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Omicidio Sposato, la madre ha chiesto di essere sentita dai magistrati inquirenti.

Arcangelo Badolati
Foto © Acri In Rete
Mamma coraggio. Rosa Pirillo ha le occhiaie profonde e le palpebre gonfie. È l’effetto dell’insonnia e del pianto. Da venerdì notte non fa che ripensare a quel figlio trentacinquenne, Natale, abbattuto con due colpi di fucile calibro 12 davanti al portone di casa. Piange, sola e disperata, stremata da un dolore devastante. Piange, ma non s’arrende. Vuol sapere la verità sulla morte di Natale e, per questo, ha chiesto d’essere sentita dal magistrato inquirente, Adriano Del Bene, che ha assunto la direzione delle indagini insieme con il collega Salvatore Di Maio. Al giudice ed al maggiore dei carabinieri, Vittorio Carrara, la donna ha raccontato tutto quello che sapeva degli ultimi giorni di vita del congiunto. Incontri, spostamenti, ansie, dubbi: Natale Sposato aveva con lei un rapporto confidenziale. Nulla, tuttavia, lasciava presagire una morte violenta. Il trentacinquenne è stato fulminato dalle scariche di piombo in piena notte, in località Pietremarine di Acri. La vittima non aveva peraltro preso alcuna precauzione: era tornato a casa tardi, venerdì, a bordo della sua Motoape. Quando è sceso dal mezzo il killer, appostato dietro un muretto, ha sparato il primo colpo che l’ha raggiunto alla gamba sinistra, poi il secondo che ha centrato la vittima alla spalla. Il piombo incandescente ha così raggiunto il cuore, fermandolo per sempre. La dinamica del crimine e il tipo di cartucce usate (caricate a pallini) non lasciano pensare ad un’azione di morte ordinata dalla ‘ndrangheta. Il sicario ha fatto fuoco frettolosamente, non ha infierito con il colpo di grazia e se l’è data a gambe nelle campagne circostanti. Che non si tratti d’un delitto di mafia sono convinti sia il procuratore capo di Cosenza, Dario Granieri, che i pm Di Maio e Del Bene. Il movente del delitto dev’essere ricercato nella vita privata dell’ucciso. Nei contrasti avuti nel recente passato, negli interessi coltivati nell’Acrese, nei rapporti di amicizia e conoscenza stabiliti negli ultimi mesi. L’attentatore conosceva perfettamente la zona e questo appare un dato da non sottovalutare.
Il cadavere di Sposato, ieri pomeriggio, è stato sottoposto ad esame autoptico. L’accertamento medico legale, eseguito dal prof. Aldo Barbaro, di Reggio Calabria, avrebbe consentito agli inquirenti di localizzare il punto e la distanza dai quali l’assassino ha premuto il grilletto. La circostanza, per via della mancanza di testimoni oculari, non aggiunge però nulla alle già difficili indagini. Dalle testimonianze raccolte dai carabinieri del colonnello Aldo Iacobelli, sarebbe emersa una minore presenza del trentacinquennenella cittadina di residenza. O meglio: una presenza più discreta rispetto al passato. Sposato sostava di meno per le vie del centro e raramente s’incontrava per strada se non a bordo della sua Motoape. Qualcuno, tuttavia, potrebbe averlo notato pochi minuti prima d’essere assassinato. Qualcuno che fino ad oggi ha preferito tenere la bocca chiusa.
Le verifiche balistiche disposte dalla Procura sui pallini estratti dal corpo della vittima non sembrano destinate a fornire agli inquirenti elementi di valutazione significativi. Il sicario, infatti, non ha ricaricato il fucile da caccia usato per compiere l’agguato e, dunque, non ha lasciato sulla scena del crimine cartucce utili ad eventuali comparazioni. È improbabile che l’arma utilizzata sia “pulita”, cioè detenuta legalmente. Solo uno sprovveduto, infatti, adopererebbe una “doppietta” tenuta in casa. E magari usata per le battute di caccia.

Fonte "La Gazzetta Del Sud" del 01-10-2008.

PUBBLICATO 01/10/2008

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