Frane, alluvioni ed esondazioni. La Calabria peggio delle Marche. Mettere in sicurezza il territorio ed i cittadini. O è troppo tardi?


Roberto Saporito

Quanto accaduto nelle Marche non deve far stare tranquilli noi calabresi. Ma la colpa, come dimostrerò, non è solo delle cosiddette “bombe di acqua” o dei “temporali autorigeneranti”, delle frane o dei fiumi che esondano. Il 100% dei comuni calabresi è a rischio frane e alluvioni. Tutti e 409 i comuni calabresi sono a rischio. C’è di più. Vi sono abitazioni, fabbriche ed esercizi commerciali realizzati nelle aree golenali, negli alvei dei fiumi o in aree a rischio frana. Possibile aver dato permessi di costruire in queste zone? E i tecnici, ingegneri e geologi, come lo hanno giustificato? Complessivamente, tra abitazioni, strutture industriali e strutture sensibili si può stimare che nella totalita' dei comuni calabresi classificati a rischio dal Ministero dell'Ambiente e dall'Upi, siano quotidianamente esposte a rischio frana e alluvione almeno 200 mila persone. Ancora molto bassa la percentuale degli enti locali che hanno adottato provvedimenti per la mitigazione del rischio idrogeologico. Cosi' come e' preoccupante la situazione delle delocalizzazioni: solo nel 15% dei casi sono state avviate iniziative per delocalizzare abitazioni dalle aree piu' a rischio e appena nel 6% dei comuni si e' provveduto a delocalizzare strutture industriali. Poco tranquillizzante l'impegno sul fronte della pianificazione e organizzazione degli interventi di protezione civile. Solo il 60% dei comuni calabresi ha predisposto un piano d'emergenza per frane e alluvioni, ma solo il 30% delle municipalità lo ha aggiornato negli ultimi due anni. Appena il 25% dei comuni si e' dotato di sistemi di monitoraggio per l'allerta tempestiva in caso di pericolo di alluvione o frana. Nel frattempo si continua a morire a seguito di smottamenti e inondazioni. Oltre dieci nelle Marche. Una cosa non concepibile. In attesa di sapere in dettaglio cosa sia successo nella suddetta regione è opportuno ricordare che dal 2001 la Regione Calabria è dotata del Pai, Piano di Assetto Idrogeologico. In sostanza la Calabria è stata suddivisa in quattro macro aree (R1,R2,R3,R4) in base al rischio basso o elevato di frane e idraulico. Nelle aree ad alto rischio, R3 ed R4, non è possibile effettuare alcun intervento, ovvero è vietata ogni costruzione che non serva per la mitigazione del rischio presente. Ma oltre alla questione legislativa, c’è l’aspetto puramente naturalistico che non conosce leggi e normative. La principale causa di innesco di fenomeni di dissesto geo-idrologico, è rappresentata dalle precipitazioni intense e spesso caratterizzate da difficile prevedibilità per l’estrema concentrazione dominio spazio-tempo. Ma gli errori dell’uomo e degli organi preposti sono evidenti e gravi; in molte aree non esiste il drenaggio superficiale, i canali non vengono monitorati o sono tombati, le difese di fiumi e torrenti sono assenti ma la cosa più grave è che si è permesso di edificare (anche interrati) negli ex alvei. Inoltre; la Regione Calabria non ha un dipartimento per la difesa del suolo, la legge urbanistica lascia molto a desiderare, in molti comuni sono ancora validi i P.R.G e di 40 anni fa e la provincia di Cosenza non ha un servizio geologico. Per concludere; sto seguendo la campagna elettorale, ebbene nessuna forza politica ha fatto cenno alla difesa del suolo, nessun partito ha detto se i fondi del Pnrr sono destinati anche alla messa in sicurezza del territorio ma è risaputo che in termini di consensi elettorali paga più un’inaugurazione di un’opera, un taglio del nastro, che la difesa della stessa. Insomma le piogge c’entrano poco o nulla se il territorio è abbandonato. In attesa del prossimo evento con vittime, frasi di cordoglio e nessun colpevole.
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PUBBLICATO 19/09/2022 | © Riproduzione Riservata

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