OPINIONE Letto 2743  |    Stampa articolo

Forza Acri, forza Salieri… forza Messi, forza Siffredi?

Fabio De Marco
Foto © Acri In Rete
Il calcio è la sola religione del mondo che ho intorno. E’ questa parte del testo “Come stai” di Brunori SAS che, ormai, non è più un segreto per nessuno.
E mentre i mercati finanziari pongono gli Stati con le spalle al muro, la crisi del debito italiano ruba il giocattolo berlusconiano alle opposizioni, la gente non sa come sbarcare il lunario e si chiede come mai siano gli Stati a dover (ri)conquistare la fiducia dei mercati finanziari e non viceversa, le feste consacrate sono finalmente finite ma ancora una volta il corpo ed il sangue sono transustanziati e distribuiti in maniera iniqua, il calcio è un argomento onnipresente a qualsiasi ora in qualunque interstizio di Acri.
Il calcio non è un gioco, è una discussione alienante che non dà tregua e non conosce crisi. I giornali sportivi, in relazione alla scelta individuale, sono ancora i più venduti e le partite - mi dicono - sono sempre molto frequentate nonostante il rincaro del prezzo del biglietto. Il calcio è la droga legale più diffusa.
Niente di nuovo o da ridire. Ognuno ha le sue passioni, più o meno tristi.
Quello che ho sempre immaginato, però, è una rivoluzione immediata e permanente se solo la gente avesse la passione per la politica quanto per il calcio.
Quello che non ho mai capito è l’entusiasmo e l’adrenalina per un goal segnato o mancato da altri, guardato in televisione. Ho sempre visto in questo qualcosa di perverso, come in un qualsiasi misto di passione e di piacere che si rispetti.
Se paragoniamo il calcio ad un film hard, infatti, lo spettatore/tifoso dovrebbe concentrarsi sull’oggetto del desiderio una bionda/il pallone e trarne piacere, magari isolandolo dal contesto o, piuttosto, immedesimarsi nel ruolo dell’attore/calciatore? Ovviamente dipende dai gusti. I più borderline, magari, godranno a complimentarsi con il regista/allenatore! Certo è che tra fare l’amore e guardare l’amore, personalmente, preferisco il primo. Credo che anche per il calcio dovrebbe funzionare così, ma questa è la mia opinione. Quella di Debord era invece un’infelice lettura della società in cui ci muoviamo, dove “tutto ciò che era direttamente vissuto si è allontanato in una rappresentazione”.

PUBBLICATO 13/01/2012

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