OPINIONE Letto 506  |    Stampa articolo

Il Comitato per i beni comuni di Acri ha preso partito per l'utopia del buon governo

Foto © Acri In Rete
Vincenzo Talerico
condividi su Facebook


Generalmente si sentono molte critiche alla macchina amministrativa dello Stato e degli enti locali; la critica alla burocrazia per le politiche neoliberiste è un leitmotiv, criticare le pastoie amministrative che “rallentano” e/o bloccano i programmi delle nuove politiche basate perlopiù sull’urgenza del fare, dello spendere i fondi stanziati, è un ritornello ripetuto anche dai maggior giornali mainstream.
È oggi evidente che le politiche neoliberiste sono incapaci di gestire i processi più complessi del semplice far profitto e invocano “le mani libere” per risolvere i problemi, cioè per portar a breve termine i loro obbiettivi, per amministrare (governare). Le complessità fanno paura, e questa a livello amministrativo, ha prodotto vincoli che si esplicano in leggi e norme di “tutela” di alcuni aspetti della realtà (vedi quelle di carattere ambientale o di “trasparenza amministrativa” o di controllo sulle assegnazioni di incarichi/lavori ¬ codice degli appalti ¬, e più in generale i vincoli amministrativi derivanti proprio dall’ordinamento dello Stato democratico occidentale ¬ divisione di poteri e controlli), si invoca e si applica lo stato d’eccezione per sospendere ed eludere questi stessi vincoli (“la burocrazia rallenta”, è lo slogan dei neoliberisti).
La critica del Comitato per i beni comuni di Acri (vedi gli articoli pubblicati su questo sito il 6/7/2025) è, ovviamente, di tutt’altro tenore: parte dal considerare il bene pubblico l’oggetto (il fine) dell’amministrare dell’Ente locale e ne critica la mancanza di “razionalità”, l’interferenza affaristico/clientelare della politica che “inquina” l’apparato amministrativo, che fa della burocrazia una macchina inefficiente e/o che distoglie dall’originario fine l’intera politica amministrativa. Lodevole intervento nell’ottica di un auspicio di un buon governo del bene pubblico.
Lo sviluppo del sistema statale-capitalistico in cui viviamo, però, quasi non contempla più la categoria di bene pubblico; questo, quando va bene, è assimilato a bene statale ed è gestito con le politiche di “concessioni” ai “privati”. Ormai quasi ogni demanio statale viene concesso, e quindi “privato al pubblico”; dopo le vendite, o svendite, di gran parete dei demani dello Stato “dismessi” e le privatizzazioni dell’acqua (nonostante e in barba a un referendum che ne voleva la gestione pubblica e non speculativa), fra le ultime cose pubbliche rimaste, le spiagge e le strade (non solo le autostrade), anche queste vengono concesse: spiagge pubbliche non se ne trovano più, se non in posti impervi, e nelle città “gentrificate” ormai interi pezzi di centro storico, e non solo, sono concessi a bar e ristoranti, tanto che le strade e le piazze sono sale all’aperto di questi, e sono “private” al libero passaggio e/o al libero assembramento, essenze della “strada pubblica” (processo di “privazione” coadiuvato dalle norme per la sicurezza).
Acri era antica Universitas con tanti terreni comuni in cui si praticavano gli usi civici, quale pratica di godimento dei beni demaniali esercitata dalle comunità, ma già il nostro Padula denunciava nella metà dell'Ottocento le usurpazioni che di questi beni comuni ne hanno fatto, proprio grazie al consolidamento dello Stato italiano. L’eliminazione di queste antiche pratiche di godimento dei beni comuni sono proseguite in modo diretto con la loro eliminazione anche giuridica e con una serie di leggi e politiche che nel corso di più di un secolo hanno eliminato lo stesso senso e percezione di cosa sia il bene comune.
Oggi, per esempio, abbiamo già assistito allo smantellamento del Welfare State (che possiamo considerarlo come un po’ di ridistribuzione della ricchezza sociale sotto forma di servizi e quindi anche come un bene pubblico non “patrimoniale”) e viviamo, a ogni evento atmosferico, gli effetti delle nefaste politiche di gestione del territorio, che sono improntate dall’emergenzialità e allo stato d’eccezione, con la gestione dei conseguenti disastri fatta dalla protezione civile, anziché con una sistemazione del suolo e delle dinamiche naturali dell’idrogeologia; le aree delle dinamiche fluviali (riconosciute anche dal codice civile come demani pubblici e che per legge dovrebbero mantenere la loro funzione pubblica non alienabile) sono, grazie a questa politica, smembrate con canalizzazioni, e lottizzazioni. Tutti questi sono solo alcuni esempi del perché diventa davvero sempre più difficile parlare di bene pubblico. Che, invece, il Comitato per i beni comuni di Acri mette come fine del buon governo.
Sia la società, sia la politica, anche ad Acri, si sono adeguate a questa nuova realtà. I partiti (o le liste civiche che si presentano a ogni elezione) sono comitati d’affari, gestiti da lobby e consorterie massoniche, il cui fine sono i loro interessi particolari perseguiti anche a detrimento di altri interessi e soprattutto del bene pubblico. Ormai lo stesso modello occidentale di democrazia, si sta delineando sempre più come un sistema “cleptocratico”, le cui politiche garantiscono le massimizzazioni delle ricchezze per i governanti e per tutte le strutture lobbistiche che li reggono o li determinano. Difatti, il sostantivo aziendalistico-imprenditoriale governance, usato come sinonimo di governare, è entrato nel linguaggio giuridico istituzionale a conferma di questa interpretazione. L’amministrare, anche per un piccolo Ente locale, è questo! Non ha più nulla a che fare con la gestione del bene pubblico, perché non ha più a che fare con una vita sociale che contempli il bene pubblico.
