Il Consiglio Comunale indetto per mercoledì 10 divembre, poitrebbe essere illegittimo. Una brutta tegola potrebbe abbattersi sulla maggioranza di centro sinistra destra e sul presidente del consiglio comunale, Raffaele Morrone. All’indomani del Provvedimento del Tar, che ha dato ragione alla consigliera Franca Sposato, già maggioranza oggi Indipendente, che chiedeva il riconoscimento del Gruppo consigliare, gli 8 consiglieri di opposizione hanno interpellato docenti universitari e professionisti della materia riguardo la leggitimità o meno della convocazione dell’assise per mercoledì 10 dicembre. Di seguito pubblichiamo una sintesi del Parere dei professionisti incaricati dalla Minoranza. “In relazione alla vicenda sottesa agli sviluppi esecutivi della Sentenza del Tar Calabria, sez. I, n. 1621 del 2025 ed alla relativa produzione di eventuali atti amministrativi in contrasto con essa prodotti dal Comune di Acri, si evidenzia quanto segue. Quanto al diniego prot. 32888 del 03.12.2025 del Presidente del Consiglio Comunale di Acri relegato alla proposizione dell’Appello al Consiglio di Stato avverso la Sentenza n. 1621/2025, tale provvedimento di dinego risulta essere, prima facie, del tutto ingiustificato. La Sentenza del Tar Calabria ha carattere esecutivo e le prescrizioni in essa contenute sono del tutto vincolanti. Solo un eventuale sospensione del provvedimento giurisprudenziale in sede di Appello, di cui non vi è traccia, potrebbe aprire riflessioni differenti rispetto allo stato attuale. Parimenti, risulta ampiamente condivisibile e giustificabile l’istanza dell’Avv. Sposato proposta con i consiglieri di minoranza, rappresentando atto di impulso (peraltro neppure necessario) al fine di ottenere un adeguamento dell’Ente alle indicazioni vincolanti del Tar. Infatti il Tar ha annullato tutti gli atti gravati riconoscendone la loro inidoneità nella produzione degli effetti e, contestualmente, ha acclarato la possibilità ad oggi negata all’istante…..Il diniego del Presidente del Consiglio è, pertanto, illegittimo sotto i plurimi profili dell’eccesso di potere e della violazione di legge. Peraltro è posto in fermo contrasto con la Sentenza del Tar e suscettibile di dichiarazione di inefficacia da pare del Giudice Amministrativo in sede di ottemperanza. Ancora. Il diniego si appalesa illegittimo nella misura in cui viene impedito ai Consiglieri di minoranza di richiedere ed ottenere la convocazione del Consesso deliberativo di modo imperativo e unilaterale, in distorsione dei basilari principi della relazione democratica. Quanto alla convocazione relativa al Consiglio Comunale del 10.12.2025 si evidenzia come tale convocazione ed il relativo Consiglio siano affetti da illegittimità anche in via derivata. La mancanza di adeguamento dell’Ente alle prescrizioni del Tar impedisce il regolare svolgimento del Consesso Deliberante. Le Commissioni devono riflettere la composizione delle forze presenti in Consiglio secondo il criterio di proporzionalità e la partecipazione ai Gruppi consiliari consente di librare appieno le funzioni di consigliere comunale non potendo impedire l’iscrizione al Gruppo misto, anteponendo in modo illegittimo una soglia minima di composizione piuttosto che quella uninominale, ossia anche di un solo componente che non intenda più appartenere ad un gruppo, quello originario, o aderire ad altro (di maggioranza o minoranza). Qualora l’Amministrazione, a fronte della costituzione di un nuovo gruppo, rilevi l’alterazione nella rappresentanza proporzionale dei gruppi all’interno della commissione (fatto oggettivo qualora taluni o tutti i commissari espressione di un dato gruppo nel corso del mandato risultassero confluiti in un altro), è legittimata a sottoporre al Consiglio comunale gli atti di composizione delle Commissioni al fine di ripristinare i rapporti numerici. Si comprende che - in ogni caso – il consigliere confluito nel gruppo misto ha diritto ad un posto in ogni commissione, mantenendo la carica di commissario, dovendo semmai rideterminare