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Dissesto dimenticato.

Flavio Sposato
Foto © Acri In Rete
Il dissesto idrogeologico del nostro territorio continua, purtroppo, ad essere dimenticato, fuori dagli interessi e dalle priorità dei pubblici amministratori, presente nelle loro decisioni solo quando diventa emergenza, calamità naturale (!?).
Ne è l'ennesima dimostrazione l'evolversi, negativo, del dissesto della pendice di Serra di Buda, quello tristemente famoso per l'interruzione della ss 660 e per l'attuale costante minaccia alla transitabilità della statale.
Al progredire del movimento profondo della frana, molto studiato in questi ultimi anni, si sono aggiunti in quest'inverno particolarmente piovoso una serie di dissesti superficiali, infinatemente meno pericolosi, ma certamente molto preoccupanti per la stabilità generale della pendice e per la fruibilità della strada sottostante.
Ben quattro smottamenti in soli duecento metri, tutti all'interno del tratto in frana e tutti di nuova formazione sono (o dovrebbero essere) per i responsabili un segnale di allarme e di ripensamento su quello che si è fatto (o meglio che NON si è fatto) in questi anni per garantire al meglio la stabilità della pendice.
I dissesti che si sono instaurati sono dovuti a cause fin troppo note: la natura geologica della zona innanzitutto,ma anche la ricorrente distruzione della vegetazione e disgregazione della struttura superficiale del terreno da parte di incendi, l'abbandono della pendice, l'assenza di regimentazione delle acque.
Intervenire sulla natura del terreno non è ovviamente possibile, lo è invece sulle altre concause del dissesto; prevenire gli incendi, ripristinare una copertura vegetale efficiente, regimentare le acque, farlo su di una superficie limitata quale quella in oggetto è certamente possibile; si tratta solo di poche decine di ettari, e gli effetti positivi sulla stabilità anche profonda, sarebbero certi.
Paradossalmente questi interventi non sono ostacolati dai soliti problemi burocratici e di competenze che spesso rendono difficili i lavori pubblici (espropri, disponibilità finanziarie ,conflitti di competenza), i terreni in oggetto, infatti, sono già in massima parte sotto occupazione AFOR, ente preposto alla difesa dal dissesto idrogeologico,che dispone di personale e mezzi più che sufficienti allo scopo, ma che di fatto non opera sulla zona.
Il problema è dunque solo di scelte politiche, all'AFOR si può chiedere di realizzare giardini pubblici, come ha fatto l'amministrazione comunale uscente,oppure si può chiedere di intervenire sul dissesto di Serra di Buda (e di Padia e del Calamo), ognuno sceglie le sue priorità, la scelta dell'amministrazione Tenuta non è certamente quella che noi avremmo fatto, essa è stata profondamente sbagliata e le conseguenze negative si vedono; è la solita storia della cicala e della formica, c'è chi pensa solo all'oggi e chi preferisce pensare anche al domani.

PUBBLICATO 1/3/2005

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