Può sembrare un ragionamento “ideologico”, astratto, che non tiene conto dei contesti locali e contingenti, ma non è così: rischiamo di essere risucchiati dal modello statale-capitalistico, che proprio come modello è in una crisi profonda e che pur di sopravvivere ci sta trascinando nella guerra e nel fascismo, senza rendercene conto. Non c’è bisogno di pensare soltanto alla corsa al riarmo e alla politica di guerra che in Italia come nel resto dell’occidente si sta ponendo come la politica di ripresa economica (che significa solo nuovi arricchimenti per i soliti noti), ma basta fare attenzione alle programmazioni e ai piani che l’attuale governo porta avanti, tipo il nuovo “Piano strategico nazionale per le aree interne”, per scoprire la logica “fascista” dell’attuale sistema statal-capitalista (non solo dell’attuale governo!). Questo Piano è una vera e propria politica di governace con la quale le istituzioni e le lobby gestiranno fondi per “ristrutturare” i servizi, i rimasugli del Welfare, nelle aree interne del paese, con una logica esplicitamente di definitivo abbandono di queste che vengono definite aree “di spopolamento irreversibile”, quindi di eutanasia di queste comunità e della loro vita (Acri sembra non sia inclusa fra queste, ma ai suoi confini si estendono proprio le aree del III gruppo: “spopolamento più veloce dell’adattamento delle infrastrutture”). La logica (e il Piano) non è nuova né solo di questo governo di destra, già i precedenti governi di centro-“sinistra” programmavano lo spopolamento e in tutti questi anni hanno provveduto con scientificità a “togliere i servizi ai paesi così la gente si trasferirà spontaneamente nelle città”. Spopolamento “spontaneo” prima, ora con “l’Obiettivo 4” del nuovo PSNAI, diventa “accompagnamento in un percorso di spopolamento”, ma pur sempre si tratta di una logica di deportazione. Come vogliono farla a Gaza; certo, il paragone non ha nulla a che fare con il genocidio in corso, né con l’etnocentrismo dello Stato di Israele, paragonabili soltanto alle “imprese” nazifasciste del secolo scorso, ma anche questi obiettivi perseguono l’eliminazione di comunità e della vita di persone da un territorio.
Anche qui, nelle nostre aree di spopolamento, ci sarà da rivalorizzare gli elementi ambientali e paesaggistici così da accontentare le lobby locali con proventi per abbellire le destinazioni dell’impresa turistica nazionale. Il residuo dei servizi del Welfare da destinare a queste aree sarà pensato esclusivamente per questa nuova funzione delle aree, non per la popolazione che, imperterrita, ancora vi risiede. E così come nei centri storici delle città “gentrificate” è meglio che non ci risiedono i ceti popolari, anche in queste aree è meglio “accompagnare” lo spopolamento. Questo prevede il PSNAI per come approvato dall’attuale governo.
Tutto ciò ha a che fare con l’abbandono del bene comune o pubblico da parte dello Stato e di qualunque politica istituzionale.
I pochi terreni comuni dell’Universitas di Acri scampati alle usurpazioni dei “galantuomini” (questi erano legati allo Stato italiano post unità, come le odierne lobby sono legate a quello attuale), già da tempo sono diventati Parchi e quindi aree “protette” anche dagli usi civici che vi si potevano praticare. Era l’inizio della distanza (o separazione) delle popolazioni locali dal nuovo bene pubblico la cui fruibilità è di un altro soggetto, più astratto (alienato dai luoghi), il turista e/o il fruitore dei parchi e dei paesaggi. Il nuovo PSNAI accentua questa dinamica di estraneazione, non solo da quelli che erano i beni comuni, ma dagli interi luoghi di queste comunità, anzi ne programma il definitivo spopolamento di chi in queste aree pretende volerci vivere, iniziando con il levargli qualsiasi servizio necessario alle condizioni moderne di vita.
L’amministrare diventa sempre più un affare gestionistico di risorse da far fruttare nell’ottica aziendalistico-imprenditoriale, basti pensare che da tempo diverse parti degli Enti locali hanno preso il nome e la funzione di Azienda. Esemplare in ciò è stato la trasformazione del sistema pubblico nazionale della sanità, ora smembrato perlopiù in Aziende pubbliche e private; aziendalizzazione che ha coinvolto addirittura il sistema scolastico. Dietro questo processo c’è la falsa idea che i privati portino soldi e si risanano i famigerati debiti pubblici, mentre l'esperienza insegna proprio il contrario, e cioè che i privati usano il pubblico come terreno di saccheggio di risorse finanziarie. Anche la legittimazione sociale del sistema non avviene più grazie alla partecipazione al bene pubblico e quindi grazie a una sua razionale gestione, ma base di "consenso" si fonda sempre più sull'illusione di far partecipare alla spartizione del bottino. La stessa partecipazione politica è improntata a questa logica.
Certo, la stragrande maggioranza della popolazione è esclusa da questo sistema e ne subisce le conseguenze delle rapine alla “ricchezza pubblica”, anche con la mancanza di servizi e di beni godibili.
Ma anche le persone che conservano un minimo di dignità con ribrezzo si avvicinano a questi ambienti e alle persone che lo alimentano, la cui logica è quella di massimizzare gli interessi, anche quando fanno una donazione (la carità è sempre servita ad aiutare gli esclusi a rimanere tali), o se si interessano del “bene pubblico” (sfarzose serate organizzano i vari club ad Acri per farsi pubblicità con eventi simili). I molti se ne stanno fuori, lontani (disertano?), e ciò viene erroneamente interpretato come neutra astensione. Gli esclusi non riescono mai a fare comunità perché esclusi, né si può pensare ad “aggregazioni” concorrenziali a tali lobby e club, perché non sarebbero incisive sui possibili cambiamenti di tale sistema. L’arricchirsi, o avvantaggiarsi, a spese di altri, o del pubblico, non può essere, logicamente, un diritto di tutti. “La proprietà è un furto” diceva Proudhon, proprio riferendosi al furto che avviene da parte di chi frutta il lavoro altrui, e di chi si appropria della ricchezza che l’intera comunità produce proprio in quanto unione, intreccio di saperi e attività collettive, o più semplicemente come contribuente del fisco. Questo furto può avvenire solo perché il “governo” lo genera sottraendolo alla collettività e garantendo la difesa della proprietà privata.
Il sistema è così funzionale (strutturale) alla logica capitalistica (di sfruttamento), e quindi alla logica di “governo”, che certamente non si modifica con una gestione razionale e con finalità verso il bene comune (l’utopia del buon governo) dell’ente locale. Bisogna valorizzare questa estraneità della quasi maggioranza delle persone che vengono chiamate alle urne: gli fa onore!
Il concetto di Bene pubblico, e ancor di più quello di bene comune, sono strettamente connessi a quello di proprietà privata, poiché quest’ultima in un qualche modo ha limitato e ridimensionati gli altri due e continua progressivamente a ridimensionarli (il furto di cui parla Pruodhon).
Una logica, una politica, a favore dei beni comuni è, quindi, necessariamente non governativa, non statalista, ma pubblica, a favore del pubblico che non si fa ridurre allo statale, poiché ricadrebbe nel sistema del “furto”.

