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La storia siamo noi

Foto © Acri In Rete
Angelo Bianco
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Se la narrazione è “ha vinto Occhiuto, abbiamo un nuovo presidente della Regione, ha vinto la democrazia, il popolo ha votato”, io non ci sto, è tutto falso, non è così che dobbiamo permettere si scriva questa Storia.
Ieri in Calabria abbiamo perso tutti!
La vittoria di Occhiuto era scritta dal giorno delle sue dimissioni.
Deve ancora nascere chi in politica rinuncia ad una poltrona senza averne certezza di un altra e, lui, sapeva che non l’avrebbe mai persa, anche se si fosse presentato Gesù Cristo da avversario.
Occhiuto è un politico di professione, l’altro, no e i miracoli sono gratis mentre in politica, invece, tutto ha un prezzo.
Chi vive in Calabria e, soprattutto, chi ne è andato via, conosce perfettamente la dinamica della politica locale, dal più piccolo del paese, da Acri, il mio, sino a Reggio: tu mi dai, io ti do!
Il merito, il curriculum, l’onestà, la moralità non hanno titolo, la regola è una e non è vincolata alla promessa del programma elettorale ma ad altra promessa, dogmatica: tu mi dai, chiunque io sia, io ti do, chiunque tu sia.
Più di qualcuno, tra ieri e, soprattutto, oggi, ad urne spogliate dai calcoli attesi, ha scritto sui social, riferendosi al mio paese “non puoi dissentire dal non votare, rischi di avere ripercussioni!”, invitando alla resilienza, a dire “no!”
Si chiama gestione del consenso, in Calabria si usa così, ad ogni cabina elettorale c’è un palo, sono i suoi occhi “lui, ti sta vedendo, attento a come voti!” e vale per Forza Italia e anche per chi si professa un figlio della sinistra, anche se, forse, ha confuso il braccio da mostrare, anche se, forse, adesso che ha perso, perché qualcuno lo ha tradito, starà forse già preparando gli inviti per l’ultima cena ma non porgerà l’altra guancia, anche se si presenterà Gesù Cristo.
Ieri in Calabria non ha perso o vinto il merito, ha trionfato il metodo, la certezza del voto da chi ha bisogno, la povertà della pancia.
Occhiuto, il suo partito, la coalizione era già al timone della Regione e a chi ne ha messo in dubbio la legittimità del comando ha mandato a dire “comanda il popolo!” e più non dimandare.
L’indizione di nuove elezioni di chi da indagato si ricandida e viene eletto a furor di popolo, sono il manifesto peggiore della democrazia perché ne trae ogni vantaggio in ordine ai principi scritti che legittimano il voto, rifuggendone il principale, mai scritto, che è l’onore candido della candidatura e, forse, non è solo un gioco di parole.
La metà dei calabresi, purtroppo, è rimasta sull’Aventino, anzi, sull’Aspromonte perché rende più scenografica l’idea di tenere ancora sotto sequestro la propria coscienza, il riscatto è sempre lo stesso, pretende che la Politica sia intesa e servita nella sua accezione d’origine, al servizio dei cittadini, un’altra povera Flottila d’illusi e derisi.
Chi conosce la Calabria lo sa, l’Aspromonte è una terra bellissima ma tutto può diventare relativo, dipende da come si vuole narrare la storia e cambiarne la lezione, io, ieri, l’ho scritta così.

PUBBLICATO 07/10/2025 | © Riproduzione Riservata





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