RELIGIONE Letto 1060

L'arte: vocazione e missione


Foto © Acri In Rete



Sulla facciata esterna del teatro Massimo di Palermo è scolpita la seguente frase: “L’arte rinnova i popoli e ne rivela la vita. Vano delle scene il diletto ove non miri a preparar l’avvenire”; l’arte, intesa nelle sue molteplici forme: scultura, teatro, pittura, poesia, architettura, scrittura, cinema, danza, designer, grafica. Essa – secondo la citata frase – è lievito di nuova linfa, manifestazione di progetti da realizzare; parallelamente, è anche responsabilità verso la storia futura (quasi tutta da scrivere ancora!).
L’architrave, così adorno, domina la porta di ingresso del teatro siciliano; esso interpellava l’uomo che entrava in quel luogo alla ricerca di relax, divertimento, per certi versi anche stordimento. La frase risulta, però, anche abbastanza provocatoria! Sappiamo che ogni forma di arte nasconde un messaggio, un invito, una riflessione; nelle tragedie greche il coro – che rimane sempre in secondo piano rispetto ai personaggi principali – fa emergere la verità dei fatti, interpella alla catarsi.
Ogni forma d’arte, se viene ben accolta, provoca dei moti interiori (meditativi o di conversione).
L’epigrafe del teatro Massimo vuole spronare il lettore, affinché egli – nel suo operato – produca un frutto genuino (per se medesimo, a vantaggio degli altri, per il bene comune, per la società, per il globo intero). Essa indirizza l’uomo, amante della bellezza e cercatore della verità, sui sentieri della buona semina, verso la costruzione di una civitas caritatis.
Tutti gli uomini, poiché persone libere e dotate di ragione, sono chiamati a responsabilità – e verso la casa comune e nei confronti della storia da costruire.
Il Papa l’ha scritto in svariati suoi pronunciamenti magisteriali, pensiero che possiamo sintetizzare nell’espressione: «Il tempo è superiore allo spazio», presente in tutti i suoi più importanti scritti indirizzati alla Chiesa universale: Lumen fidei (n. 57) Evangelii gaudium (nn. 222.223), Laudato si’ (n. 178), Amoris laetitia (nn. 3.261). Il papa invita ogni uomo di buona volontà a generare processi, piuttosto che occupare spazi (di potere o di prestigio), ad operare per l’edificazione di un mondo sostenibile (per noi e per le generazioni future), a spendersi per i valori (umani e cristiani).
Anche noi possiamo chiederci: ciò a cui tengo e per il quale sto tanto faticando oggi, gioverà alla Terra, all’umanità nel tempo presente ed in quello futuro? Mi sto adoperando in vista della preparazione dell’avvenire? Sto custodendo le meraviglie che ho ereditato da chi mi ha preceduto? Sto avviando processi di sviluppo sostenibile? Sto coltivando una visione sempre più globale ed universale della mia vita e di ciò che sperimento e che mi circonda?
Ho colto la seguente frase in un telegiornale della scorsa settimana: «L’arte costruisce ponti» (Yevhen Lavrenchuk, regista ucraino); essa può diventare un augurio che ci scambiamo! Non solo pensando alle tragiche vicende dell’Est europeo, ma rimanendo anche coi piedi saldi nel piccolo pezzo di Terra che ci è stato affidato, affinché lo coltiviamo e custodiamo (cfr Gen 1,26-28), nell’impegno e nella pace, nella perseveranza e nella gioia, nella speranza e nella gratitudine.

PUBBLICATO 10/03/2022  |  © Riproduzione Riservata

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