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Ogni volta che torno ad Acri sono contento

Foto © Acri In Rete
Angelo Bianco
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Acri è un posto meraviglioso, c’è la fontana dell’ ”acquanova”, ogni acritano della mia generazione l’ha scolpita nei suoi ricordi. Era il terminale della “vasca e supra l’uortu”, perché “a vippita all’acquanova” era un rituale d’obbligo, un pit stop necessario.
Hanno spostato la cannella, adesso è centrale, prima era laterale, anche se MariaTeresa ricorda il contrario, ma lei ricorda male, sono disposto alla scommessa. Bevo, non ho sete ma è impossibile resistere alla tentazione, chiudo gli occhi, l’acqua è davvero fresca ma non mi aspetto i miracoli, li riapro ma ho di nuovo 55 anni ma per un sorso, uno solo, ne ho avuti molti di meno.
Ripercorro la vasca, c’è piazza Annunziata ma non c’è più la stazione della benzina, non ricordo più di quale marca fosse ma ne ho fatta tanta sul mio “Si”. Al suo posto, un bar, i tavoli, difronte la Chiesa.
L’ultima volta che ci sono stato era per il funerale di mio padre, 22 anni fa, ieri. Entro, non c’è nessuno, due ragazze puliscono il pavimento, hanno la mascherina, ho un moto di disappunto, poi riconosco l’altare, ritorno calmo, ricordo ancora l’omelia che don Luigi fece per mio papà, disse “è un uomo buono”.
Ok, può bastare così, c’è una lacrima che capolino, faccio il segno della croce, esco quasi come se volessi non farmi vedere dai ricordi di quel giorno. Riprendo a camminare.
Guardo a destra e poi a sinistra, qualcosa ha resistito al tempo, c’è ancora il negozio di Petrone, è solo l’insegna, era il mio ciabàttino, “cachei”, boh, forse.
Dentro il suo negozio, inondato di scarpe in disordine, c’era un profumo di cuoio e di mastice irresistibile che adesso non c’è più, perché non ci sono più i ciabattìni o forse perche Amazon invita a cambiare le scarpe appena rotte.
Chissà se c’è ancora L’edicola di Filippo Sisca. Scendo la scalinata, prima erano solo gradini, e Sisca c’è, mi vede, sgrana gli occhi, mi viene incontro con la gioia e la meraviglia della bella sorpresa, lui è tra quelli che non cambiano mai, “mi tocco, di questi tempi conviene”.
L’edicola invece è diversa, manca la vetrina dei giornaletti porno, sorrido alle volte in cui ci rimanevo, ehm, incantato, “perche non ci sono più?” e lui “non interessano più a nessuno, ormai siamo tutti gay”, no, non è cambiato, Filippo ha sempre avuto la battuta pronta e dissacrante.
La vasca è quasi finta, mi sento chiamare, è Angelino.
Ad Acri amiamo rinominare il finale con desinenze varie, o in ino o in icchio o proprio diversamente, c’è poi chi è più nobile ed ha un soprannome che immagino aver riportato poi tra i segni particolari sulla carta d’identità. Angelino ha messo su qualche “decinaio”di chili, era il portiere della squadra di calcio under 18 e io lo invidiavo perché anche io volevo fare il portiere. Gli accarezzo la panza “hai ragione, sono ingrassato ma qui c’è poco da fare, beato te, vivi al nord, qui non c’è rimasto niente, la gente esce solo dopo le sette, prima non vedi nessuno”. È la litania di tutti, siamo al sud, viviamo l’immagine del nord ricco, pieno di gente, balocchi e profumi e, invece, dimentichiamo di vivere un posto meraviglioso, dove non manca niente perché noi sappiamo vivere con poco perché è quello che serve, quando invece a quelli del nordo non basta mai avere di meno perché non avranno mai quello che serve, c’è sempre qualcosa che manca.
Torno a casa, mia madre ha preparato pasta e fagioli, a me non serve altro oggi per essere contento, oggi io sono in un posto meraviglioso, oggi io sono ad Acri.

PUBBLICATO 20/02/2022 | © Riproduzione Riservata





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