La Rigenerazione Tradita: Le Botteghe del Centro Storico di Acri tra Sogni e Derive del passato e del presente


Comitato Beni Comuni di Acri

Nel cuore antico di Acri, dove le pietre raccontano storie di artigiani, commercianti e mestieri tramandati da generazioni, il progetto di rigenerazione delle botteghe avrebbe dovuto rappresentare una rinascita culturale ed economica.
Un ritorno alle radici, un rilancio della manualità e dell’identità locale. Eppure, gli esiti del bando pubblico hanno sollevato più di una perplessità, lasciando spazio a un dibattito acceso su ciò che è stato e ciò che avrebbe potuto essere. L’iniziativa, nata con l’intendo di valorizzare il centro storico attraverso il recupero delle botteghe tradizionali, ha finito per snaturare il concetto stesso di “bottega”. Invece di ospitare attività artigianali, laboratori di mestieri o esercizi commerciali legati al territorio (se ce ne sono rimasti), molti locali sono stati assegnati a soggetti che nulla hanno a che vedere con queste finalità: associazioni musicali che utilizzano spazi come sale prove, uffici SIAE e sedi amministrative, imprenditori che impiegano i locali per scopi privati e lontani dalla vocazione artigianale utilizzando le botteghe come vetrine promozionali senza una reale attività produttiva o commerciale al loro interno. Questa degenerazione ha generato un evidente scollamento tra gli obiettivi del progetto e la sua realizzazione concreta. Non è la prima volta che ad Acri si assiste a una gestione discutibile degli spazi pubblici. Già in passato, le botteghe venivano assegnate a parenti di amministratori o a soggetti legati da accordi di partito (dove l’unico spazio pubblico era la famosa “pescheria”) . Oggi, la storia sembra ripetersi con il ritorno dei “Familiares”. L’attuale amministrazione comunale, pur avendo investito su un progetto, a nostro avviso, discutibile per rilanciare il centro storico, ha scelto di seguire una logica passiva: quella della domanda privata. Invece di guidare il processo con una visione strategica, ha accolto le richieste dei singoli, formalizzandone attraverso atti amministrativi che, seppur regolari sul piano burocratico, hanno tradito lo spirito del progetto. Questa scelta ha comportato: un impoverimento culturale, privando il centro storico di spazi autentici di produzione e scambio; un abuso del termine “bottega”, svuotato del suo significato originario; una mancanza di coerenza tra gli obiettivi dichiarati e gli esiti concreti. La bottega non è solo uno spazio fisico. E’ un simbolo di sapere, di comunità, di identità. E’ un luogo dove si intrecciano mani e storie, dove si tramanda la cultura materiale ed immateriale di un territorio. Ridurla a semplice spazio da assegnare, senza curarne la funzione ed il valore, significa perdere un pezzo di sé. Per invertire la rotta, Acri ha bisogno di: un nuovo bando che metta al centro la funzione artigianale e culturale delle botteghe; un monitoraggio costante sull’utilizzo degli spazi assegnati; un coinvolgimento attivo di artigiani, giovani creativi, scuole e associazioni culturali che promuovono mestieri maschili e femminili; una narrazione condivisa che restituisca dignità e senso al concetto di bottega. Pertanto, chiediamo un nuovo bando, trasparente e coerente, che metta al centro i mestieri e la creatività locale. Come Comitato Beni Comuni di Acri sosteniamo che la rigenerazione non può essere solo edilizia. Deve essere sociale, culturale, identitaria. Acri merita un centro storico vivo, pulsante, fedele alla sua storia e aperto al futuro. |
PUBBLICATO 30/07/2025 | © Riproduzione Riservata

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