RELIGIONE Letto 2967  |    Stampa articolo

POTERE, AVERE: tentazioni di sempre.

sac. Sergio Groccia
Foto © Acri In Rete
Nella vita ciascuno e ciascuna di noi ha operato scelte particolarmente importanti, altre meno, ma egualmente espressione di quell’orientamento di fondo, di quell’opzione fondamentale della vita frutto del processo educativo, degli incontri, delle diverse esperienze e riflessioni, delle possibili ispirazioni fra le quali quella della fede religiosa. Ogni giorno dunque, operiamo le nostre scelte e ci sono chiaramente presenti, perché parte del nostro essere profondo, quelle decisive.
La suggestione e tentazione di scegliere in modo diverso dal sentire profondo non mancano, tutt’altro e possono riassumersi e condensarsi nelle tre tentazioni da cui è stato provocato Gesù di Nazaret, come ci racconta il Vangelo di Matteo ( 4,1-11).
La prima tentazione che bene conosciamo ci sollecita a usare le nostre possibilità, qualità e competenze, a sfruttare le situazioni, anche le persone, per conseguire risultati e vantaggi per noi stessi, motivati magari da concrete situazioni di bisogno e necessità. E questo, con riscontro e successo evidenti, con seguito e con plauso. Questo il senso della tentazione a Gesù, affamato dopo il lungo digiuno nel deserto, di trasformare le pietre in pane: “Se tu sei il Figlio di Dio, comanda a queste pietre di diventare pane”. E’ la tentazione del potere che inteso e gestito come assoluto determina oppressioni, ricatti, ricerca di immunità e di consenso con il populismo e i mezzi d’informazione. Gesù risponde con le parole della Bibbia: “Non di solo pane vive l’uomo, ma di ogni parola che viene da Dio”. Le parole che vengono da Dio sollecitano di certo a rispondere alle esigenze concrete, prima di tutto il cibo per nutrirsi, ma non in modo individualistico, non cercando vantaggi e successi; sempre con la preoccupazione e l’impegno per il bene comune cercato in modo umile, disinteressato e perseverante.
Un’altra tentazione strettamente legata a quella del potere, è quella dell’accumulare, dell’avere, del possedere, con qualsiasi mezzo, a qualsiasi prezzo, anche la vendita della propria coscienza, con l’ossessione del denaro e dei beni come ebbrezza dell’onnipotenza di poter comprare tutto e tutti: persone, corpi di donne, anche minorenni, di uomini; di parlamentari; mezzi di informazione e ville lussuose; comprare soprattutto cuori, coscienze, mentalità, atteggiamenti con falsità, inganno e populismo. Gesù è tentato da questa suggestione; di fronte a “tutti i regni del mondo e al loro splendore”; “io ti darò tutto questo, se in ginocchio mi adorerai”. Ma risponde: “Vattene via, Satana! Perché nella Bibbia è scritto:-Adora il Signore, tuo Dio; a Lui solo rivolgi la tua preghiera”. Se il Signore, Dio è uno solo relativizza il potere e il denaro a mezzi per vivere con giustizia, uguaglianza e dignità. Il riferimento al Signore diventa di per sé impegno a contribuire ad un mondo molto più giusto ed umano.
Costatiamo come sia continua e diffusa la tentazione di utilizzare Dio e il suo nome per suggestioni miracolistiche; per supportare identità chiuse o aggressive nei confronti della diversità degli altri; per legittimare le guerre. Si tratta di chiamarlo ad essere presente dove lui non può e non deve: appunto l’ingiustizia, la violenza, la guerra il razzismo.
Oggi, anche nel nostro paese emergono soprattutto due sfide a Dio: quella di pretendere un Dio etnicizzato, a legittimare xenofobia e razzismo; l’altra di coprire con Lui, con Dio, i diffusi comportamenti eticamente inaccettabili e di fronte ai quali invece si mostra “tolleranza” anche da parte di tanti che dicono di credere in Dio e di frequentare la chiesa. Dal pinnacolo del tempio, il tentatore suggerisce a Gesù: “Se tu se il Figlio di Dio, buttati giù, perché nella Bibbia è scritto: -Dio comanderà ai suoi angeli. Essi ti sorreggeranno con le loro mani e così tu non inciamperai in nessuna pietra-. Gesù risponde: “Ma nella Bibbia c’è anche scritto:-Non sfidare il Signore, tuo Dio”. Dio s’invoca, con lui si dibatte, si interroga, a lui ci si affida. Non si sfida, non si usa, non si strumentalizza.

PUBBLICATO 20/03/2011

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