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Il cibo dei morti

Foto © Acri In Rete
Gaia Bafaro
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L’Italia il 2 novembre ricorda i defunti. Ogni regione ha la propria tradizione per onorarli, oltre alla consueta visita presso le tombe, in memoria degli estinti vengono preparate delle particolari pietanze spesso a base di legumi. Sin dal tempo dei culti pagani, i legumi sono un piatto legato alle divinità ed alla morte. Nelle ricette tipiche del 2 novembre si legge ad esempio di dolcetti a forma di fava come le: “fave dei morti”in Sicilia oppure “gli stinchetti di morti” dell’Umbria, esistono poi “Le ossa dei morti” dal Veneto e in Liguria i “baccilli” che sono delle fave secche. Le fave erano severamente escluse dall’alimentazione dei pitagorici e da quella degli orfici, da sempre si crede che esse stabiliscano il legame tra questo mondo e l’oltretomba e che nel loro baccello, simile ad un embrione umano , custodiscano l’anima del neonato o del defunto. Anche i ceci che ritroviamo nel primo piatto della tradizione cosentina “Lagane e ceci” , sono da riconnettersi all’idea di rinascita dall’apparente non-vita. Infatti, i ceci venivano utilizzati dalle donne pagane come dono per Adone, un Dio della primavera che risorgeva riportando la fertilità sulla terra. In suo onore si preparavano “I giardini di Adone” simili, per intenderci , ai nostri sepolcri pasquali in modo da aiutare la primavera a ritornare. Inoltre, anche la frutta tipica che anticamente veniva offerta ai mendicanti che richiedevano la questua a novembre ha un collegamento con l’aldilà, basti pensare alla melagrana che subito richiama alla nostra memoria il mito di Persefone imprigionata nell’Ade per averne mangiato un chicco ma anche simbolo della rinascita di Dioniso, poiché il frutto nacque dal suo sangue dopo che Era lo aveva fatto tagliare a pezzi poiché figlio illegittimo di Zeus. In Puglia per i morti si prepara il “Cicc cuott” un dolce fatto di melagrana e grano. Altro cibo offerto ai defunti sono le castagne bollite o “balletti” della Liguria o le collane che in Toscana venivano chiamate “bèn dì morti” e che adornavano i colli dei bambini durante questa ricorrenza. Questo perché le castagne simboleggiano la voglia di vivere e la longevità, si era solito prepararle in onore dei morti in un Castagneto oppure di adagiarne tre sotto il cuscino per proteggersi dagli spiriti burloni che tirano i piedi ai vivi. La tradizione vuole che durante la notte a cavallo tra il 1 novembre ed il 2, i cari estinti tornino nelle loro abitazioni a visitare i vivi ed a scacciare il male. Per questo motivo, alcune famiglie lasciano la tavola imbandita con focacce e acqua, la scelta dell’acqua non è casuale poiché, si pensa che la morte arrechi una sete inestinguibile e che per questo motivo i corsi d’acqua e le fonti di montagna siano meta ambita dagli spiriti. A tal proposito, nella Valle D’Aosta all’imbrunire i parenti dei defunti si recano nel cimitero, lasciando la tavola del pranzo apparecchiata, in questo lasso di tempo i morti possono recarsi presso la loro abitazione per riposare e solo al richiamo delle campane della Chiesa i vivi potranno rientrare a casa. I defunti in Sicilia premiano i bambini portando dolci e doni in cambio di una letterina, a Messina nell’uscire dalle tombe per raggiungere la terra si pensa che seguano un ordine: prima i defunti per morte naturale, poi i giustiziati, a seguire i morti per disgrazia e così via. L’autunno è la stagione che preannuncia l’inverno e la morte della vegetazione. L' uomo da sempre cerca di esorcizzare l'oblio e di assicurarsi una rinascita dal buio. I cari già dipartiti sono chiamati ad intercedere in questo momento di passaggio. Ognuno di noi si raccomanda a chi ha attraversato la soglia verso altri mondi attraverso ricordi, preghiere ed il cibo che è quell’elemento materiale che ci mantiene in vita e ci differenzia da chi non ne ha più bisogna ma, che nello stesso tempo, potrebbe essere l’unico elemento di cui estinti e divinità potrebbero avvertire la mancanza.

PUBBLICATO 02/11/2023 | © Riproduzione Riservata





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