OPINIONE Letto 1793  |    Stampa articolo

In nome di padre Fedele

Foto © Acri In Rete
Angelo Bianco
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Sua Santità,
il mio nome non è importante, a scriverLe è un peccatore vero, un papà di tre bambine, un medico ma non è in nome di nessuna di questi che mi permetto di chiedere il suo perdono, so di non averne il merito.
Io continuerò a peccare, io sono un uomo di questa terra ma c’è un frate della nostra Santa Madre Chiesa, c’è un medico, un papà di migliaia di bambini e di bambine senza famiglia, c’è un uomo e la sua fragilità, il suo nome è padre Fedele Bisceglie ed è a lui, sua Santità, che io Le chiedo di concedere il perdono, lui ne ha, davvero, tutto il merito.
Il nostro padre, adesso, è agonizzante in un letto d’Ospedale, La prego, a lui sia dovuto lasciare questa terra in pace con suo Padre e vestito, ancora, dei suoi adorati sacramenti, ancora, invece, negati per colpe abnormi che non ha mai avuto.
Sua Santità,
a scriverLe è un paese, è Acri, è una regione, è la Calabria, è un continente, l’Africa, sono tutte le terre dove il frate cappuccino ha praticato la sua missione con ardore di fede e dove, ogni fedele che lo ha conosciuto, non ha mai creduto alle accuse infamanti che gli sono state rivolte e che, oggi, purtroppo, gli impediscono di dirsi e fare il prete sul letto di morte perché su di lui grava, ancora, una sospensione “ad divinis”, nonostante, nessuna di quelle accuse si sia dimostrata fondata e lui sia stato pienamente assolto dalla giustizia umana.
Tutti noi, acritani, calabresi, africani, riconosciamo il valore profondo della missione cristiana che padre Fedele ha svolto sin dal primo giorno che ha indossato il suo amato saio fino ai suoi ultimi, seduto in un angolo di corso Mazzini, a Cosenza, la sua ultima città:
è la raccolta di elemosine che hanno potuto sfamare, istruire, vestire, curare e dare una speranza agli ultimi di questa società, dove, purtroppo, non c’è posto e attenzione per chi arriva ultimo.
Le opere caritatevoli che padre Fedele ha portato a compimento, “l’Oasi Francescana”, “il Paradiso dei poveri” sono e fanno la storia di questo straordinario esempio di uomo di Chiesa, vissuto in totale dedizione ai più bisognosi e a nessuno deve essere più concesso di macchiarne la limpidezza cristiana, missionaria, misericordiosa che ne ha mosso l’opera.
La nostra Calabria è terra martoriata dal pregiudizio che il malaffare ne sia il seme più prolifico ed è agli onori della cronaca solo e soltanto quando c’è da darne conto del frutto marcio. Questa narrazione è a tutto discapito dei suoi cittadini che nutrono, invece, le radici di quell’albero civico con onestà e sacrificio perché a noi non è mai concesso l’onore del dubbio, la nostra colpevolezza è l’handicap di ogni gara e ogni vittoria è vista con sospetto, si dirà “non ha rispettato le regole” ed è quanto s’è detto di padre Fedele ma lui ha sempre onorato una sola regola “fare del bene al prossimo!”
Sua Santità,
ho fede a sufficienza per credere nei miracoli, faccio il chirurgo e tutti i giorni, nella mia corsia d’Ospedale, ne invoco, almeno, sempre uno perché conosco i limiti dell’uomo ma non quelli della speranza ed è a questa che affido questa nostra lettera così che arrivi alla Sua attenzione e che Ella ne voglia accogliere la preghiera e conceda a padre Fedele il sacramento di assolvere, per la sua ultima volta, tutti quanti lo hanno ingiustamente crocifisso e assurgere in cielo nel posto che che lui merita, giusto tra i giusti!
Umilmente, un peccatore.

PUBBLICATO 06/08/2025 | © Riproduzione Riservata





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