Morte fusaro. La procura chiede il rinvio a giudizio di Ezio Micalizzi


Redazione

La Procura della Repubblica di Novara chiede la parziale archiviazione del procedimento penale nei confronti dell'equipe cardiochirurgia, limitandola ai soli Daniele Pierelli e Barbara Giamundo (cardio-anestesisti), Mario Commodo e Marco Lanfranchi (secondo e terzo operatore), Mauro Rinaldi (Proctor).
La Procura si appresta a chiedere il rinvio a giudizio di Ezio Micalizzi, primo operatore, affermando che "ritiene questo Ufficio che all'esito delle indagini preliminari sia possibile individuare una serie di errori certamente rilevanti, attribuibili al primo operatore e capo equipe dott. Micalizzi, in termini se non esclusivi sicuramente assorbenti rispetto a quelli commessi dai rimanenti componenti dell'equipe impegnata. Gli errori commessi dal dott. Micalizzi, paiono, in questa fase, sussistere ed assumere rilevanza causale penalmente rilevante rispetto all'evento letale, quanto meno in termini meritevoli, di un approfondimento dibattimentale.” “Il Pubblico Ministero, afferma il legale dei familiari di Antonio Fusaro, Mario Murano, ha compiuto un'analisi approfondita della vicenda ed ha ricostruito i numerosi errori che hanno portato alla morte del paziente anche se ritiene che le condotte colpose del dott. Micalizzi sono di gravità tale da assorbire anche gli errori commessi dagli altri componenti del team operatorio. Valuteremo se proporre opposizione alla richiesta di archiviazione nei confronti di alcuni indagati ed in particolare del prof. Mauro Rinaldi, direttore della cardiochirurgia delle Molinette, alla luce degli stessi rilievi che muove il Pm. In ogni caso siamo soddisfatti per l'epilogo che, finalmente, ha intrapreso la vicenda con la imminente formulazione dell'imputazione di omicidio colposo nei confronti del primo operatore, Ezio Micalizzi. Al predetto si contesta di avere intrapreso una nuova tecnica operatoria, quella della chirurgia mininvasiva, in ordine alla quale aveva appena incominciato la curva di apprendimento, di avere prolungato i tempi di esecuzione dell'intervento oltre i limiti consentiti per la sopravvivenza del muscolo cardiaco e di avere mantenuto una temperatura corporea elevata sin dall'inizio dell'intervento con conseguente aumento del fabbisogno di ossigeno durante il tempo di ischemia. Finalmente l'inchiesta giudiziaria, continua Murano, ha escluso che la morte di Antonio possa essere derivata da mera causalità, da noi esclusa sin dal primo momento alla luce delle preesistenti condizioni di salute del paziente. Resta l'amarezza per questa tragedia che poteva essere evitata se il povero Antonio non fosse stato dirottato verso un centro di chirurgia cardiaca capace di compiere grossolani errori di approccio ed esecuzione chirurgica, nonché di violazione di regole basilari di protezione miocardica. Questa immane tragedia, in cui ha perso la vita un giovane benvoluto da tutta la comunità, aggiunge Murano, valga come raccomandazione a chiunque si appresti ad intraprendere un simile viaggio della speranza in lontane strutture sanitarie ad informarsi bene dove si va e sull'idoneità dei chirurghi che dovranno procedere ad un intervento cardiochirurgico e, quindi, a non fidarsi di possibili procacciatori di pazienti, magari per consentire di accreditare nuove tecniche operatorie. Impegneremo tutte le forze al fine di rendere giustizia alla povera vittima ed ai suoi familiari, conclude Murano, che soffrono silenziosamente tutto il loro dolore, specie ora alla luce dell'emersione dei gravi errori commessi in quella sala operatoria di Novara.” Dopo venti giorni dall’intervento, Antonio Fusaro decedette ma la sorella, Annunziata, decise di intraprendere le vie giudiziarie per fare chiarezza. Fusaro, 43 anni, era affetto da una malformazione alla valvola mitralica. Dopo l’intervento, non essendosi risvegliato, fu trasportato in coma farmacologico all’ospedale Molinette di Torino dove, purtroppo, morì. |
PUBBLICATO 29/11/2018 | © Riproduzione Riservata

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