Sulle ultime vicende dell’Ospedale di Acri
            
				  Ferdinando Laghi
					
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                         Ho avuto l’onore di dirigere la Medicina Interna dell’Ospedale di Acri dal 2013 al 2017.   
                      Ho incontrato gravissime difficoltà organizzative -legate sostanzialmente alla insufficienza degli Organici sanitari - ma ho trovato, in compenso, un Personale - medico e non - di grande qualità, dal punto di vista sia professionale che umano. Sono rimasto anche colpito dalla cortesia e garbo della popolazione, tutte cose che hanno reso la mia attività assai meno difficile di quanto non avrebbe potuto essere. Dopo la cessazione del mio incarico, anche per i legami amicali che con tanti si erano instaurati, ho seguito con attenzione le vicende dell’Ospedale di Acri, costretto a sopravvivere in condizioni di grande e progressiva difficoltà. Difficoltà che la città e il comprensorio non meritano, anche per la collocazione geografica che rende problematici gli spostamenti e dunque richiede tempi prolungati per eventuali trasferimenti di pazienti, magari in condizioni critiche, peggiorandone la prognosi. Così come non mi sono certo sconosciuti gli spostamenti e i trasferimenti di Personale, i cambi di “destinazione d’uso” di Unità Operative, modifiche sempre definite, in consueto burocratichese, “temporanee” e “transitorie”, ma che poi, magari, si rivelano peggiorative e definitive. Vorrei perciò dire la mia su quanto leggo sta accadendo in questo periodo che, alle complessità solite, ha aggiunto i disagi e i rischi legati alla pandemia da SARS-Cov-2. Si parla di una paventata riduzione dei posti letto della Medicina, di attività chirurgiche dismesse, di progressive riduzioni di organico, di possibili accorpamenti con altri ospedali di altre aree geografiche. A mio parere, ad Acri, come per tutta la sanità pubblica calabrese IL problema da risolvere è quello degli organici. E’ urgentissimo – anzi, di più- provvedere a reintegrare gli organici sanitari – TUTTE le figure professionali!- “dissanguate” da pensionamenti e trasferimenti mai integrati. E questo accade in una Regione che potrebbe assumere IMMEDIATAMENTE oltre 600 figure professionali di ambito sanitario. E non lo fa. Quella della riduzione delle attività e/o dei posti letto NON è una risposta coerente con le necessità e i diritti delle popolazioni calabresi! Un’altra cosa mi permetto di dire, non solo alla luce della mia personale esperienza, ma anche della corretta gestione delle strutture sanitarie e, infine ma non da ultimo, della logica: immaginare come un tutt’uno strutture differente e distanti e collocate in zone orograficamente difficili come quelle montane, NON può essere una soluzione efficace ai bisogni di salute delle popolazioni interessate. Da convinto sostenitore dell’importanza della partecipazione democratica ai problemi che interessano le Comunità, sono poi lieto che nel dibattito riguardante il modello di sanità per la città di Acri, ci sia un dinamico Comitato di Cittadini Attivi che certamente potrà utilmente contribuire all’ottenimento del rispetto del diritto alla salute che la nostra Costituzione prevede e prescrive per tutti i cittadini italiani. Spero che le attuali difficoltà trovino presto efficaci soluzioni che auspico non siano ricercate in ridimensionamenti e/o addirittura chiusure di strutture o servizi semplicemente indispensabili, ma che, al contrario, ci possa essere un rilancio dell’Ospedale di Acri, presidio di sanità pubblica, alla quale gli abitanti di Acri, come tutti i Calabresi, hanno diritto.  | 
                    
PUBBLICATO 18/06/2021 | © Riproduzione Riservata
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