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Privilegi che incidono: l'ombra degli interessi particolari

Foto © Acri In Rete
Comitato Beni Comuni di Acri
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Come anticipato nel nostro articolo precedente,  approfondiremo il tema degli inquilini del privilegio; figure spesso invisibili, eppure centrali nella perpetuazione di dinamiche di potere e diseguaglianza. Analizzeremo chi sono, come occupano posizioni di favore spesso ereditate o non messe in discussione, e in che modo lo status influenza il contesto sociale, economico e culturale in cui viviamo.
Esploreremo i meccanismi attraverso cui questi inquilini mantengono il proprio vantaggio: dalle reti di relazioni consolidate, all’accesso privilegiato a risorse e opportunità, fino a modellare le narrazioni dominanti. Non mancheremo di interrogare anche il nostro ruolo, consapevole o meno, all’interno di questo sistema. In questo nuovo approfondimento , cercheremo dunque non solo di descrivere una realtà, ma anche di fornire strumenti per riconoscerla, metterla in discussione e, forse, trasformarla. Nel loro saggio “Le due società. Del benessere passivo e delle povertà dei calabresi”, gli economisti dell’ UNICAL Domenico Cersosimo e Rosanna Nisticò descrivono con lucidità una Calabria spaccata in due: da un lato gli inquilini del privilegio, capaci di influenzare le politiche pubbliche a proprio vantaggio, dall’altro, una moltitudine di cittadini esclusi, invisibili, che subiscono le conseguenze di un sistema che non li rappresenta.
Gli inquilini del privilegio sono individui o gruppi che, grazie a reti relazionali consolidate sia di natura interpersonale che associativa come ad esempio Lions, Rotary, ordini professionali, associazioni di categoria o circoli massonici palesi e occulti, riescono ad orientare le scelte politiche e amministrative. Acri è diventata il laboratorio di un nuovo conformismo: le élite del privilegio hanno generato un partito unico che soffoca ogni diversità di pensiero. In nome di una convivenza sterile, impongono una  promiscuità ideologica che premia l’obbedienza e cancella la coscienza.
Chi resiste viene isolato, chi riflette diventa sospetto. Così mentre sorridono nelle piazze, la democrazia muore dietro le quinte.
In genere, questa élite  si muove agilmente tra le maglie della burocrazia e della politica, ottenendo risorse, appalti, incarichi e vantaggi che rafforzano la propria posizione di potere. Le ricadute su una comunità calabrese, ad esempio Acri, sono devastanti. Nel contesto di una città come Acri, dove le dinamiche sociali sono fortemente intrecciate con quelle personali, la presenza di queste reti può contribuire a orientare nomine, appalti, priorità amministrative e persino campagne elettorali. Non si tratta necessariamente di complotti, ma di relazioni di fiducia e reciprocità che si sviluppano all’interno di ambienti chiusi e selettivi. Secondo alcune fonti, queste associazioni filantropiche fungono da ambienti di selezione e formazione per futuri leader locali. Incontri pubblici e privati, eventi culturali e iniziative benefiche diventano occasioni per stringere legami e costruire fiducia tra professionisti, imprenditori e amministratori.
La massoneria, pur non essendo ufficialmente coinvolta nella politica, è spesso descritta come una rete parallela di influenza. Alcuni membri di logge massoniche ricoprono ruoli chiave in enti pubblici o partecipano a decisioni strategiche attraverso relazioni personali consolidate. In città di dimensioni medio-piccole, dove tutti si conoscono, questo tipo di influenza può essere ancora più incisivo.
Questo rafforza l’idea che esistono ponti tra le due realtà, capaci di orientare scelte politiche o amministrative in modo non sempre trasparente. I cittadini comuni, altresì,  si trovano a vivere in un contesto in cui i servizi pubblici sono carenti, le opportunità di lavoro scarse e la mobilità sociale quasi inesistente. Le politiche pubbliche , invece di rispondere ai bisogni collettivi, sembrano modellate per tutelare interessi particolari.
Questo squilibrio alimenta sfiducia, rassegnazione e, spesso, emigrazione. I giovani, privati di prospettive, lasciano la propria terra.
Chi resta, si adatta o si arrende. La comunità si svuota non solo fisicamente, ma anche culturalmente e democraticamente.
Il sistema clientelare diventa l’unico canale di accesso a diritti che dovrebbero essere garantiti a tutti. In Calabria questa realtà si vede e si sente. Basti pensare alla sanità: è ormai diventato normale dover andare a curarsi fuori regione, magari a Roma o Milano, perché gli ospedali calabresi sono sprovvisti di macchinari, medici o reparti funzionanti.  Ma c’è chi, magari grazie ad un nome importante o a un incarico, riesce ad avere subito ciò che gli altri aspettano per mesi. Questa non è solo ingiustizia: è frustrazione quotidiana. Le infrastrutture sono solo un esempio evidente.
Prendiamo la strada statale 106, che attraversa la Calabria jonica: da decenni si parla di ammodernamento, di sicurezza, di sviluppo… ma i lavori procedono a rilento, mentre nel frattempo appalti, incarichi vengono affidati con criteri che spesso premiano la vicinanza politica più della competenza. E chi vive questi territori? Resta isolato, rischia la vita su strade pericolose e vede sfumare occasioni di crescita.
Il vero dramma però è che queste ingiustizie diventano normalità. I giovani calabresi crescono sapendo che, se non conosci nessuno, difficilmente troverai lavoro nella tua terra.
Che per aprire un’attività ti scontri con ostacoli burocratici insormontabili, a meno che tu non abbia le “giuste amicizie”. E così si emigra, oppure si accetta un sistema che premia la fedeltà, non il merito. La recente inchiesta giudiziaria che coinvolge il presidente della Regione Calabria per presunta corruzione e gestione opaca dei fondi pubblici mostra quanto questo sistema clientelare sia ancora radicato. In un contesto simile, le comunità si sentono abbandonate, mentre chi detiene il potere continua a rafforzare la propria posizione.
In conclusione, la riflessione di Cersosimo e Nisticò ci invita a guardare oltre i numeri e a riconoscere le dinamiche profonde che generano diseguaglianza. Per spezzare il giogo degli inquilini del privilegio, è necessario un risveglio civico, una nuova stagione di partecipazione e giustizia sociale. Solo così la Calabria potrà ricomporsi in una società più equa e solidale. Piccoli gesti di resistenza e consapevolezza stanno germogliando anche nei paesi più isolati, dove cittadini, studenti insegnanti si rimboccano le mani per cambiare le cose dal basso. E
’ da queste scintille che può nascere un fuoco nuovo, capace di illuminare il futuro della Calabria: un futuro dove i diritti non siano un lusso per pochi, ma una realtà per tutti. 
Nel prossimo scritto, per concludere questa trilogia,  ci occuperemo di amministrazione pubblica e amministrazione politica.

PUBBLICATO 06/07/2025 | © Riproduzione Riservata





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