Fondazione Padula: fatti e misfatti
 
             
				  Michele Ferraro
 
					
					| Relativamente alla Fondazione “Vincenzo Padula”, dopo l’ulteriore riconferma del già presidente, il presente ci riporta coercitivamente alla routine; tutto l’establishment è ormai sollevato dal peso di quelle scomode circostanze che hanno minacciato il suo assetto cementato.  Pericolo scampato!  Tutto si è risolto in modo conveniente. Ma conveniente per chi?  L’occasione per un rinnovamento è rimandata; i fatti hanno palesato la volontà di non cambiare. Gli assetati del potere e del privilegio continuano a perseverare nel negare ogni possibilità di ricambio, magari anche generazionale, arruolando, invece, sempre più figure e controfigure pronte ad accettare di buon grado la servitù volontaria. Non ci pare che gli accadimenti precedenti la rielezione abbiano, in qualche modo, contribuito ad alimentare un dibattito. Si è preferito lasciare le cose così come stavano, eludere conviene sempre. Il messaggio arriva chiaro: la Fondazione è considerata una piena proprietà alla stregua di un immobile. Quando le opportunità vengono distribuite non in base al valore culturale ma in base a logiche politiche o di appartenenza, allora un’istituzione come la Fondazione smette di adempiere al suo ruolo di promozione di un bene comune: la cultura. Le poltrone politiche rappresentano sempre un problema; il modus operandi utilizzato in questo caso specifico ha fatto sì che la questione venisse affrontata in modo, diciamolo pure, spudoratamente disdicevole. Il caso Forte ha fatto emergere aspetti interessanti che non si sono voluti cogliere. I prestigiatori sono stati bravi a focalizzare l’attenzione sul pregiudizio, col fine di distogliere la comunità dal reale problema. Senza cultura, la democrazia non può esistere: democrazia e cultura vanno necessariamente insieme. Perseverare a fare salotti d’intrattenimento da format televisivi è limitativo per una qualsivoglia comunità. Viene da pensare, quindi, che alimentare il senso critico e stimolare un agire democratico non è considerato prioritario né conveniente, quanto, piuttosto, lo è l’educare al “Voi” anziché al “Lei” con chiara volontà di autoaffermazione. Nell’interesse del presente e del futuro, ricordiamo che la cultura è uno dei principali fattori di benessere della collettività, stabilisce il luogo di assunzione della consapevolezza dell’uguaglianza e della vera libertà. In generale, troppo spesso, in Italia, i servizi culturali sono considerati beni non essenziali e sacrificabili in nome dei sempre più stringenti gravami sulla finanza pubblica e, in particolare, sulla spesa dei Comuni. Questa criticità, però, non deve comportare il cattivo utilizzo di quel poco che ci è dato. Nel caso specifico, troppi interessi personali pesano: interessi che, evidentemente, non si devono in alcun modo scalfire. Il secondo comma dell’articolo 4 della nostra Costituzione ci ricorda che la cultura non è soltanto un diritto fondamentale, ma è altresì un dovere inderogabile di ciascuno di noi. Sul futuro si proiettano speranze, destinate a morire quando si staziona in un presente sempre uguale; la cultura ci deve aiutare a comprendere i cambiamenti in atto, a guidarli dominandoli piuttosto che esserne dominati. Senza entrare nel merito delle proposte culturali per ovvi motivi, sebbene ci sarebbe tanto da dire, si vuole qui, invece, focalizzare l’attenzione del lettore sugli articoli 1 e 3 dello statuto della Fondazione. Nell’art. 1, i costituendi riconoscono la Fondazione come «Centro di Ricerca sul lavoro, sulla società e sulla cultura in Calabria e nel Mezzogiorno»; nell’art. 3, si prosegue definendo gli obiettivi: «realizzare la promozione di studi e ricerche sul lavoro, sullo stato e la condizione dei lavoratori in Calabria, sulla società, la cultura, l’economia regionale e meridionale». Se generalmente ciascuno scopo non è misurabile quantitativamente, il raggiungimento degli obiettivi, invece, è misurabile attraverso le azioni specifiche e gli effetti che queste sortiscono. A questo proposito sarebbe apprezzabile se il presidente, oltre a svolgere il lavoro, a tutti noto, di promozione e valorizzazione delle attività di studio, di ricerche e di pubblicazioni sulla figura e le opere di Vincenzo Padula, rendesse partecipe la comunità di una descrizione analitica degli obiettivi a oggi raggiunti e degli obiettivi ancora da raggiungere, alla luce degli articoli appena citati. Una sostanziale parte della comunità acrese si aspetta risposte fattive indirizzate a una crescita culturale che riesca veramente a stimolare la coscienza critica del nostro presente, a garanzia di un miglioramento del futuro. | 
PUBBLICATO 27/01/2025 | © Riproduzione Riservata
 
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