Caffe’ letterario. Il comune fa marcia indietro. Contratta da rivedere. Non puo’ essere gestito dalla Oesum
Roberto Saporito
Una leggerezza o forse un errore che, però, non è passato inosservato. Fatto sta che l’amministrazione comunale sarà costretta a rivedere il contratto di concessione stipulato con la Oesum Digital Exhibition sas lo scorso ventinove giugno. La società, nata lo scorso marzo e la cui amministratrice è Paola Gambino, compagna dell’artista Silvio Vigliaturo, (l’altro socio risulta essere Massimo Garofalo) aveva partecipato all’avviso pubblicato sul Burc nel marzo 2014 e riservato “allosviluppo di attività imprenditoriali, all'interno delle filiere della valorizzazione del patrimonio e della produzione culturale" che prevedeva, come soggetti ammissibili alle agevolazioni, piccole medie imprese, associazioni e fondazioni culturali iscritte nel registro dell’imprese.
La Oesum Digital Exhibition sas, partecipava all’avviso pubblico classificandosi al quarto posto per un contributo ammesso di 148 mila euro. Il contratto (ma presto sarà nullo) stipulato tra il Comune e la Oesum lo scorso giugno, prevede la gestione e lo svolgimento di alcuni servizi situati all’interno di palazzo Falcone ed in particolare all’interno del Museo Maca, ovvero riprese fotografiche, audio e video, allestimento mostre ed eventi culturali, installazioni multimediali con pc e totem informativi, distribuzione di materiale informativo, attività didattica per le scuole con la creazione di laboratori d’arte, accoglienza, ivi inclusi i servizi di assistenza e di intrattenimento per l'infanzia, caffetteria e ristorazione da effettuare nei locali adibiti a caffè letterario. Proprio su quest’ultimo servizio, un gruppo di cittadini nei giorni scorsi ha sollevato dei dubbi. Secondo loro quello del caffè letterario (dotato di tutti i confort ma mai entrato in funzione) è uno spazio pubblico e non può essere dato in gestione senza uno specifico avviso. A suffragare tale tesi, vi è anche il maestro Vigliaturo, compagno dell’amministratrice della società vincitrice, che con una lettera inviata al sindaco, per conto della Oesum, dichiara di non essere interessato alla gestione del caffè letterario proprio perché non soggetto a bando o avviso. Nel frattempo, lo spazio accogliente e nuovo di zecca, continua a restare chiuso anche in questi giorni di estate nonostante la richiesta di gestione da parte di un gruppo di cittadini (lo scorso dieci giugno) a cui, però, il Comune non ha inteso dare risposta. Pare, però, che l’amministrazione comunale si sia accorta dell’errore e stia correndo ai ripari, redigendo un nuovo contratto con la Oesum in cui non sarà prevista la gestione del caffè letterario. Sull’argomento è intervenuto anche il Comitao per i beni comuni. “Da tempo – si legge in una nota – si discute della funzione e gestione degli enti culturali e, di certo, non andremo a discorrere, ulteriormente, della loro natura incolore ed asfittica. Sosteniamo che la trasparenza sui beni comuni non debba passare al vaglio della magistratura, in quanto tale istituzione agisce attraverso leggi che non tutelano la giustizia e l'uso oggettivo dei beni in questione, ma da un'etica perseguibile tramite la pressione e l'attenzione della collettività. Oltre alla palese anomalia, tutta acrese, di intitolare, disporre e far gestire il museo civico ad un artista vivente con relativo conflitto di interessi, da anni come Comitato chiediamo che vengano pubblicati, in modo dettagliato, i costi con relativi bilanci della struttura museale, e non, ed a questo si aggiunge la mancanza di trasparenza riguardante un finanziamento regionale di euro 150mila euro per la gestione degli spazi all'interno del museo, guarda caso assegnati ad una società facente capo a persona vicina al direttore artistico, come da lui stesso espresso in una lettera al sindaco. Per carità, niente di oscuro, ma offusca la trasparenza e di questa dovrebbe farsi carico l'amministrazione comunale e l'assessorato regionale di competenza. In ogni caso, gli enti culturali pubblici non devono essere usati per scopi personali e lucrativi nel modo di un'azienda, ma utilizzati e gestiti nell'interesse della comunità con la partecipazione aperta ad essa e non attraverso i nominati, spesso a vita, dalla partitocrazia locale e regionale.” |
PUBBLICATO 14/08/2015
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