Acrivic ai tempi dello Zar


Franco Bifano

Anno domini 1817.
Narra una leggenda che ai tempi dello Zar Nicolaj I, incastonato tra i monti della Silaberia tra gli antichi borghi di Luzzinski e Bisignànov, si trovava una ridente cittadina di nome Acrivic. Le tre comunità vicine vivevano in un clima di armonia e di grande serenità. La cosa però indispettiva la vicina città di Kusenza, all’epoca sotto il dominio della potente dinastia dei “Cinghiàlof”. Erano comunque tempi difficili, carichi di fermento politico. Ad Acrivic, per esempio, incombeva la consultazione popolare, gruppi di Cosacchi facinorosi si organizzavano per favorire il ritorno al potere del pericoloso rivoluzionario Serghiei Peppovic Cristòf, un tempo fra i capi della locale comunità regionale. La funesta notizia giunse alla corte di Nicolaj I. Lo Zar, da tempo in naftalina politica, intuendo il grave pericolo ruppe gli indugi e scese in campo. La sofferta consultazione popolare sancì la vittoria del ritrovato Zar. Il temerario Peppovic Cristòf, che aveva osato andare in sfida, fu sconfitto e mandato in esilio nella vicina Padulia, sulle antiche rive del Don Calamo. Lo Zar eletto, per governare si circondò delle menti più brillanti di tutto il regno e giurò solennemente che una nuova Acrivic era possibile. I sudditi, in giubilo dissero all’unisono:“Culli Cazz!”, che in antica lingua mongola vuol dire “Speriamo!”, percuotendosi contemporaneamente per tre volte con una lunga verga, in segno di buon auspicio e prosperità. Nicolaj I mise a capo delle legali truppe il Principe Stanislaov Disastris. Seguirono giorni di festa e la consegna diretta di ricchi premi agli amici dello Zar, tutti sotto 40 mila Rubli, cifra massima all’epoca consentita. Per anni Nicolaj I tentò di liberare la città da “Dissestus”, l’orribile mostro, generato da genitori ignoti, che divorava le esigue risorse del popolo.Per vincere la cruenta battaglia, al grido di “Avanti miei prodi!”, si avvalse di costosi eserciti mercenari provenienti dalla vicina Kusenza e dalla lontana Locrisc (questi ultimi fedeli ai Cinghiàlof) guidati dall’intrepido condottiero Edmod Callipopof. Fu tutto inutile però, Acrivic fu divorata dall’avido mostro che ridusse in mutande tutti gli abitanti. La cittadina patì la sete, le aggressioni di strani animali conosciuti come “cagnoski randagi” ed anche varie carestie. I cittadini per rompere il sortilegio,ormai stanchi e provati, pronunciarono la formula:”Jamu propriu culli Cuntracazz!”,che in antica lingua mongola vuol dire:“Chi supposta!” e rassegnati partirono per terre lontane. La leggenda narra che lo Zar e la sua corte dei miracoli passarono l’ultimo triste periodo dell’opaco regno tra lotte intestine e il disperato tentativo di stare aggrappati alla poltrona. Non esitarono a prevaricare qualsiasi diritto pur di tenere lontano i cittadini a loro sgraditi, e continuare a fare allegramente i loro lavori. Come finì il regno di Nicolaj I non è dato di sapere. Si racconta che fu proprio da questa leggenda e dalle gesta del suo impavido condottiero che Monicelli trasse ispirazione per la sua “Armata Brancaleone”. |
PUBBLICATO 01/02/2017 | © Riproduzione Riservata

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