L'albero potato
Angelo Bianco
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Ieri è stato il mio primo giorno ad Acri e che non potesse essere un ritorno felice al passato era prevedibile.
È un pensiero che avevo portato con me, gli ho fatto spazio senza averne piacere in valigia, ma che fosse un ritorno ad un futuro così più infelice, e quello che ho visto lo è, non mi piace per niente e non voglio trovargli, altrettanto spazio, nella valigia del ritorno. Sono arrivato alle 12.20, ho salutato mia sorella, avevo già fame, colpa dell’ora legale, e lei “butto la pasta?” e io “ma no, in fondo è ancora presto, faccio prima un giro in centro, ci sarà un casino, è domenica, vengo più tardi” e già immaginavo parecchio più tardi, tra amici e aperitivi. Lei abita alla Viola, sono a piedi, ritorno per l’Annunziata, sono solo due passi. C’è un nastro, tra il muro della chiesa e una panchina, ad impedirne l’accesso, stanno potando un albero, la piazza è deserta, immagino per il divieto. Un operaio mi guarda, mi fa cenno di passare, ringrazio, arrivo all’inizio della vasca e sono rimasto io spoglio di ogni ragione: il corso era deserto, vuoto di tutto, spettrale, nessuno. Ho riguardato l’orologio, forse ho fatto confusione con le lancette dell’orologio, era un quarto all’una, allora, è tutto reale, anzi, surreale. Inutile andare giù, mi fermo, quasi, quasi ritorno subito da Lorella, ho più fame di prima, poi, guardo meglio. Ci sono tre persone sedute fuori al bar Panza, sorrido, vado incontro, riconosco il profilo di Michele, tiro un sospiro di sollievo “allora, c’è vita!” Ci salutiamo da fratelli quali siamo, riconosco anche gli altri “dottó, e quant tiempo, bonovenuto, e mo ti fiermi ncuno iuornu?” ma io ho una domanda più urgente “come mai non c’è nessuno?” Michele vince il premio per la battuta più amara, sorride “sarà colpa dell’ora legale, la gente ancora sta dormendo!” mi offre un aperitivo, brindiamo. Arriva il sempre eterno Arturino, altro amico di infanzia, altro aperitivo, il ritorno al passato per stamattina è tutto qui, può bastare, altrimenti mi ubriaco, telefono a mia sorella “butta la pasta!” Il racconto del pomeriggio e della sera è un copia/incolla, strade deserte, ma ci sono Peppe, Antonella e Carmine, la scena è quella solita, quattro amici al bar, resisterà al tempo che scorre e fuori invece, il tempo, sta scorrendo, male. A fine giornata arriva un’altra battuta che, involontariamente, inconsapevolmente migliora l’ironia di Michele e mette la parola fine a questa domenica da ricordare per dimenticarla in fretta. Sono al B&b dí Siciliano, bellissima struttura, mi telefona Franco Bifano, al quale aveva inviato il mio articolo sulla festa del Beato Angelo, parliamo un po’, l’argomento si ripete “come mai oggi non c’era nessuno?” e, prima del saluto finale, “dottó, dobbiamo però rettificare il tuo pezzo, è Sant’Angelo!” La sintesi di questo primo giorno del mio ritorno è tutta qui, illuminante, ci diamo appuntamento per un caffè domani “hai ragione, Franco, adesso ho capito, non è più Beato, è un’altra festa!” Confesso, ho vissuto un brutto risveglio, Acri vive un'altra festa, non lo scopro davvero io, oggi, quando social e le loro foto impietose delle strade buie e deserte lo documentano ormai ogni giorno, quasi a farne ormai un rituale civico masochista tanto da chiedermi: quale ne è il senso costruttivo? È solo un esercizio fotografico funzionale al narcisismo virale dei like? Lo scoramento mi dura un attimo di più del preventivatile atteso ma è da queste domande che bisogna iniziare a riflettere. In piazza c’era un albero da potare, è stato potato, si formano gruppetti a guardarne la scena, commentandone le variabili che ognuno avrebbe adoperato per un taglio migliore, sospirando al ricordo di quanto era bello prima ma ormai è fatta, l’albero è potato, adesso, c’è una cosa sola da fare: adoperarsi chi di dovere perché ricresca sano e più rigoglioso, servono giardinieri capaci! La metafora con Acri ci sta tutta, il nostro paese è stato potato da tutto e da tutti e, adesso, cosa c’è da fare? Guardiamo seduti dalla panchina? Fotografiamo? Raccogliamo le foglie del passato e proviamo a rincollarle? Nel bistrot, ho incontrato Alessandro, Marcello e, oggi, c’è anche Angelo, mi sembra di riunire ogni volta una manciata di carbonari e, magari, la siamo pure ma siamo tutti a parlare, alla luce del sole, di cosa c’è da fare, la carbonara la mangeremo questa sera, qui si mangia bene. La partecipazione è sentita, la passione civica c’è e c’è anche tutta anche la rabbia, gli animi si scaldano, gli argomenti lo impongono e succede tutte le volte che incontro qualcuno, e sono stati più di uno, che ha una voglia matta di sfogarsi: perché la Proloco non fa la proloco? perché Vaccarizzo organizza sagre che richiamano migliaia di persone e Acri no? Perché ieri Acri ha concesso di essere stata circondata da eventi in posti limitrofi che ne hanno drenato gente e denaro? Perché i locali ristrutturati dal comune non si danno con un affitto fittizio per chi vuole aprire un’attività? Perché pagare così tanto il suolo pubblico per mettere due tavolini? Perché non promuovere le eccellenze locali con manifestazioni da strutturare nel tempo rendendone un appuntamento fisso? Perché la festa patronale dura solo un giorno e non è attrattiva per i paesi limitrofi? Perché non si è ancora stilato un programma delle manifestazioni per Natale (o di tutto l’anno) per attrarre il turismo universitario o di quelli (come me) che hanno ancora interesse a ritornare al paese in occasioni preventivamente programmate? Perché, perché, perché? C’è materiale per parlare per giorni di come far ricrescere l’albero Acritano e altro ne sarà aggiunto, i temi sono tanti, abiurando di far posto a “quanto non è stato fatto e non si potrà più fare (es: salumificio)” “alla rincorsa tra torti e ragioni”, “alla guerra tra guelfi e ghibellini locali”, “a bersagliare il sindaco e l’amministrazione”, tutti temi inutili al tema del futuro di Acri. È auspicabile, invece, che si organizzino a breve assemblee pubbliche, prive di un tavolo autoreferenziale, aperte ad ogni cittadino che non abbia una tessera di partito da esibire per dirne di avere miglior titolo per parteciparvi ma che dichiari, invece: disinteresse personale buona volontà capacità educazione amore per Acri A nessuno sarà chiesto il titolo scolastico ma solo di metterci la faccia. Il 30 ottobre è la festa di sant’Angelo, è una festa nuova, approntiamo una bancarella nuova: cerchiamo giardinieri e artigiani di democrazia, astenersi politicanti perditempo! |
PUBBLICATO 29/10/2025 | © Riproduzione Riservata
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