questa terra è già troppo malata/ e cado a testa in giù. /Sono arrivato per vivere tutto/ sono arrivato ma non tornerei/ voglio pisciare sulle scarpe alla noia,/ corro fino al limite”, questa strofa di una canzone dei Litfiba del 1988 (Corri, Litfiba 3), ben custodita in una mia personale colonna sonora dell’adolescenza, mi è venuta in mente appena ho terminato la lettura de “L’insolita rumba” di Biagio Autieri.
La storia, ambientata nella periferia milanese di case popolari, disagio, schianto della vita, è quella di alcuni ragazzi dei “muretti” metropolitani che formano un gruppo musicale di genere neomelodico napoletano. Apparentemente questa musica sembra distante dai generi che normalmente vengono associati alle periferie delle città, vedi il punk o il rap. Ma Biagio, conoscitore dell’ambiente edge of town, sa benissimo che il neomelodico napoletano è da anni molto frequentato dai tanti giovani cresciuti in questi luoghi. Ne trovo conferma nella mia personale esperienza degli anni romani, dove ho avuto il piacere di conoscere e frequentare persone di quartieri come Tor Bella Monaca, nel quale gli adolescenti, e non solo, ascoltano questo tipo di musica che, a sua volta, diventa colonna sonora della loro vita e del loro disastro e disagio. Di solito questi ragazzi non sono molto istruiti ed è più semplice per loro l’ascolto di una canzone di Gianni Celeste e non di Fabrizio De Andrè. Non sono attratti dai riff dei Led Zeppelin, ma più facilmente dalle storie d’amore banalizzate nei testi di Gigi D’Alessio.
Mi sembra di vederli Totò e gli altri, di vederli come i pischelli di San Lorenzo a Roma che bazzicano tra via degli Equi e via dei Volsci, che “c’hanno sempre il fumo bbono” o che ti chiedono “Bella zzì, che c’hai ‘na sigaretta” e che se ti conoscono t’offrono pure due tiri al cannone. Quei pischelli che poi li vedi correre con uno sbirro dietro, che poi finiscono a Regina Coeli e poi le fidanzatine come la Vale vanno dal Gianicolo a gridargli “Ti amo”.
L’insolita rumba” scorre nella lettura con la sua narrazione in soggettiva, ma quello che più ho amato è il fatto che Totò, Ciccio, Fredo, Samir, la Vale e Michela, dopo aver formato il gruppo, in esso non hanno trovato o voluto l’unica consolazione a quella quotidianità tra i palazzoni di periferia, ma la loro tempesta è proseguita, li ha inondati fino all’anima, gli è arrivata alla gola, fino a portarli a scappare, a prendere il treno ed andar via credendo nelle loro possibilità, e per assurdo, come in un’Italia capovolta, scappano verso il sud, verso Napoli e non solo per una questione di opportunità per il loro genere musicale. Quando incontrerete questo “racconto neomelodico” in libreria compratelo, in esso c’è anche una Milano fuori dai clichè della nebbia e da bere, c’è una città che la vedi sprofondare nelle parole dei ragazzi protagonisti, una Milano livida, cianotica, senza fiato come quando uno dei ragazzi di questi quartieri di periferia scappa dagli sbirri.


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PUBBLICATO 02/11/2008

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