Opinione Letto 1091  |    Stampa articolo

Democrazia, Stato, istituzione.

Mirko De Maldè
Foto © Acri In Rete
Un referendum è fallito, risultato nullo per insufficiente affluenza alle urne.
Questo strumento di democrazia diretta permette al cittadino di pronunciarsi sul tema in essere, prendendo atto delle posizioni espresse dalle parti contrastanti e delle peculiarità proprie del tema in oggetto, agendo secondo coscienza e secondo valutazioni personali e decidendo, in ultima istanza, di sbarrare il famoso "Si" o "No".
Cosi, generalizzando, si espleta un esempio, piuttosto semplice ma anche immediato, di esercizio della democrazia. Ma cosa vuol dire che un referendum fallisce? Che non raggiunge il quorum, ovvero il numero minimo indispensabile di aventi diritto che si recano alle urne. Il 50% più uno. Non voglio addentrarmi sul referendum dal punto di vista tecnico, dal punto di vista legislativo, ma mi sembra certo che un referendum fallito per elevato tasso di astensione è indice di una mancanza da parte della cittadinanza e delle istituzioni; si evince che la popolazione, non interessata ai temi o semplicemente scarsamente educata all'esercizio della democrazia, decide di non andare a votare o magari è incentivata a non votare proprio per giungere al risultato voluto. La cosa che mi lascia sconcertato è però che tale processo di astensionismo è manovrato e incentivato, ponendoci dunque di fronte a un boicottaggio del referendum e, di conseguenza, a un boicottaggio del sistema democratico e dello Stato che su esso si fonda. Ma chi sono questi manipolatori? Questi sabotatori? Forse un gruppo extraparlamentare? Forse qualche gruppo contro lo stato o antidemocratico? Forse qualche organizzazione clandestina che lavora per un golpe? No...Sono Le cariche più alte dello stato (seconda e terza per l'esattezza), e "last but not least" il presidente del consiglio dei ministri. Se tento un attimo di fare mente locale noto che c'è qualcosa che non mi torna. Se lo Stato si fonda su un sistema democratico e tale sistema si esplica anche, quando la popolazione lo richiede, attraverso il referendum, come è possibile che le massima cariche dello Stato incentivino l'astensione, boicottando tale sistema e quindi, per conseguenza, lo Stato? Mi sembra palese la contraddizione. Stiamo bene attenti, non ha vinto il "NO" secondo le motivazioni ad esso annesse, né il "SI", non ha vinto nessuno. Semplicemente la grande maggioranza dei cittadini non si è espressa, tirandosi fuori dall'argomento e dalla questione posta in essere o cercando di ottenere un risultato saltando la fase del voto in sé, impedendo però a chi ha votato(esprimendo il suo senso civico e esercitando il suo dovere-diritto nei confronti dello Stato), di far contare il proprio voto, regolarmente espresso.
Cosi viene meno lo scontro democratico, che, pur verificatosi, risulta inutile, in quanto il sistema è stato manomesso e il referendum annullato.
Di certo il singolo cittadino può scegliere di non esprimersi, certo l'astensione in certi casi specifici può essere uno strumento di lotta popolare contro talune manifestazioni basse da parte dei politici o delle istituzioni, ma quando in un referendum popolare ci si astiene in massa, anche per pressioni dalla Chiesa o altri enti, e le cariche più alte dello stato dicono "astenetevi", allora davvero c'è qualcosa di malato, di strano, di ingiusto in questo sistema. A mio avviso, i partiti e gli altri gruppi dovrebbero essere in grado di argomentare sulle motivazioni di un "si" o di un "no" e poi lasciare che la popolazione decida, garantendo però in primis il funzionamento dell'istituzione democratica del referendum, sotto la tutela delle istituzioni che dovrebbero farsi garanti dello stesso, primi sostenitori, e non avversari. Penso che ciò a cui abbiamo assistito, la forte astensione incentivata anche dalle alte cariche statali, sia davvero un imbroglio, uno scaldalo,un abominio, una manovra di bassa politica, incosciente e becera. Un referendum, una volta indetto, si propugna, si incentiva, si tutela. Questo è quanto; non è concepibile vedere una legge per il referendum cosi inefficiente accompagnata da cosi poca coscienza delle istituzioni statali, che sinergicamente lasciano fallire un piccolo pezzo di democrazia.
Sembra quasi che a governarci ci siano nemici dello Stato, che manomettono l'istituzione costituita, fomentando lo scarso senso civico di una collettività già poco istruita allo Stato e alla democrazia, già abbastanza in difficoltà con le regole del vivere civile e collettivo.
Forse è il caso di fare un esame di coscienza serio sia sulla legge che regola l'uso del referendum, nella fattispecie sulla discutibile regola del quorum, sia sulla responsabilità oggettiva delle cariche istituzionali nei confronti dello Stato e le sue leggi, nell'ottica di un rinnovamento della coscienza di una società civile che dovrebbe imparare a meglio trattare questa nostra democrazia nelle sue forme di tutela e cominciare a preoccuparsi della sua piena e cosciente realizzazione.

PUBBLICATO 13/6/2005

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