RELIGIONE Letto 1027

Ultimo insegnamento di Gesù


Foto © Acri In Rete



Matteo 25,31 “venite, Benedetti... ebbi fame – sete – nudo – in carcere e siete venuti a visitarmi..” 41 “andate via.. ho avuto fame – sete – nudo – in carcere e non siete venuti a trovarmi”. Questo testo è riportato solo da Matteo e racchiude l’ultimo insegnamento di Gesù, poco prima della condanna. Le parole rivelano forza particolare: “comportamento che consente accoglienza dove la vita è possibile”. Non si tratta di buono atteggiamento verso Dio, ma di buono atteggiamento verso il tuo simile. In altre parole: prevale l’atteggiamento verso il bisognoso e sofferente. Tutta la vita terrena di Gesù ha tenuto questa direzione. Chi è profondamente umano incontra Dio. Chi si spiritualizza senza umanizzarsi non incontrerà Dio. Dio non ti aspetta alla porta del Tempio, ti attende accanto al bisognoso. Ti aspetta perfino nella tenda di Caino.
La parabola verte sull’importanza di essere umani: Dio fatto Uomo, chiede conto all’uomo sul comportamento verso il suo simile, non verso Dio che non vede, verso il simile che vede. “Porrà le pecore alla sua destra, i capri alla sinistra”. La divisione è per la mungitura, il lato sinistro è negativo, quello destro positivo (cultura semitica).
Leggiamo nel Talmud: “Tutte le tue azioni sono scritte in un libro”. Gesù non ha bisogno di consultare questo libro, conosce già coloro che hanno amato e coloro che non hanno amato. Solo colui che ha orientato la propria vita al bene degli altri è persona “splendida”. Quindi ciò che consente avere la vita eterna, non è il comportamento religioso, è il comportamento umano. Chi allevia la sofferenza è chiaramente “beato”, non eroe, è vissuto bene nel quotidiano. La grande novità “buon comportamento verso l’altro” = dare da mangiare, da bere, accogliere, vestire, assistere il malato. Si tratta dei diritti dell’uomo da compiere e da ricevere. “Apri generosamente la mano a tuo fratello bisognoso” (Dt 15,11).
“Carcerato e siete venuti..”. Ultima azione nell’elenco. Il carcerato giustamente punito era in anticamera della morte e non suscitava pietà. La condanna era deterrente per gli altri. I giorni della sussistenza erano assicurati dalla famiglia. Il buono atteggiamento verso i carcerati è novità voluta da Cristo.
I fratelli di Gesù: quelli che fanno la volontà del Padre: discepoli, bisognosi, carcerati. Tutto ciò che si fa per costoro, Gesù lo ritiene fatto a se stesso. Non si tratta di vedere Cristo nel povero. Il povero va aiutato perché bisognoso, non per presunta somiglianza col Signore. Coloro che hanno fatto del bene ai bisognosi, non l’hanno fatto al Signore, l’hanno fatto al bisognoso. Il credente non è chiamato ad amare gli altri per Gesù, è chiamato ad amare con Gesù come Gesù. Non si ama per acquistare meriti perché nell’altro si scorge Gesù: si ama con la forza che Gesù ti comunica. E’ un servizio che fa scoprire all’altro dignità e libertà.
Unica volta in cui Matteo usa la parola “Maledetti”. La maledizione non proviene da Dio, Dio può solo benedire: chi si nega agli altri si maledice da sé stesso. Chi è sordo e cieco ai bisogni del fratello è come se lo uccidesse. Coloro che si negano sono persone non cresciute, sono rimasti infantili. Maledetti = non si sono aperti alla vita, mortificano il progetto del Creatore. A chi produce vita, il Signore regala vita; chi non dà non produce nulla e non riceve nulla.
I maledetti contestano il rimprovero “Quando mai…” fanno il riassunto della situazione del povero, rovesciano l’affermazione dei giusti. Gli esclusi credono di aver servito Dio con le pratiche religiose. Hanno servito Dio, non il prossimo, Ma il Signore avverte “Sono venuto non per essere servito, per servire”.
“Punizione” viene da “mutilare”. Non viene dal Signore, non è castigo inflitto da Dio. E’ vita mutilata, vita fallita.
Una storiella significativa di sapore Indiano. Un monaco Buddista ha costruito la sua capanna in prossimità del Santuario. I passanti lo vedono in preghiera e proseguono il cammino. Poco oltre una capanna abitata da una donna con due bambini. Moltissimi uomini entrano ed escono dalla casa della donna. Il monaco vede tutto: quando un cliente esce prende una pietra e la deposita nel mucchio vicino alla capanna. In breve nei dintorni non ci sono più pietre e il mucchio è grande.
Il monaco chiama la donna e le dice “giorno e notte pecchi, quando muori, dove speri di andare?” La donna torcendosi le mani, esclama “Dio mio, salvami dai miei peccati”. Ma il mucchio continuò a crescere. Il monaco chiama la donna: “hai continuato nelle cattive azioni, guarda le pietre”. La donna torcendosi le mani: “Oh Dio, liberami dai miei peccati”. Dio ebbe pietà della donna e la toglie dal mondo. Nella stessa notte morì il monaco. Gli Angeli trascinarono il monaco all’inferno, la donna al cospetto di Visnù. Il monaco si lamentò con gli Angeli: “Perché questo trattamento diverso?” Gli Angeli risposero: “La tua vita è stata uno spettacolo falso. Quella che Tu chiamavi peccatrice è anima pura e la portiamo alla presenza di Dio. Tu t’impicciavi della sua impurità che ora cade su di Te, la donna non aveva altri mezzi per vivere e far vivere i figli”.
Contare i peccati altrui, significa ignorare i propri e non è giusto. Ciascuno deve tenere puro il proprio cuore e deve guardare con occhio gentile le colpe altrui e condannare le proprie.

PUBBLICATO 06/02/2023  |  © Riproduzione Riservata

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