la permanenza o meno nella carica di presidente di una commissione (qualora precedentemente nominato), a seguito di una diversa quantificazione del voto ponderato. Un regolamento consiliare che privasse i singoli consiglieri comunali, specie non appartenenti alla maggioranza, dei loro diritti da fonte statutaria e normativa, si collocherebbe al di fuori del sistema ordinamentale, nuocerebbe alla democrazia (nel senso del diritto delle minoranze di poter esprimere il proprio dissenso), svuoterebbe il principio di legalità, espresso in una serie di precetti costituzionali (a partire dagli artt. 3, 51 e 54). L’art. 38 d.lgs. n. 267/2000, assegna ai gruppi, e non al singolo consigliere, una serie di prerogative e risorse, con la conseguenza che il Consiglio comunale – nella sua ampia autonomia – non può anteporre interpretazioni contra ius, ledendo un diritto proprio (ius suum unicuique tribuit) del consigliere comunale, confinando il singolo nella veste di “auditore”, regimenterebbe il dissensus, trasformando un istituto di democrazia partecipata (l’eletto che rappresenta il “popolo sovrano”) in un muto spettatore, alimentando, ancor più, quella distanza che affiora armoniosamente in ogni elezione con l’astensione. L’impedimento alla costituzione del gruppo misto unipersonale, come evidenziato dalla sentenza TAR Calabria n. 1621/2025 comporta la compressione di molteplici prerogative fondamentali dei consiglieri di minoranza, particolarmente gravi anche nel contesto dell'approvazione del bilancio comunale. Il diniego della costituzione del gruppo misto impedisce al consigliere di partecipare alle commissioni con pieni diritti, privandolo della possibilità di esaminare preventivamente gli atti di bilancio e di esprimere il proprio voto ponderato nelle commissioni competenti. Nel contesto specifico dell’approvazione del bilancio comunale fissata alla data del 10 dicembre 2025 in prima convocazione, l’assenza del gruppo misto impedisce ai consiglieri di esercitare pienamente le prerogative di controllo sui documenti contabili e le piene funzioni preparatorie, istruttorie e referenti prima dell’approvazione della delibera finale del Consiglio Comunale. L’omesso esame da parte delle competenti commissioni consiliari di una delibera consiliare di approvazione di bilancio determina una lesione del munus di consigliere comunale e facoltizza il consigliere ad adire il giudice amministrativo per chiedere l’annullamento della delibera stessa. Alla luce dell’analisi giuridica condotta e delle fonti normative e giurisprudenziali esaminate, si evidenzia che la condotta del Comune di Acri si configura come gravemente illegittima sotto molteplici profili. La convocazione del Consiglio Comunale del 10 dicembre 2025 per l’approvazione del bilancio risulta parimenti viziata da illegittimità derivata, in quanto la mancanza di adeguamento dell’Ente alle prescrizioni del TAR impedisce il regolare svolgimento del Consesso Deliberante. L’Amministrazione comunale, persistendo nell’iter intrapreso senza dare attuazione alla sentenza del TAR, espone tutti gli atti deliberativi - inclusi quelli relativi al Consiglio comunale del 10 dicembre 2025 - al rischio concreto di impugnazione giurisdizionale. Nel caso di specie, la violazione delle prerogative consiliari derivante dal mancato riconoscimento del gruppo misto unipersonale si configura come lesione diretta dello ius ad officium dei consiglieri di minoranza, legittimando l’impugnazione di tutti gli atti deliberativi adottati in violazione delle prescrizioni giurisdizionali. Pertanto, qualora l’Amministrazione comunale persista nell’attuale orientamento, tutti gli atti consiliari - compresi quelli relativi all’approvazione del bilancio - risulteranno esposti a impugnazione giurisdizionale per violazione delle prerogative consiliari e inosservanza del giudicato amministrativo, con conseguente rischio di annullamento e obbligo di rinnovazione del procedimento nel rispetto delle garanzie democratiche e delle prescrizioni del TAR Calabria.