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A proposito della pianta di leucolea (OLIVA BIANCA)

Foto © Acri In Rete
Giuseppe Abruzzo
L’ottima nota di Raffaele Cirino mi ha fatto rispolverare alcuni appunti sulla leucolea, pianta detta anche oliva di Caso. Denominazione, questa, derivante dall’importazione della pianta dall’isolotto del Mare Egeo, posto tra Scarpanto e Creta, un tempo rifugio di pirati.
Va detto, anzitutto, che il prof. Orlando Sculli, su internet, si rammarica: “le piante madri, in tutto tre (almeno per quello che si conosce) a Bianco, a Ferruzzano, a Mammola in provincia di Reggio e a Saracena, in provincia di Cosenza, sono stati distrutti da incendi; fortunatamente, però, precedentemente, dei volenterosi avevano innestato nei propri campi i biotipi distrutti”.
La rarità della pianta mi induce a segnalarne, oltre quella citata nella suddetta nota, un esemplare, senz’altro di recente impianto, nel rione Castello.
Diversi scrissero dell’oliva bianca: da Catone - De re rustica, cap. VI, in cui si riporta, fra l’altro del “come si concino le olive bianche” - ho lasciato il termine conciare, corrispondente alla voce dialettale conzèari (preparare) - a Varrone (l. I), a Macrobio (Saturnalia, l. III, cap. 20), a Plinio, che la dice olea albicera, a Columella, ecc. Quest’ultimo, nel De re rustica, cap. XLIX, l. XII - recante il titolo De olivarum albarum conditura (Della preparazione delle olive bianche) – scrive diffusamente di questo tipo d’olive, chiamandole pausee o rege, e ne riporta i modi per prepararle.
Le varietà della cultivar dovrebbero essere diverse. Rozier, nel Corso compiuto di agricoltura, parte I, t. V, sess. I, ne descrive una e Presta fa riferimento ad altra diversa, coltivata in Lucania. Compito del venirne a capo è, però, degli specialisti.
Ci si può chiedere come mai questo tipo di olivo sia venuto ad Acri.
Giusto il preciso riferimento ai Basiliani, da parte di Raffaele Cirino. Va detto che, dopo la questione iconoclastica, questi monaci si rifugiarono nei luoghi più impervi dei nostri paesi, Acri compreso. Si ricorda che, in quest’ultimo, vi furono erette le abazie di S. Adriano (ora in territorio di S. Demetrio C.), S. Angelo (nell’omonima contrada), S. Maria de Ferula, ecc.
A proposito dell’olio, che si ricava dall’oliva bianca, “razzolando” fra vecchi testi, mi ha colpito quanto Giuseppe Domenico Cestani, riporta in Elementi di agricoltura pratica (Napoli, 1843): “Volendo un olio finissimo e bianchissimo si debbe estrarre dalle olive verdi, prima di nereggiare e prossime alla maturazione, o pure estrarlo dalla oliva bianca o abicora”.
Per finire, questo tipo d’oliva la ritroviamo citata, come pregiata, nei canti siciliani del Vigo, commentati dal Salomone-Marino (si trascrive pedissequamente): Pedi d’aliva bianca / ti l’aju dittu ca pri mia nun manca (Pianta d’oliva bianca / te l’ho detto che per me non manca). Pitrè, ancora, riporta un canto popolare siciliano, che apre: Cocciu d’oliva bianca, iu ti coglìu, / bedda, ca fusti fatta a la stranìa





PUBBLICATO 17/12/2015





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