Siamo ambiente
Padre Leonardo Petrone
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Si pensa che l’ambiente naturale sia un sito esterno da utilizzare la Domenica, oppure uno dei pochi paradisi terrestri per le prossime vacanze. Tutto il resto si può inquinare e devastare, l’attuale stile di vita lo esige. Solo le persone sagge vedono l’ambiente con occhi e mente diversi: “l’ambiente è l’intero complesso, aria, acqua, suolo, vita, che copre il pianeta Terra”.
Indissolubilmente siamo la parte più vitale e più pericolosa di tale complesso. Solamente ed unicamente in questo complesso nasciamo, viviamo, ci realizziamo e lasciamo posto agli altri. Se l’ambiente siamo noi, urge il compito di prendercene cura, diversamente si soccombe. Si soccombe a causa dell’eccessivo consumo che degrada la vita e devasta la salute. Capire e rispettare l’ambiente è compito di tutti. Continuare ad abbattere pini in Sila, mettere cemento nelle zone panoramiche, bruciare petrolio, significa che i cattivi soggetti non sono ancora stanchi. E’ diventato difficile estinguere i debiti di banca, difficilissimo restituire il dovuto all’ambiente naturale. Cosa fare? Prima di tutto bruciare i camions che trasportano i nostri meravigliosi pini, conosceremmo subito mandati e mandanti della distruzione. Poi diventare più saggi, cioè garantirsi i beni reali (cibo, acqua, casa, salute, istruzione) e ridurre il superfluo che moltiplica mostruose discariche. In definitiva “Volere di Meno” che non significa “ritorno all’antica miseria”, significa vivere più leggeri e più felici con garanzia di molti anni nel benessere comune. Necessitano due cose: una nuova filosofia che faccia vedere meglio, una religione dinamica che spinga nella direzione giusta. Il porto della “direzione giusta” prevede: soppressione degli sprechi, sobrietà nei consumi, riduzione dei rifiuti, manutenzione del territorio, esilio permanente all’accaparramento delle risorse. Poiché la religione opera dal di dentro, deve convincere in profondità che rispettare l’ambiente significa rispettare il vero bene. I dieci Comandamenti, che abbiamo imparato e ricordiamo, nacquero in tempi che gli abitanti terrestri erano poche centinaia di milioni, la Terra conservava intatte le sue risorse e l’inquinamento sconosciuto. Quei dieci restano ancora norme di buon comportamento sociale. Nel millennio in cui viviamo il cambiamento è mutato in profondità ed estensione. Le Dieci Regole dei secoli passati, pur restando valide, vanno affiancate alle nuove Dieci Regole, se la buona voglia non è morta per strada. La nuove Dieci Regole sono state formulate ed elaborate a Torino. Facili da imparare e ritenere: 1) Non avrai altro pianeta al di fuori della Terra. 2) Non pensare invano che la Terra abbia risorse infinite. 3) Ricorda di contemplare la natura di cui sei parte. 4) Onora ed usa le energie rinnovabili. 5) Non inquinarla con i tuoi rifiuti. 6) Non distruggere i tuoi boschi sempreverdi. 7) Non cementificare senza vera necessità. 8) Non produrre eccessivi rifiuti. 9) Differenzia e ricicla i tuoi rifiuti. 10) Non desiderare la prepotenza altrui, sì sobrio ed efficiente. Per spiegare meglio la nostra regionale ricchezza, tanto invidiata e pur condannata a sistematica distruzione, ricorro a Chi Zijian, novantenne signora della Mangiuria, sempre vissuta con le renne tra i boschi. Tra i monti si sentiva “felice come uccello fuori della gabbia, come giglio ricoperto di rugiada…luna piena che splende di notte, arcobaleno tra le montagne dopo la pioggia”. Fa pena, ma è doveroso non tacere quando il patrimonio comune è dilapidato e reso pecunia. La signora Chi Zijian solo due notti dormì in una casetta, il terzo giorno raggiunse i suoi boschi perché: “A me non piace l’idea di dormire in una stanza dalla quale non si vedono le stelle, per tutta la vita hanno accompagnato il mio sonno. Se mi svegliassi nel cuore della notte e sollevassi lo sguardo verso l’oscurità del soffitto mi sentirei disorientata come se avessi perso la vista. Le mie renne non hanno colpe, non voglio vederle accovacciate dentro una prigione, poi diventerei sorda se non potessi sentire il tintinnio delle loro campanelle, rimarrei paralizzata perché le mie gambe e i miei piedi, ormai abituati ai tortuosi sentieri accidentati delle montagne, si indebolirebbero al punto di non potermi più sostenere se dovessero camminare ogni giorno per vicoli pianeggianti. Il mio corpo è dono degli spiriti, rimarrò tra le montagne per renderlo agli spiriti”. La signora cinese conclude il suo “Ultimo quarto di luna” con un desiderio: “Voglio sepoltura al vento” (tra gli alberi) un giorno le mie ossa cadranno dall’albero e dal terreno spunteranno germogli…” quel giorno forse non ci saranno più pini e noi cammineremo con la bombola sotto braccio, oppure respireremo O-C-O. Siamo facili alle cattive abitudini. Ma…ficchiamo bene in testa questo: con il disboscamento, selvaggio o cripto che sia, la foresta si assottiglia, gli animali scarseggiano, gli uccelli volano via, il vento soffia sempre più forte. LeptisMagna, conosciuta come “Città dei marmi” era la più bella dell’antica Libia, per mancanza di alberi è stata sommersa dalla sabbia; se non si arresta lo sconsiderato taglio dei pini silani, tutta la Calabria sarà “reperto archeologico”. |
PUBBLICATO 21/10/2020 | © Riproduzione Riservata

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