OPINIONE Letto 4679  |    Stampa articolo

A proposito dell’autostrada Salerno - Reggio Calabria

Foto © Acri In Rete
Michele Spezzano
Il can-can di stampa e TV per la riapertura del viadotto Italia della SA-RC, con l’intervento di Ministri, Sottosegretari, Deputati e Presidenti vari, mi ha fatto venire in mente il “bonus” ai pensionati, che verrà elargito nel mese di agosto, contrabbandando come una sorta di regalo la semplice restituzione di una minima parte degli importi dovuti in seguito alla nota sentenza della Corte Costituzionale: in entrambi i casi, mi pare di poter dire che si tenta di rendere festoso un grave insuccesso, per non dire un fatto vergognoso assai. 
Con l’occasione, consentitemi di togliermi un macigno che da troppo tempo mi porto nella scarpa.
Credo fermamente che la scelta di dare corso ai lavori di ammodernamento della Salerno - Reggio Calabria, in particolare al  tratto compreso tra Sala Consilina e Reggio Calabria, sia stata una vera iattura per la Calabria e per tutti gli Italiani: la Calabria è tornata a soffrire di isolamento, perchè da quando sono iniziati i lavori ogni viaggio è diventato un'impresa; gli Italiani hanno dovuto e ancora devono, invece, sopportare i costi immani di un'opera – a mio modesto avviso - assurda, lampante esempio di come possa sperperarsi il denaro pubblico.
Già quando negli anni sessanta l'autostrada SA-RC venne realizzata, la scelta di valicare l'Appennino Calabro-Lucano, raggiungendo la considerevole quota di m. 1.015 s.l.m. del valico di Campotenese, incontrò vasto dissenso tra i più, e trovò, tuttavia, una qualche giustificazione politico-sociale nella necessità di fornire una opportunità di sviluppo ai territori interni (oltre che, come i maligni all’epoca sostenevano, quella di servire adeguatamente la città di Cosenza, patria del Ministro, On.le Giacomo Mancini, nonché mia città natale). Ebbene, evitata in tal modo la penalizzazione delle aree interne e favorita adeguatamente la città di Cosenza - rimasta nel frattempo, peraltro, ahimè,  senza ministri e ministeri - la scelta di ammodernamento del tracciato, successivamente effettuata, rimane priva di senso e di giustificazione.
Se è vero che la Salerno - Reggio Calabria non presentava più le caratteristiche necessarie per essere catalogata “autostrada”, sarebbe bastato un semplice provvedimento di declassificazione  per risolvere il problema; al costo di un foglio di carta e di qualche fotocopia, avremmo pur sempre potuto percorrere una strada a scorrimento veloce, dotata di doppie corsie e di spartitraffico centrale, abbisognevole semplicemente della ordinaria manutenzione, a cui tutte le strade avrebbero diritto, più che sufficiente per sopportare lo scarso traffico di veicoli che abitualmente ospita, Si preferì, invece, organizzare una sorta di mobilitazione generale, portata avanti per anni da tutte le forze politiche e sociali, supportata acriticamente, come non mai, da stampa e TV, per riuscire a portare a casa i finanziamenti senza limite necessari a rammodernare l’autostrada esistente, caratterizzata dalla presenza di centinaia di viadotti e gallerie, da innumerevoli cavalcavia e soprattutto realizzata in alcuni tratti su terreni instabili, come tali soggetti a frane e smottamenti.
A proposito di frane, direbbe non ricordo chi, “una domanda nasce spontanea”: possibile che un tratto autostradale della lunghezza di qualche centinaio di metri, sito nei pressi di Lagonegro, non vide mai la luce, nel senso che vi è sempre stata una interruzione, che definirei congenita, innata, originaria, dovuta alla natura instabile del terreno circostante, mentre ora, improvvisamente, sia stato sufficiente traslare di qualche decina di metri il vecchio percorso per aggirare ogni difficoltà ed ostacolo? Non lo si sarebbe potuto fare prima, nei trascorsi quaranta anni,?
Nessuno, purtroppo, ha avuto sentore che sarebbe stato molto meglio costruirla ex novo una autostrada, sopportando la metà dei costi necessari all’ammodernamento della vecchia, e magari lungo la fascia ionica, in modo da avere anche una alternativa alla famigerata SS 106, sulla quale pure si stanno buttando soldi da una ventina di anni, con scarsi risultati - del resto da una nazione fondata sullo sperpero del pubblico denaro, che non si spende se non si sperpera, non potevamo pretendere che volesse prendere addirittura due piccioni con una sola fava -.
