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Fuorilegge. Contro i sacrifici

Foto © Acri In Rete
Fabio De Marco
La rotta dell’austerità sovranazionale - e di riflesso - nazionale e locale, ha disseminato lungo il percorso sangue e libbre di carne umana. Un sacrificio nel senso letterale, cioè un’ “offerta” al dio Denaro per placare l’ “ira” dei mercati finanziari.
Che questi sacrifici siano stati privi di senso non lo confermano solo i dati macroeconomici o il consenso crescente nei movimenti anti-austerity, ma gli stessi profeti dell’austerità (ad es. il dirigente del FMI Lagarde il 12 ottobre 2012).
La politica dei sacrifici, con la riduzione della spesa pubblica, ha ridotto notevolmente le sostanziali garanzie costituzionali (in particolare, ad Acri, il diritto alla salute: benché la responsabilità della chiusura dell’ospedale abbia nome e cognome è fuor di dubbio che la “razionalizzazione” neoliberista ne sia stata l’ideologia ispiratrice).
Nel colpo d’occhio di una sciatta fotografia panoramica, caratterizzata  dalla disperata geografia della mancanza di reddito o della diminuzione del potere d’acquisto,  la popolazione acrese è un dettaglio sciagurato che deve fare i conti con l’aumento dei tributi locali.
L’aumento dei tributi locali è un atto irrazionale, un residuo ossessivo e anacronistico di una politica dei sacrifici superata dal tempo e dalla storia.
Quando una legge è ingiusta, e lo è se si limita a scaricare le responsabilità del dissesto finanziario sui cittadini -senza fornire preventivamente strumenti effettivi di trasparenza e partecipazione democratica alla cosa pubblica -,  si ha il dovere di disobbedire. Quindi un’alternativa amministrativa alla legge che obbliga i Comuni in dissesto ad alzare  le aliquote - ammesso che legalmente non c’era - andava comunque praticata per “creare un precedente” (in coalizione, magari, con gli altri Comuni in dissesto). Il dovere di governare una comunità non si limita al rispetto della legge, ma alla capacità di interpretarne i bisogni. E spesso i bisogni radicali reclamano attenzione a dispetto della legge.
Oltre tutto, che la legge non sia sempre applicata in maniera corretta è evidente dallo scarto tra la scrupolosa attenzione al debito pubblico e lo scarso interesse al credito pubblico. Pertanto i tributi sono rivendicati nonostante il disservizio nella cura dell’igiene  e della salute pubblica (con la mancata raccolta dei rifiuti ed i cumuli per le strade) e nonostante il disservizio nella fornitura idrica, nella rete fognaria e nella depurazione delle acque. Per non parlare della scarsa illuminazione pubblica, della cattiva manutenzione del manto stradale nelle periferie, della mancata pulizia dei corsi d’acqua, della mancanza di sensibilità verso i bisogni relazionali dei bambini e degli anziani, dell’assenza di luoghi di promozione permanente della cultura (luoghi interattivi, da vivere quotidianamente). Con la scusa del “debito”, in altre parole, i tributi locali aumentano nonostante sia disatteso il “credito” dei cittadini verso il Comune.
E non parlo di un “credito” dei cittadini solo verso questa amministrazione, ma verso tutte quelle che si sono succedute a mia memoria.


PUBBLICATO 09/02/2015





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