Persefone, gli inferi, la melagrana e la Calabria
Gaia Bafaro
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Persefone è una delle figure più affascinanti della mitologia. La sua storia possiede varie chiavi di lettura mentre la melagrana che la rese prigioniera negli Inferi è un simbolo importantissimo nella sua vicenda e non solo.
Procediamo con ordine. Persefone è la figlia incestuosa di Zeus e di sua sorella Demetra la Dea della terra, della fertilità e del raccolto. Il culto di Demetra era molto importante nell’antica Grecia ma anche a Roma dove veniva conosciuta con il nome di Cerere (da cui deriva la parola cereale) la protettrice delle messi, si celebravano in suo onore le Eleusine e le Tesmoforie. La ricerca della Dea della figlia Persefone non è altro che un percorso spirituale, la sua bambina, infatti, secondo quanto riportato dal mito, sparì in una campagna di Vibo mentre stava raccogliendo dei fiori. Ade, il sovrano dell’oltretomba rimase così colpito dalla sua bellezza che decise di rapirla per renderla sua sposa. Fece apparire dunque un fiore di straordinaria bellezza ( Il narciso) e mentre la fanciulla si apprestava a coglierlo, sprofondò negli Inferi, rapita dal Dio oscuro. Demetra divenne folle, cercò Persefone in cielo e in terra e solo quando, a causa della sua tristezza, aveva avvolto la terra in un gelo senza frutti, Zeus decise di svelarle dove si trovava la ragazza. La Dea si recò nel regno di Ade e questi, acconsentì a restituire la sua sposa a patto che non avesse mangiato nulla ma, Persefone, aveva mangiato un solo chicco di melagrana. Ancora una volta il padre degli Dei dovette intervenire e stabilire che, per non lasciare morire la terra a causa della sofferenza della Dea Madre, Persefone restasse per nove mesi nell’Ade e i restanti tre con Demetra. L’importanza della melagrana nel racconto è dovuta al seme, infatti, il chicco è il simbolo del segreto della creazione, esso contiene il tutto, l’infinitamente piccolo che racchiude l’infinitamente grande ma che è anche espressione di sensualità, passione, desiderio ( si pensi al suo colore rosso) fertilità e sangue. Infatti è pur vero che Persefone cada in tentazione e resti prigioniera di Ade ma può darsi anche che, invaghitasi del Dio, decida spontaneamente di legarsi a lui. In questo senso la melagrana può associarsi alla mela conservando lo stesso concetto di carnalità e peccato. La melagrana fu importante anche in altri culti come quello di Venere la dea dell’amore e Giunone protettrice dei matrimoni e del parto. Nell’antico Egitto, invece, servì a salvare l’umanità dalla distruzione. La Dea leonessa della guerra e della distruzione Sekhmet, fu un tempo assetata di sangue e le altre divinità si preoccuparono poiché tutto il genere umano era a rischio. Così, decisero di tenderle un inganno: le offrirono una birra al melograno che dal colore sembrava sangue, la temibile Dea si ubriacò e placò così la sua sete. Tuttavia,Ra, per evitare che Sekhmet si adirasse nuovamente stabilì che ogni anno le fossero offerte tante anfore piene di birra quante fossero le sacerdotesse del sole. La melagrana è tuttavia celebrata in varie religioni, secondo quella Islamica nacque dalle lacrime di Maometto o di Fatima per essere utilizzata dagli uomini come nettare utile alla consolazione agli affanni della vita e anche l’iconografia cristiana non fu esente dall’influenza di questo misterioso frutto. Si ricordi Botticelli e la sua rappresentazione “La Madonna della Melagrana” dove la Vergine sorregge il bambino Gesù e reca in una mano il frutto simbolo dell’Unità della Chiesa e anche del sangue che sarà versato da Cristo nella sua passione. La relazione tra sangue e melagrana è probabilmente da attribuirsi all’origine che viene attribuita dalla mitologia greca alla nascita di questo frutto. Si narra che Giunone odiasse Dioniso, nato dal tradimento tra il suo sposo Zeus e Semele, la Dea uccise la madre ma il bambino divino venne messo in salvo e partorito da una gamba dal Padre. Tuttavia, Giunone, trovò il fanciullo e lo fece in mille pezzi, Dioniso risorse ma dal suo sangue nacque l’albero del melograno. Ragion per cui il frutto in questione, nato dalla divinità dell’estasi , del piacere e del vizio non può che racchiudere in sé le stesse caratteristiche. Infine, doveroso è aprire una parentesi su Persefone come regina degli Inferi, ricordando come Greci e Romani percepissero l’ oltretomba. Il sovrano del mondo sotterraneo era Ade, un Dio che non si preoccupava molto delle questioni umane e tantomeno di quelle divine. Viveva nel suo regno circondato dalla ricchezza delle anime ma anche di tutto ciò che si nasconde nel sottosuolo (pietre preziose, oro e così via), infatti il suo nome in greco era Plutone (da plùtos/ricco). Il suo culto era molto singolare, i sacerdoti coprivano il capo e gli sacrificavano solo vittime dal pelo nero e dal numero pari ( cosa insolita) all’interno di una pozza dove veniva sparso prima il vino delle libagioni. Tutto si svolgeva in silenzio per rispetto ma anche per un certo timore. Tutte le anime raggiungevano l’Aldilà cui porte erano sorvegliate dal cane Cerbero, qui, tre giudici (Minosse; Ealo; Radamanto) mandavano gli spiriti in tre posti: Tartaro; Campi Elisi e Campi Asfodeli. Il Tartaro era un luogo riservato ai dannati, la loro pena era quella della ripetizione e del fatalismo, infatti dovevano ripercorrere gli stessi errori e le stesse azioni in eterno , alcuni esempi: le Danaidi riempivano continuamente una botta forata; Sisifo invece faceva rotolare continuamente un macigno con sommo sforzo. I Campi Elisi, invece, erano destinati ai puri. Platone accenna al fatto che questi, dopo mille anni, potessero bere dal fiume dell’oblio il Lete e reincarnasi, qualora si fossero dissetate con moderazione avrebbero sicuramente ricordato le esperienze delle vite passate. Il fine era quello di perfezionarsi per arrivare a reincarnarsi tre volte, elevarsi e raggiungere l’Isola dei tesori, un luogo di delizia, eternità ed estasi. Le anime neutre ( i cosiddetti Ignavi) venivano condannati a vagare senza scopo nei Campi Asfodeli. Persefone, regina degli Inferi e della Primavera, rappresenta il punto di incontro tra terra e mondo sotterraneo, tra vita e morte . Insomma un coacervo di culti , miti e simboli sono quelli che si possono leggere nella sua vicenda. Un accenno va fatto inoltre all’interessante luogo di culto che si trova a Locri in onore di Persefone. Qui, dagli antichi resti di un tempio sono emerse le pinakes, tavolette di terracotta che racchiudono i momenti salienti della vicenda di Persefone e testimoniano il forte legame tra la Dea e la Calabria. |
PUBBLICATO 20/07/2021 | © Riproduzione Riservata

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