La civiltà scomparsa


Padre Leonardo Petrone

La civiltà in questione, da tempo appartiene al nostalgico passato, non si ripeterà mai più. Nel fugace sguardo che vogliamo dare, partiamo dalla cucina dove faceva spicco il monumentale tavolo attorno al quale si riuniva la numerosa famiglia per la cena. La tavola-mensa era sempre grande, massiccia, pesante e le sue gambe mai traballanti. Occupava quasi per intera la cucina.
Poteva essere fatta di noce, di ciliegio, di castagno ed era sempre accogliente. Il capofamiglia voleva sempre trovare in tavola il fiasco di vino rosso, un pane intero, il cesto della frutta. Occupando il suo solito posto, si faceva la croce, prendeva il grosso pane, lo baciava e tagliava le belle fette, seguiva il padronale rimprovero alla moglie sulla scarsa puntualità, ma già dopo il primo bicchiere, la discussione si spostava sulle novità del vicinato. Stando a tavola si risolvevano i molteplici problemi. Insomma era qui che si gestiva la civiltà della grande famiglia che ruotava sempre attorno al fiasco di rosso, al pane fragrante, al dialogo animato. Il dialogo partiva dal passato raffrontato al presente, aperto al futuro. Attorno a quella tavola c’era dialogo: s’imparava a vivere e ci si nutriva. Tutti potevano parlare, anche il più piccolo, coccolato sulle ginocchia del grande Papà, poteva parlare ed era ascoltato. L’atmosfera colloquiale era sostenuta dalla presenza del fiasco. La Bibbia non tramanda il nome specifico dell’albero proibito, quindi poteva trattarsi di prosperosa vite. Di certo nell’Eden c’era un pergolato sotto la cui ombra Adamo ed Eva si rifugiavano per guardarsi negli occhi e sorridersi. Quando dovettero sloggiare, mi piace immaginare Adamo che si porta via un fascio di sarmenti. A moltiplicare la vigna fu Noè, famoso discendente di Adamo. Noè scoprì la dolcezza del paradisiaco prodotto, nonché l’ebbrezza, tanto da togliersi i pantaloni in pubblico. Un geniale esegeta ritiene che Noè si rivelò vero uomo dopo una generosa bevuta direttamente dal secchio. Da allora, tutti quelli che hanno voglia di vivere, tutti quelli che hanno voglia di ignorare i problemi, tutti quelli che vogliono dedicarsi all’amicizia e all’amore trovano nel vino il valido alleato che spazza via ogni tristezza e fa venire voglia di cantare. Il buon vino sviluppa rapporti dilatati con Dio e con la donna. L’egoismo scompare. Egoista resta colui che stappa la bottiglia e beve da solo. Ritornando alla Sacra Bibbia, è facile constatare che il vino è simbolo di amicizia ed amore (Siracide). Il “Cantico dei cantici”, perla dei barbuti ebrei, celebra la vite, la vigna, il vino. La vigna è la ragazza innamorata che invita il suo spasimante (“mio grappolo sui miei seni”) a seguirla tra i filari per scambiarsi baci. E sogna amplessi nella cella vinaria (cantina). Il Salmista del 79mo Salmo invita: “Dio degli eserciti volgiti guarda dal cielo, vedi e visita questa vigna. Nel Medio Evo era in vigore una legge: “…chi estirpa le viti del vicino commette delitto riservato”. Misura ed autocontrollo devono essere i preziosi inservienti sempre presenti quando si beve il vino. Tali preziosi inservienti Gesù li ebbe vicini quando prese il pane ed il vino e comandò ai suoi: “fate questo in memoria di me”. Pane e vino gli erano vicini quando consigliò: “amatevi gli uni gli altri”. Di certo è meglio avere una vigna che il kalashnikov. Questa era la civiltà scomparsa. Quella di oggi: la cucina è ridotta, ha subito radicali trasformazioni. La mensa monumentale è stata sostituita e venduta. Quella di oggi è un pieghevole che dopo l’uso si poggia al muro per ragioni di spazio. Anche il tradizionale fiasco è scomparso, la bottiglia di birra e coca cola occupano il suo posto in mezzo a quelle che i Francesi chiamano “sucreries”. Se Noè facesse ritorno certamente si sentirebbe orgoglioso del cammino che la sua “impresa” ha fatto, oggi tecnicamente perfetta in tutte le regioni. Ed osservando dall’alto la collina del “chianti” con i grappoli ben turgidi, non riuscirebbe a nascondere tutte le lacrime. Ma dopo generosa bevuta, pizzicando il suo rudimentale chitarrino, canterebbe: “Laudato sì, mi Signore, per frate vino, perla di sapore Al timido toglie le briglie e intorno fa vedere meraviglie. Quando inumidisce il core dentro fa esplodere l’amore. Suona, chitarra mia, e del ritorno segnalami la via”. Ad allontanare la nostalgica civiltà è stato il telefonino, a sera Papà parla col datore del lavoro di domani, Mamma parla con Comare Assunta del detersivo migliore; i giovani scorrono il telefonino in continuazione, se lo portano a letto e gli squilli si alternano. La civiltà del telefonino ha fatto rompere il fiasco, ha fatto vendere il monumentale tavolo, ha interrotto il dialogo, la buona notte si augura a chi ha chiamato. |
PUBBLICATO 15/11/2021 | © Riproduzione Riservata

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