PUBBLICATO 13/07/2025 | © Riproduzione Riservata





Ultime Notizie

OPINIONE  |  LETTO 506  
Il Comitato per i beni comuni di Acri ha preso partito per l'utopia del buon governo
Generalmente si sentono molte critiche alla macchina amministrativa dello Stato e degli enti locali; la critica alla burocrazia per le politiche neoliberiste è un leitmotiv, criticare le pastoie ammin ...
Leggi tutto

I RACCONTI DI MANUEL  |  LETTO 505  
Le antiche fontane naturali di Acri, potenziale ricchezza per il territorio
Acri, come tutti ben sanno è posto a 720 metri nel cuore verde della Sila. Per la.... ...
Leggi tutto

OPINIONE  |  LETTO 1363  
Lettera educata
Ho atteso qualche giorno per averne certezza e, adesso, finalmente questa c’è e io, allora, posso dirlo, ammetterlo, si, io faccio outing: io sono un maleducato! Il sig. Sindaco ha risposto alla mia l ...
Leggi tutto

POLITICA  |  LETTO 1756  
Fascia contesa... La ''ruba'' Maiorano
Comprendiamo il sindaco Capalbo che, suo malgrado, è stato costretto a “virare” su Luigi Maiorano. Ne avrebbe fatto volentieri a meno sebbene gli ottimi rapporti ma dopo la rinuncia di Bruno e i veti ...
Leggi tutto

COMUNICATO STAMPA  |  LETTO 965  
La cattiva abitudine di fare di tutta l'erba un fascio
In politica è risaputo, in molti casi fa comodo fare di tutta l’erba un fascio. Ne è un esempio lampante il comunicato del sindaco di qualche ora fa che taccia di incoerenza l’intera minoranza, a suo ...
Leggi tutto