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Punti di vista

Foto © Acri In Rete
Franco Bifano
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Confesso, a me i ponti piacciono perché uniscono e non dividono. Non sono però tra   quelli   entusiasti per la realizzazione   del   Ponte   di Calatrava, inaugurato ieri sera con “effetti speciali e colori ultra vivaci” (avrebbero detto in una vecchia pubblicità).
Prima però di essere “fucilato” con l’inchiostro da chi invece la pensa diversamente, provo a dire la mia. Non discuto, per carità, l’opera dal punto di vista estetico. Non ne avrei le competenze.  Potrei dire se mi piace o meno, ma non lo trovo utile il mio giudizio. Sarebbe un parere in più o in meno tra chi la pensa in un modo e chi la pensa nell’altro, senza   che questo modifichi la sostanza. De gustibus, direbbero i latini. Da qui l’inutilità del mio giudizio. Dirò di più.
L’aspetto positivo che va sottolineato, da quanto che a me  risulta,  è che i lavori sono stati eseguiti  da ditte del cosentino  o comunque calabresi, senza che si parli di “strane infiltrazioni”.
E questo, per come vanno in genere le cose, è certamente un bene, cosi come la visibilità acquisita sui media dalla città.
L’opera che è stata dedicato a San Francesco di Paola, Santo notoriamente vissuto in povertà e umiltà, è costata venti milioni di euro, ben undici in più  rispetto ai nove inizialmente previsti. Al Santo non lo so, a me sembrano francamente troppi! Stiamo parlando di un ponte che attualmente collega due quartieri periferici,  non   di   un’opera   strategica. Considerando il rapporto costi-benefici, ho la sensazione che possa essere   più funzionale all’immagine politica che alla città. Non mi  convince neanche l’idea che il ponte, già di per sé, possa attrarre turisti in maniera costante. Magari inizialmente attirerà qualche curioso, ma poi non credo che nel tempo possa garantire una continuità di presenze. Naturalmente, su questo spero proprio di sbagliarmi.
L’aspetto che più degli altri però non solo frena il mio entusiasmo ma mi amareggia è l’utilizzo di sei milioni di euro di fondi Gescal. I cosiddetti fondi Gescal sono soldi che venivano trattenuti in busta paga ai lavoratori per essere utilizzati, per legge, per la costruzione di edilizia popolare. Insomma, dovevano servire per costruire case e darle a chi una casa non poteva permettersela né tantomeno poteva pagare esose cifre di affitto.
Con strategie (in)opportune questi fondi la politica ha trovato il modo di dirottarli in altre direzioni. Nulla di illegale sia chiaro, ma dal punto di vista   morale come la mettiamo? Quanti alloggi si sarebbero potuti costruire con i sei milioni di euro (per non dire con i venti dell’intera opera)?
Quante famiglie, oggi in grave difficoltà, avrebbero trovato una casa dove vivere dignitosamente?
Penso che si corra il concreto rischio di costruire ponti sui quali di giorno la gente passa sopra, mentre di notte è costretta a dormirci sotto. Non credo che si dorma meglio, solo perché sono costati molto rispetto ad altri, e non so se San Francesco oggi darebbe la sua benedizione, tanto più tra mirabolanti fuochi d’artificio, ballerine e dai pianoforti volanti.
Immagino che molti non saranno d’accordo e potrebbero riempire decine di fogli per sostenere tesi opposte.  E’ normale ed   è giusto che ognuno sia libero di pensarla come crede.
Tanto ormai il ponte è lì, il resto sono solo punti di vista sul ponte e dal ponte.

PUBBLICATO 27/01/2018 | © Riproduzione Riservata





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