OPINIONE Letto 3909  |    Stampa articolo

La malinconica ironia di una triste realtà

Gianluca Garotto
Foto © Acri In Rete
Una legge non scritta, solo in politica però, consiglia di dubitare più degli amici che dei rivali. Se fossi un dirigente o un semplice militante di un partito politico, stamperei questa frase e l'appenderei al muro al posto della foto del presidente della Repubblica.
Il perché di questa frase è presto detto. Il 20 Aprile, in consiglio comunale, il sindaco Gino Trematerra, affronterà, finalmente, al cospetto di tutta la comunità, l'annosa questione dell' incompatibilità tra la carica di sindaco e quella di europarlamentare, già, peraltro, messa in discussione con la presentazione del ricorso in Corte d'Appello.
Finalmente… Mai avverbio è stato tanto atteso per una comunità che per lungo tempo è stata lasciata, come una barca, in balia delle onde, senza sapere se il primo cittadino fosse rimasto al timone oppure avesse optato per un porto "franco" molto più sicuro. Osservando la circostanza politica nella quale si trova oggi Acri, mi sembra di rivedere il film del maestro Ettore Scola, "C'eravamo tanto amati", nel quale viene raffigurato uno spaccato d'Italia dove si incontrano diversi protagonisti a varie riprese, rievocando, speranze deluse, ideali traditi, rivoluzioni mancate.
Il parallelismo col film appena citato e la realtà che viviamo e che continueremo a vivere è stringente e, nello stesso tempo, mortificante, dal momento che chi sarà chiamato a prender il posto del dimissionario sindaco, non avrà quella legittimità politica derivante da una tornata elettorale e, soprattutto, dopo una campagna elettorale che aveva come slogan una frase che molti sostenitori hanno portato in giro, "lui è l'unico che potrà portare il paese fuori da questo isolamento".
La mia mente e il mio stato di essere "pensante" ha sempre rigettato questo tipo di "qualità", che nulla hanno a che fare col vissuto che ci circonda, e una riflessione, ahimè molto amara, ha iniziato a circolare nei miei pensieri facendomi riflettere, allora "io, che non ho conoscenze di nessun genere, avrò mai la opportunità di poter realizzare qualcosa per questo amato e isolato paese?"
Sono passati 730 giorni dalla proclamazione a sindaco e venerdì ci dovrebbe essere l'atto finale col passaggio delle consegne.
La domanda che la collettività si sta ponendo è questa, ma pecchì un s'è dimess prima? (come mai ha aspettato così tanto?) Una gestione più responsabile avrebbe, quantomeno, informato i cittadini su ciò che stava accadendo e sulle decisioni adottate.
Il voler mantener questo stato di cose, con siffatto avvicendamento, partorirà un perdurante malcontento tra coloro che hanno creduto di assistere ad una nuova primavera politica, ma hanno solo assistito all'ennesimo teatrino della politica, ragion per cui dovremmo aspettare altri 395 giorni per poter "scorger", nel proprio ufficio, il nuovo primo cittadino.
Molti sono i problemi che attanagliano questo territorio e la mancanza di un referente politico, che avrebbe "portato" Acri fuori da questo atavico isolamento, legittimato da un risultato elettorale schiacciante, nella realtà delle cose, non lo ha visto realizzato! Né potrà il "figliol prodigo" disporre della bacchetta magica, per risolvere, in meno di un anno, le problematiche di un territorio che sta lentamente morendo, sotto i colpi di un "disboscamento" umano.
Questa "trasmittanza" che si genererà non è frutto di una legittimità politica, ma di un calcolo matematico.
Le risposte, forse, le conosceremo tra 48 ore...
Eleanor Roosevelt asseriva: "il futuro appartiene a coloro che credono nella bellezza dei propri sogni…"

PUBBLICATO 19/04/2012

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