I RACCONTI DI MANUEL Letto 324  |    Stampa articolo

L’anziana signora che trasportava a spalla la legna

Foto © Acri In Rete
Manuel Francesco Arena
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È un giorno di pioggia autunnale. Uno di quei giorni in cui amo semplicemente passeggiare un po' a piedi lungo le strade della nostra Sila Greca. La notte scorsa è piovuto tanto: sono cadute le castagne e mi fermo a raccoglierne qualcuna. I nostri boschi sono generosi, regalano sempre senza chiedere nulla in cambio.
In fondo tutta la natura è così, quel che è lecito chiederci è perché anche noi non lo siamo pure con essa. Dietro la curva, anticipata da un rumore di scarpe pesanti spunta ad un certo punto una signora di una età compresa tra i 75 e gli 82 anni credo. È affabile, simpatica ma tuttavia sul suo volto ha cucita una dolce malinconia.
Dopo un mio saluto, si ferma un pò a parlare sorridendo. Ha voglia di raccontare qualcosa ed io sto lì ad ascoltarla volentieri. In fondo ascoltare per poi raccontare se non il mio lavoro, è sicuro il mio hobby preferito. Porta degli stivaletti neri di quelli che si usavano una volta ed un grembiule allacciato alla vita.
In mano ha un cestino di plastica dove anche ella ha posto alcune castagne trovate sulla via mentre sulle spalle, trasporta un lungo tronchetto di castagno secco.
Mi dice che questo servirà per il fuoco. Che bello! Immagino il focolare acceso, il comignolo che sbuffa ed il calore nel tinello. Si dice che prima che l'aria, il camino riscaldi il cuore.
Quel lungo ed esile tronco, tanto tempo prima quando era un alberello vivo dalle foglie verdi, non poteva minimamente immaginare il nobile ruolo che avrebbe ricoperto da legno morto un giorno. Ovvero, fare da compagnia a questa donna e probabilmente anche al marito, dando vita al fuoco che avrebbe scaldato la casa assieme al loro cuore in un giorno d'ottobre. Quando il breve discorso si esaurisce, ci salutiamo. Lei adagio riprende la sua via mentre io mi rimetto in marcia.
Iniziano a cadere le prime gocce di pioggia.
Fra poco forse pioverà, quindi meglio aumentare il passo verso la macchina anche se la nebbia fitta, sta a dirmi che difficilmente la pioggia verrà giù in verità. Ora dinnanzi al computer, mentre do vita a queste righe e ricordo ancora mentalmente quell’istantanea, provo uno strano senso d'emozione.
Nonostante il passo cadenzato dagli anni e la forza sicuramente non fosse quella di un tempo, in quella simpatica signora c'era un moto di entusiasmo tipico di una generazione di cui ormai stanno rimanendo purtroppo sempre meno testimonianze. Questa è la generazione dei nostri nonni e dei nostri padri: una generazione che ha fatto grande l'Italia con le mani e con l'ingegno. Una generazione che ha attraversato molti patimenti ed ha lavorato sin dalla più giovane età.
Una generazione che non ha vissuto l'epoca digitale, ma ha saputo lo stesso progredire segnando la via maestra del nostro futuro. Scrivo spesso io di questa generazione nei mie racconti e nei miei libri, per questo qualcuno mi dice che essi sono un velo anacronistici.
Però per me, figlio della Sila cresciuto con una cultura contadina, è una sorta di dovere morale dare voce alle malinconie ed alle rughe di questa medesima generazione dai grandi valori morali che tramite i loro insegnamenti, hanno dato vita a semi che non moriranno mai in chi si è fermato ad ascoltarli e continua a farlo ancora.
Di queste persone abbiatene rispetto e fermatevi sempre a parlarci per le vie dei paesi: loro è vero hanno vissuto il passato, ma con le loro parole semplici eppure fisse come stella polare, sapranno arricchire il vostro futuro.

PUBBLICATO 18/10/2025 | © Riproduzione Riservata





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