Chiunque dal centro abitato di San Demetrio Corone voglia raggiungere il camposanto, a meno che non voglia fare una decina di chilometri, è costretto a percorrere la strada detta Gliumarino e oltrepassare l’omonimo torrente da cui prende il nome. Oggi il piccolo corso d’acqua è stato, per un certo tratto, interrato e qualcuno, forse, ne ignora l’esistenza.
Eppure esso è ancora lì che continua a scorrere e a dividere, come un piccolo Acheronte, la città dei vivi da quella dei morti,laluce dalle tenebre, metafora di una zona grigia, ibrida, dove si fondono fede e ragione. È proprio in questa dimensione «sospesa» tra l’aldiquà e l’aldilà che si sviluppano le otto storie da brivido, che Giovanni Serra ha raccolto in un prezioso e splendido volume, da poco in libreria, intitolato Arcano Sandemetrese.
Tra cronaca e mito, aspetti di una cultura perduta(pp. 221, Euro 15,00), disponibile su Amazon o nella Cartolibreria Fusaro (a San Demetrio Corone). Docente di lingua e letteratura francese nel locale liceo e in altri istituti superiori, fin da giovanissimo, il professor Serra è stato un appassionato di storia locale, soprattutto di quella tramandata oralmente, specie quando la televisione non c’era e le sere si era soliti trascorrerle attorno al caminetto, ascoltando i racconti dei più grandi.
Erano racconti, questi, spesso misteriosi, che, certamente, avranno acceso la fantasia dell’allora giovanissimo autore. Viene quasi spontaneo raffigurarselo da bambino, mentre i suoi occhi diventano lucidi per la paura mista all’attrazione.
Col tempo, Giovanni Serra ha unito a questo interesse quello per l’esoterismo e le scienze occulte e chiunque lo abbia frequentato o, come chi scrive, abbia avuto la rara fortuna di averlo come insegnante, sa quanto ampie siano le sue conoscenze tanto quanto appassionanti e ipnotici i suoi racconti. Tutto frutto di un sincero e disinteressato amore per la cultura del suo paese natìo: conoscenze delle quali non ha mai fatto sfoggio, mantenendo sempre un aplomb dimesso.
Gli otto racconti selezionati per questo libro, tratti da fatti di cronaca realmente accaduti tra il 1880 e i giorni d’oggi, sono tutti legati da un filo rosso, o meglio nero, dato dalla loro inspiegabilità. Essi, infatti, sembrano interrompere, a un certo punto, il loro evolversi naturale, razionale, per essere come mosse dall’invisibile mano di forze occulte, misteriose, soprannaturali.
Forze che è come se aleggiassero sopra di noi e, se incautamente chiamate in causa, o volutamente scatenate, possono manifestarsi terribilmente.Come nel caso del piccio, il malocchio, la fascinazione, e i rituali, segretamente tramandati, per opporvisi, ovvero la sfascinazione (lo «sfascino»).
È proprio assumendo per certa la credenza in queste forze (non tanto la loro presunta esistenza) che Serra riesce a mettere in ordine le tessere del suo enigmatico mosaico e a ricercare quelle mancanti, attraverso la memoria, sollecitando racconti, stuzzicando la discrezione di vecchi custodi di segreti, cercando tra gli album e i dipinti di famiglia, nondimeno riesumando cadaveri, casualmente sì... ma fino a un certo punto. Un vero indagatore dell’occulto.
È solo così che queste storie trovano un senso, magari non per forza vero, ma comunque verosimile, plausibile. A cominciare dal misterioso delitto Strigari, rimasto senza colpevoli, nel quale ci sono tutti gli ingredienti del giallo d’autore, dal presunto movente per denaro o passionale, al romanzesco capitano dei carabinieri inviato dalla procura di Rossano, brillante quanto anziano: un commissario Maigret ante litteram (siamo nel 1880), che fuma il Toscano (e non la pipa) ed è un paziente osservatore e ascoltatore, in grado di intuire la natura psicologica dei vari sospettati. E poi c’è Ulkonja, ovvero «La Lupa», forse il personaggio più affascinante di tutto il libro. Vissuta tra il XIX e il XX secolo, non era una fiera ma un’orfana proveniente da un imprecisato paesino lucano, che era stata accolta a San Demetrio.
Donna di vivace intelligenza e molto moderna per i suoi tempi, aveva spiccati interessi umanistici, per le lettere classiche e per la filosofia, che spesso era solita approfondire coi più giovani convittori del Collegio di Sant’Adriano, in congressi serali e notturni. Le malelingue dicevano su questa donna tante cose, che fosse una lussuriosa iniziatrice ai piaceri carnali dei suoi giovani frequentatori, certo, ma soprattutto che fosse una potente fattucchiera, una «magara»,in grado di preparare filtri, guarire mali, ma anche causare dolori, grazie al suo sguardo penetrante e a un potente, quanto macabro, talismano che portava sempre con sé.
Il viaggio prosegue tra stregoneria, negromanzia, arti divinatorie, e strani e inquietanti personaggi, come il Viteritto, un ottuagenario che di giorno arrancava col suo bastone, ma di notte ritrovava la virilità dei tempi migliori, tanto da riuscire a possedere e condurre al piacere giovani e procaci fanciulle.
Il vegliardo scomparve improvvisamente dal paese, salvo poi apparire qualche anno dopo, a notte fonda, nel giorno della Candelora, preceduto da una capra e diretto verso Gliumarino (sempre lì!), intento forse a celebrare qualche rituale pagano.
Alcuni nomi di queste storie sono stati cambiati, per non suscitare la sensibilità degli interessati o dei parenti più prossimi; di altri, invece, i fatti sono più circostanziati. È questo, ad esempio, il caso di una possessione demoniaca con conseguente esorcismo, che capitò a una giovane sposa sandemetrese.
Conclusosi positivamente, questo fatto travalicò i confini locali, al punto che, come si può vedere in questo video ripescato nelle Teche Rai, se ne interessò anche il regista Luigi Comencini, intervistando la protagonista e il marito in una puntata della sua inchiesta «L’amore in Italia».
Tutto il libro è scritto in maniera impeccabile, con grande maestria letteraria.
È praticamente impossibile non restarne affascinati e la lettura può essere ampiamente apprezzata, grazie a un esaustivo e puntuale apparato di note, anche da chi non ha la più pallida idea di dove si trovi San Demetrio Corone.
Che si sia scettici, razionalistici, superstiziosi o religiosi, al termine del libro sarà difficile non concordare con una frase tratta dal film Suspiria di Dario Argento, ovvero che la magia è quoddam ubique, quoddamsemper, quoddam ab omnibus creditum est, ossia che la magia è quella cosa che ovunque, sempre e da tutti è creduta.