Una unica piccola soddisfazione l’ho avuta soltanto nel dicembre 2013, quando lo stesso Pietro Ciucci, Presidente nell’ANAS recentemente dimissionato, in una fugace intervista ebbe a dichiarare che la scelta dell’ammodernamento del tracciato esistente, alla quale egli era estraneo, aveva comportato una ingente lievitazione dei costi e dei tempi di esecuzione dei lavori.
Ebbene, con i soldi dell’ammodernamento del tracciato esistente, di nuove autostrade avremmo potuto benissimo realizzarne due o tre, stante gli esorbitanti costi di esecuzione dei lavori, dovuti alle particolari caratteristiche orografiche ed altimetriche del tracciato, alle ingenti spese di demolizione delle vecchie opere, oltre che alla necessità di organizzare i lavori salvaguardando in qualche modo anche la circolazione. Per non parlare poi dei costi sociali ed economici che da venti anni il nostro Bel Paese - a dire il vero, non so se ce ne sia ancora rimasto perché i topi da anni ne divorano indisturbati in grande quantità - sta sopportando, per l’isolamento nel quale sono ripiombate la Calabria e la Sicilia a causa delle innumerevoli e interminabili interruzioni che i lavori di ammodernamento dell’autostrada comportano (basti pensare che, nonostante il traffico sia decisamente scarso, nei lunghi tratti nei quali le auto sono costrette a transitare in doppio senso di circolazione, ed ancor più quando vengono imposti percorsi alternativi lungo vecchie strade statali e provinciali, si verificano quotidianamente rallentamenti e code, che diventano interminabili nei giorni di esodo, pochi ormai, in verità).
Mi viene in mente la pubblicità di una nota compagnia di trasporto marittimo in cui il bambino non vuole andare in vacanza in Calabria per evitare di percorrere la SA-RC e la mamma lo tranquillizza dicendogli che da Napoli, o forse Salerno, avrebbero preso il traghetto ed aggirato l’ostacolo. E mi viene in mente anche Antonello Vendittti, quando si attirò addosso l’ira di tutti i calabresi per aver detto che se Dio non avesse creato la Calabria sarebbe stato meglio; avrebbe potuto salvarsi, e lo avremmo certamente perdonato, forse, se solo avesse dichiarato che quella frase gli era stata estorta dal viaggio autostradale verso la Sicilia, nel quale l’attraversamento della Calabria, oltre che dello Stretto, lo aveva esasperato e distrutto.
Anch’io, del resto, per trovare comprensione nei riguardi del mio sproloquio, potrei dire che sto scrivendo ancora sotto l’effetto del crollo, con perdita della vita umana di un giovane romeno, di una delle campate del viadotto Italia (che per anni detenne il record di viadotto più alto o più lungo d’Europa, non ricordo bene, ma che certamente sarà una ardua, lunga e costosa impresa rifare), che fino all’altro ieri ci ha costretto ad un lungo e tortuoso percorso alternativo locale, imponendo  addirittura agli autotrasportatori l’attraversamento su viabilità ordinaria di un paio di province calabro-lucane, una specie di tappone dolomitico del Giro d’Italia.
In termini di spesa, per l’infausto intervento sulla SA-RC, credo siano stati spesi finora circa sedici miliardi di Euro (fortunatamente non dobbiamo più dire trentaduemila miliardi di vecchie Lire, cifra mozzafiato), dei quali la maggior parte proprio nel tratto di nostro interesse, con lo strabiliante risultato di poter ora disporre di corsie per il traffico leggermente più larghe delle precedenti, sempre con innevamento garantito nei mesi invernali, nonchè di una modesta corsia di emergenza. Non è gran cosa - ed a mio avviso, il gioco non valeva la candela – ma ciò che taglia la testa al toro sulla inutilità dell’opera, o quantomeno sulla sua inefficacia, è il dover amaramente constatare che, anche in molti tratti in cui i lavori sono stati completati, sono immediatamente spuntati come funghi i segnali che impongono limiti di velocità ben inferiori ai canonici 130 Km/h autostradali e spesso inferiori anche ai limiti di velocità preesistenti ai lavori di ammodernamento.

Volutamente, per non dilungarmi oltremisura e perché questi sono già stati e continuano ad essere oggetto di continue attenzioni, ho omesso di parlare degli aspetti criminalistici insiti nell’argomento. Che dire? Ancora una volta  e sempre, W l’Italia!         

PUBBLICATO 27/07/2015





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