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Familismo Amorale

Foto © Acri In Rete
Antonio Algieri
Familismo amorale” è un espressione che il sociologo Banfield ha coniato per descrivere l'attitudine di alcune realtà nel meridione d'Italia accomunate dall'arretratezza e dal mancato sviluppo.
Egli indica nel “Familismo amorale” la principale causa di povertà. Nella sua ricerca tenta di sfatare quei luoghi comuni da cui si presume derivi l'arretratezza delle realtà che prende in esame e mostra come quei fattori additati come cause della stessa (ad es. il mancato sviluppo delle associazioni volontarie, la scarsa importanza dei partiti politici, l'inesistenza di attività solidaristiche, la mancanza di pressioni sulle autorità per ottenere un miglioramento delle condizioni di vita) siano essenzialmente frutto di una sorta di auto-giustificazione per le loro azioni e le loro condizioni.
Ma dopo aver smascherato questo “fatalismo innato”, egli individua la causa principale del familismo: “... gli abitanti di queste realtà agiscono per massimizzare il vantaggio materiale, di breve periodo, del gruppo familiare; assumendo che tutti gli altri fanno lo stesso”. Ovvero la povertà diffusa e la mancanza di sviluppo è dovuta all'“l'incapacità degli abitanti di agire insieme per il loro benessere collettivo o per qualsiasi fine che trascenda l'interesse immediato, materiale del nucleo familiare”.
Dunque il “familismo amorale” ostacola l'associazionismo e quindi il benessere economico e l'unico interesse del familista amorale è la crescita del proprio benessere “relativo” rispetto alla comunità.

Secondo una serie di ipotesi, nelle società fortemente segnate dal familismo amorale:
• Nessuno perseguirà l'interesse della comunità, a meno che non si abbia un vantaggio personale a fare diversamente.
• Solo i funzionari pubblici si preoccuperanno degli affari pubblici e solo perché sono pagati per farlo.
• Le organizzazioni e le associazioni sono difficili da costituire e mantenere poiché i membri hanno poca fiducia gli uni negli altri e hanno poca lealtà verso l'organizzazione stessa.
• I funzionari pubblici, non identificandosi con i fini dell'organizzazione, non lavoreranno che lo stretto indispensabile per mantenere il loro posto di lavoro.
• la legge verrà violata se non c'è ragione di temere una punizione.
• i funzionari pubblici o le persone più facoltose tenderanno a farsi corrompere o a corrompere quando sanno di non rischiare niente.
• l'affermazione di una persona o di una associazione ispirata dallo zelo verso la “cosa pubblica” sarà considerata come una frode.
• i deboli saranno a favore di un regime che mantenga l'ordine con le maniere forti
• si assumerà che ogni gruppo al potere sia interessato al proprio tornaconto ed in quanto tale sarà corrotto.
• gli attivisti di partito venderanno i loro servizi al migliore offerente.


Inoltre il singolo cittadino che è anche un elettore:
valuterà i vantaggi per la comunità solo nella misura in cui egli ne possa usufruire, infatti sarà contrario a misure che aiutino la comunità senza produrre vantaggi per lui perché, rimanendo immutata la sua posizione, egli la percepirebbe come peggiorata.
• porrà poca fiducia nelle promesse dei partiti. Egli utilizzerà il suo voto per pagare favori già ricevuti o promessi dal singolo candidato.


Ad essere onesti la nostra cittadina sembra essere pervasa da questo “familismo amorale”.
Anzi togliamo il “sembra”...... Acri è un esempio pratico e lampante di ciò che Banfield ha scritto.
Il problema è che l'autore ha effettuato questa ricerca e ha pubblicato il libro “The Moral Basis of a Backward Society” nel 1958. Ormai sono trascorsi 55 anni dalla pubblicazione di queste tesi. In questi anni sono accadute moltissime cose: l'allunaggio, il '68, la caduta del muro di Berlino, la globalizzazione, la maggiore secolarizzazione, la digitalizzazione, internet, la scolarizzazione di massa (solo per citarne alcune) ma Noi acresi restiamo ancorati a questa cultura di origine medievale e non riusciamo a sganciarci da essa. Non credo che in un immediato futuro si possa arrivare ad una sorta di civilizzazione politica e sociale per almeno tre grandi fattori: la maggior parte degli acresi che hanno una formazione culturale, sociale e, in qualche forma, politica non vivono ad Acri ma preferiscono emigrare per diversi fattori; la politica locale ed i politici nostrani hanno tutto il vantaggio che venga mantenuto lo status quo, dal vecchio “marpione” al giovane idealista che forma le proprie idee ed i propri comportamenti in base a ciò che vede fare al vecchio “marpione”; gli acresi, e soprattutto le giovani generazioni, avendo il “familismo amorale” come punto di riferimento culturale tramandato nelle proprie famiglie, tenderanno ad assumere atteggiamenti consoni ad esso.
Se non riusciremo a cambiare questa forma di comportamento, Cari Compaesani, saremo per sempre costretti a vivere in questa realtà degradante e sempre più povera sia dal punto di vista economico, politico e sociale, sia meramente dal punto di vista di popolazione residente.


Fonte gonfievele.info

PUBBLICATO 22/03/2013





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