Ho appena finito di leggere "Frutto maturo" di Franca Azzarelli Julia, dopo averne seguito giorni addietro a palazzo Sanseverino l'affollatissima e interessante presentazione. Confesso, è stata una lettura portata avanti, pagina dopo pagina, a tappe forzate, non tanto per una trama che, pure flebile, c'è, ma per una specie di ineffabile, misterioso e ancestrale dialogo che tutta la narrazione riesce a stabilire, oserei dire a pretendere con forza dal lettore.
Leggendo "Frutto maturo" si ha davvero l'impressione, dopo un primo smarrimento, di trovarsi difronte a qualcosa di universale in cui si viene coinvolti. Un universale, fatto di sentimenti forti: quali il rimorso, l'amore struggente per una persona cara o, addirittura, per le cose che ti circondano, in cui amante e amato si confondono continuamente in una osmosi lacerante e, nello stesso tempo, catartica. In questo racconto, denso di pathos, di amore sfrenato verso la persona cara, perduta per sempre, l'autrice tocca vette altissime di lirismo, in cui coinvolge inesorabilmente anche il lettore, tenendolo come sospeso continuamente in stati d'animo di toccante umanità. E in questo "rapimento" si finisce per perdere spesso coscienza della identità dei vari protagonisti; essi infatti, di volta in volta, si confondono l'uno con l'altro, scambiandosi ruolo ed emozioni, pure in situazione di silenzio, elevato a stile di vita.
Un silenzio che aleggia sovrano in tutto il lungo racconto come la più eclatante e toccante manifestazione di raffinata forma di comunicazione con gli altri e con se stessi. "Frutto maturo" credo sia, fra l'altro, una delicata ricerca delle ragioni profonde dell'esistenza umana, ma anche un tentativo generoso di essere per gli altri e con gli altri.